Messe latine antiche nelle
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Enciclopedia Cattolica
voce Canone innodico
CANONE INNODICO. - Indica la regola che deve seguirsi nella poesia liturgica. Il ritmo, in tale caso, presenta una forma o un modulo già fissato, al quale deve adattarsi il compositore. Fu già osservata una regola o c. nella poesia classica greca, sia nel numero dei piede che delle strofe. La tendenza, però, alla libertà artistica, dava occasione a molte eccezioni o sostituzioni, chiamate "licenze poetiche". In un certo tempo le composizioni poetiche che meno seguivano il detto c. furono chiamate "irmos" (ε̉ιρμός). La poesia liturgica ebbe e ha ancora i suoi c., benché alcuni siano diversi da quelli della poesia classica. In Oriente da s. Efrem, poi in Occidente, specialmente per opera di s. Ilario e di s. Ambrogio, la poesia o inno fu adoperata per scopo popolare. S. Ambrogio se ne servì per istruire il popolo circa il dogma cattolico, e per combattere gli errori degli eretici; per adattarsi meglio allo stile popolare egli sostituì la quantità dei piedi classici con la tonicità o accento delle parole. Diversi generi di composizione sono stati adattati nel corso dei tempi per la innodia liturgica: ma il tipo classico è il verso di otto sillabe, con strofe di quattro versi, a somiglianza del "giambico-metrico". Di tutti i c. i. resta soltanto, di fatto, il numero delle sillabe. Non si sa se in principio la melodia fosse assolutamente e sempre sillabica: il fatto però è certo che inni di tipo molto antico hanno già melodie più o meno ornate, e quindi l'effetto armonico cadenzale degli otto tempi è meno sensibile. In ogni modo, almeno nella recita, è osservata la "elisione" quando ci sono più di otto sillabe; e anche nel canto è preferita tale pratica.
Gregorio M. Suñol
da Enciclopedia Cattolica, III, Città del Vaticano, 1949, coll. 549-550