Messe latine antiche nelle
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Andrea Adami da Bolsena, Osservazioni per ben regolare il Coro de i Cantori della Cappella Pontificia > Parte Prima > Cap. II
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Alla Messa dell'Epifania.
Cap. II.
Viene il Papa parato con Pluviale, e col Triregno in Cappella, preceduto dal solito corteggio, come abbiamo detto di sopra, e inginocchiatosi davanti al Faldistorio fa una breve Orazione; dopo la quale levatosi in piedi si tira un passo indietro, e unito al Celebrante dà principio alla Messa col segno della Croce; per la qual cosa dovrà il Signor Maestro osservar dal finestrino del Coro tutte queste Cerimonie per poter a suo tem
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po ordinar subito ai Contralti l'intonazione dell'Introito, che dee durar fin tanto che il Papa abbia fatta la Confessione; dopo la quale si dice il Verso del Salmo, avvertendo però, che il Gloria Patri non si comincia se non quando il Papa si è messo a sedere, e con lui i due Cardinali Assistenti. Il Sicut erat si dee dire adagio, nel qual tempo comincia il Sagro Collegio ad andare all'obbedienza, e poi si replica l'Introito, e si principiano i Kyrie, de' quali il Signor Maestro ne farà dire quanti vuole, nè gli deve terminare fin che il Papa non abbia letto l'Introito; avvertendo di ritrovarsi con la Cantilena al mezzo dell'ultimo Kyrie, quando la Santità sua principia a leggere l'Introito, che così facilmente gli tornerà tutto bene, e si potrà contenere, o presto, o adagio per terminare insieme col Pontefice.
Il Celebrante intona di poi il Gloria in Excelsis Deo, ed il Signor Maestro dee star attento per dar il cenno al Coro.
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Risposto Amen all'Orazione, e terminata l'Epistola il Signor Maestro darà l'ordine per dire il Graduale, che deesi intonare da i due Contralti Eddomadari, proseguendo il Coro il resto de i Versi, come è il costume. Questo Graduale non dovrà terminar prima, che il Papa non abbia letto al Soglio l'Epistola, e l'Evangelio, perche dipoi pone subito l'Incenso nel Turibolo, e il Diacono col libro dell'Evangelio, accompagnato da Ceroferarj và appiè del Soglio a prender la benedizione, e dipoi al suo luogo Canta l'Evangelio, per la qual cosa dovrebbe, a mio credere, il Sig. Maestro far principiare il secondo Alleluia, quando il Diacono và con i Ceroferarj a prendere la Benedizione.
Cantato l'Evangelio, e terminata l'Orazione latina, solita a dirsi in questa Solennità dal P. Procuratore Generale de' Servi. Dopo che il Diacono averà fatta appiè del Soglio la Confessione, e pubblicate dall'Oratore l'Indulgenze, il Papa, dopo le solite Orazioni, dà solenne Bene-
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dizione, alla quale si risponde trè volte Amen nel modo, che vien prescritto dalla Tabella, che abbiamo nel nostro Coro, dipoi il Celebrante intona il Credo. Avverta il Signor Maestro di non far dire Et incarnatus est, fin che il Papa, terminato il Credo, non si sia posto a sedere insieme con gli altri Cardinali, che assistono al Soglio, perche di poi può farlo proseguire con qualche sollecitudine.
Per ben regolare l'Offertorio deve il Signor Maestro usar molte diligenze; osserverà pertanto quanti sieno i Signori Cardinali Preti, se il Celebrante sia agiato, o sollecito nel dir la Messa, se l'Offertorio sia lungo, o corto, e finalmente se il Mottetto abbia la seconda parte; essendo tutte queste cose necessarie, non solo in questa Funzione, mà ancora in tutte le altre, che nel corso dell'anno si celebrano.
Terminato per tanto il Credo dee il Signor Maestro stare attento per dare il cenno per l'Offertorio, che si dovrà dire
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andante, perche avendo il Mottetto la seconda parte, e dovendosi dire con spirito, possa prender una giusta misura di terminarlo, secondo il costume della nostra Cappella, cioè a dire, quando il Diacono incensa il penultimo Cardinal Prete.
Il Mottetto Surge illuminare Jerusalem, che in tal giorno si canta è del Palestrina nel libro 109. a carte 46.
Il nostro Collegio ha molti Mottetti nella Custodia, e benche sieno concepiti con l'istesse parole, nondimeno sono diversi gl'Autori, che gli anno posti in Musica, de' quali il Signor Maestro potrà sciegliere quello, che più gli piacerà.
Al Sanctus dovrà il Signor Maestro contenersi secondo, che il Celebrante sarà presto, o tardo nelle Cerimonie, pur che termini la Cantilena avanti l'Elevazione; per altro è in suo arbitrio di far replicare l'Osanna quante volte gli parrà pur che termini nel tempo detto di sopra, e poi tacere fin tanto, che il Celebrante dopo fatta l'Elevazione del Calice abbia
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ancor fatta la genuflessione; ed allora il Signor Maestro farà cenno al Coro per dire il Benedictus, che dovrà durare fin tanto, che il Celebrante sia per dire il Per omnia sæcula sæculorum avanti al Pater noster; e subito terminerà l'Osanna, che potrà farlo ripetere quante volte a lui piacerà.
All'Agnus Dei. Dovrà il Signor Maestro far terminare l'ultimo Agnus Dei quando il celebrante averà consumato il Sangue, ed allora ordinerà, che si dia principio al Communio, che durerà fin tanto, che il Celebrante abbia fatta la Purificazione, e si sia lavate le Mani, e quando se le asciuga ordinerà la prima cadenza, mentre subito legge il Communio, che per lo più è di poche parole, ed il Signor Maestro in tal caso ha campo di tener lunga la seconda cadenza, per terminare in tempo, che il Celebrante abbia finito di leggere.
Quando in questa Funzione non assiste il Papa, dovrà il Signor Maestro far
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dire l'Introito andante, e terminare il Verso del Salmo, quando il Celebrante sarà salito all'Altare, e poi farà dire il Gloria Patri, nè gli corre altr'obbligo se non di terminare l'ultimo Kyrie, dopo che il Celebrante incensato l'Altare, e portatosi al Faldistorio abbia letto l'Introito.
Il Graduale si dovrà dire più presto, perche non essendovi il Papa, tutta la Funzione è regolata dal Celebrante, e per conseguenza riesce più corta, e sollecita. Si dovrà così parimente contenere all'Offertorio, e dirlo un poco più andante, e terminare il Mottetto come si è riferito di sopra.
Nel resto della Funzione non v'è cosa d'altra osservazione; ma si contenga il Signor Maestro come hò detto di sopra.
da Andrea Adami da Bolsena, Osservazioni per ben regolare il Coro de i Cantori della Cappella Pontificia. Tanto nelle Funzioni ordinarie, che straordinarie, Roma, Antonio de' Rossi, 1711, p. 6-12
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