Messe latine antiche nelle
Venezie
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Rassegna stampa
LETTERE
LE RAGIONI DELLA MESSA IN LATINO
Ma si rischia di perdere di vista l'essenza della messa
L'Azione del 24 dicembre scorso riferisce dell'istanza di oltre 250 fedeli vittoriesi al proprio Vescovo, affinché in una chiesa di Vittorio Veneto (molti richiedenti vorrebbero altrettanto anche a Conegliano) sia officiata, per disposizione episcopale, una Messa in lingua latina e in rito romano antico. L'iniziativa della petizione si deve al "Coordinamento di Una Voce delle Venezie" (che è parte della "Foederatio Internationalis Una Voce", associazione internazionale che si batte in tutto il mondo per la salvaguardia della liturgia latino-gregoriana) per il tramite di chi lo rappresenta in Vittorio Veneto, vale a dire la sottoscritta. Assieme alla petizione è anche stata chiesta udienza a monsignor Alfredo Magarotto. Ciò detto, sono incomprensibili e addolorano ogni buon cattolico alcune critiche avanzate dall'anonimo articolista del settimanale diocesano, sulle quali si è subito avventata la stampa non cattolica e di sinistra, La Tribuna in testa, quasi agisse d'intesa con L'Azione. Ciò rende dunque necessarie alcune precisazioni. Infatti, piaccia o no, i fedeli vittoriesi, sottoscrivendo in massa la petizione al Vescovo, hanno esercitato un buon diritto, espressamente riconosciuto in almeno due documenti papali (Quattuor abhinc annos del 1984 ed Ecclesia Dei del 1988) tanto più che alla Curia romana è stata istituita addirittura una Pontificia Commissione (Ecclesia Dei, appunto) per seguirne e curarne l'attuazione nelle rispettive diocesi; è da aggiungere che analoga istanza è stata avanzata precedentemente in centinaia di diocesi di tutto il mondo (basti pensare agli Stati Uniti, dove la Messa cosiddetta tridentina è celebrata regolarmente in oltre due terzi delle circoscrizioni ecclesiastiche). I fedeli vittoriesi non sono dunque né marziani, né degli originali, come vorrebbe dipingerli una certa propaganda, ma sono anzi in ottima e folta compagnia, se è vero (come è vero) che la Messa in rito romano antico è già officiata nelle Venezie e per mandato dei rispettivi vescovi a Verona, Padova, Venezia, Treviso, Trieste, Gorizia, Pordenone, Udine, per non dire nel resto d'Italia. Né si capisce l'obiezione sulla intelligibilità del latino (oltretutto risolvibile con pratici messalini bilingui ad uso dei fedeli): chi richiede la Messa tradizionale sa quello che fa, e lo fa perché è innamorato non della lingua latina in quanto tale, bensì della sacralità di un rito millenario, così connaturato ed espressivo delle verità soprannaturali della nostra Santa Fede (espressione accentuata dall'utilizzo di una lingua sacra, come avviene in tutte le grandi religioni del mondo). Perché L'Azione considera i petenti degli illetterati, se non degli infanti da tenere a balia?
L'ultima osservazione sul patrocinio concesso dal Comune di Vittorio Veneto e dalla Regione Veneto alla conferenza di don Ivo Cisar (altrettanto avevano fatto prima la regione Friuli Venezia Giulia, la Provincia di Pordenone e municipi minori): le pubbliche istituzioni sono solo da encomiare quando mostrano sensibilità per la difesa di un patrimonio che non è solo spirituale, ma anche di cultura (che tale è la Messa detta di san Pio V). Basti pensare all'immenso repertorio del canto gregoriano e della musica sacra polifonica. Si può capire che a certi malpensanti possa dare fastidio l'aura di prestigio che riverbera da un patrocinio concesso dalle pubbliche autorità. Ma, ci domandiamo, avrebbero manifestato altrettanta severità se il sindaco Scottà o il presidente Galan avessero patrocinato eventi culturali molto più in linea con l'asfissiante, e per questo avvilente, conformismo progressista oggi dominante (anche nella Chiesa)?
Editta Pirone
Coordinamento
di Una Voce delle Venezie
Vittorio Veneto
Non critico tanto il desiderio di alcune persone che venga celebrata, in alcune occasioni, la Messa in latino secondo il formulario del vecchio messale anteriore alla riforma conciliare (che non è un formulario millenario come si dice nella lettera: esso risale al XVI secolo, ma è stato continuamente riformato fino alla vigilia del Concilio), quanto il metodo seguito e le motivazioni. Ribadisco che il patrocinio del Comune e della Regione è del tutto fuori luogo, perché si tratta di una questione riguardante la vita della comunità cristiana. Non vedo l'importanza "culturale" che lei assegna a questa richiesta. La celebrazione in lingua latina si può fare benissimo anche con l'attuale messale riformato, senza fare richieste o sottoscrizioni e il canto gregoriano e la musica polifonica si possono benissimo salvaguardare (e in parte questo avviene) nella liturgia riformata dal Concilio. Questo porta a mettere in dubbio le motivazioni. Quando scrive che la sottoscrizione è stata fatta perché uno "è innamorato non della lingua latina in quanto tale, bensì della sacralità di un rito millenario, così connaturato ed espressivo delle verità soprannaturali della nostra fede", si resta perplessi: primo perché implicitamente si afferma che il Concilio avrebbe privato il rito della Messa della sua sacralità, secondo perché si confonde l'essenza della Messa, che è il ricordo reale del sacrificio di Gesù Cristo, da lui comandato, con le forme diverse che il rito ha assunto lungo i secoli. Queste osservazioni critiche non vengono mosse in base a simpatie con certe ideologie politiche, come insinua la lettera (la strumentalizzazione, casomai, può essere vista dalle istituzioni politiche che danno il patrocinio a tali iniziative); ma per non creare ambiguità in fatto di fede cristiana.
da "L'Azione". Settimanale della Diocesi di Vittorio Veneto, 7 gennaio 2001
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