Messe latine antiche nelle
Venezie
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L'anno liturgico
di dom Prosper Guéranger
21 GENNAIO
SANT'AGNESE, VERGINE E MARTIRE
Non abbiamo ancora esaurito la splendida assemblea di Martiri che si incontra in questi giorni dell'anno. Ieri Sebastiano; domani Vincenzo, che porta la vittoria finanche nel suo nome. Fra questi grandi santi appare oggi la giovanissima Agnese. È a una fanciulla di tredici anni che l'Emmanuele ha dato il coraggio del martirio. Essa avanza nell'arena con un passo fermo al pari di quello dell'ufficiale romano e del Diacono di Saragozza. Se questi sono i soldati di Cristo, quella ne è la casta amante. Ecco il trionfo del Figlio di Maria! Egli si è appena manifestato al mondo, che tutti i nobili cuori volano verso di lui, secondo quelle parole: "Dove sarà il corpo, ivi si raduneranno le aquile" (Mt 24,28).
Mirabile frutto della verginità della madre sua, che ha tenuto in onore la fecondità dell'anima, molto al disopra di quella dei corpi. Essa ha aperto una nuova via attraverso la quale le anime elette avanzano rapidamente fino al divino Sole, di cui il loro sguardo purificato contempla, senza nubi, i raggi, poiché egli ha detto: "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio" (Mt 5,8).
Gloria immortale della Chiesa cattolica, la sola che possieda nel suo seno il dono della verginità, principio di tutte le dedizioni, poiché procede unicamente dall'amore! Sublime onore per Roma cristiana aver prodotto Agnese, questo angelo della terra, davanti a cui impallidiscono le antiche Vestali la cui verginità ricolma di favori e di ricchezze non fu mai provata dal ferro e dal fuoco!
Quale fama può paragonarsi a quella di questa fanciulla, il cui nome sarà letto sino alla fine del mondo nel Canone della Messa? L'orma dei suoi innocenti passi, dopo tanti secoli, è ancora impressa nella città santa. Qui, sull'antico Circo Agonale, sorge un tempio che dà accesso a quelle volte già contaminate dalla prostituzione ed ora fragranti del profumo di sant'Agnese. Più lontano, sulla via Nomentana, fuori delle mura di Roma, una magnifica basilica, costruita da Costantino, custodisce, sotto un altare rivestito di pietre preziose, il casto corpo della vergine. Sotto terra, attorno alla basilica, hanno inizio e si estendono vaste cripte, al centro delle quali Agnese riposò fino al giorno della pace e dove dormirono, come sua guardia d'onore, migliaia di Martiri.
Né dobbiamo passare sotto silenzio il grazioso omaggio che rende ogni anno la santa Chiesa di Roma alla giovane Vergine, nel giorno della sua festa. Vengono posti sull'altare della basilica Nomentana due agnelli, che ricordano insieme la mansuetudine del divino Agnello e la dolcezza di Agnese. Dopo essere stati benedetti dall'Abate dei Canonici regolari che prestano servizio in quella chiesa, vengono portati in un monastero di religiose che li allevano con cura e la loro lana serve per tessere il Pallium che il Sommo Pontefice deve mandare, come segno della loro giurisdizione a tutti i Patriarchi e Metropoliti del mondo cattolico. Così, il semplice ornamento di lana che quei Prelati porteranno sulle spalle come simbolo della pecora del buon Pastore, e che il Papa prende sulla tomba stessa di san Pietro per inviarlo ad essi, recherà fino agli estremi confini della Chiesa il duplice sentimento della forza del Principe degli Apostoli e della dolcezza virginea di Agnese.
Riporteremo ora le meravigliose pagine che sant'Ambrogio, nel suo libro sulle Vergini, ha consacrate alla lode di sant'Agnese (l. I, cap. 2, PL 16, c. 189-191). La Chiesa ne legge la maggior parte nell'Ufficio di oggi; e la vergine di Cristo non poteva desiderare miglior panegirista del grande vescovo di Milano, il più eloquente dei Padri in tema di verginità, e il più persuasivo, poiché la storia ci dice che, nelle città in cui predicava, le madri trattenevano in casa le figlie per timore che le ardenti parole del prelato accendessero in loro un così ardente amore per Cristo da vederle rinunciare al matrimonio.
"Dovendo scrivere un libro sulla Verginità - dice il grande vescovo - mi ritengo onorato di poterlo aprire con l'elogio della vergine la cui solennità ci riunisce. È oggi la festa d'una Vergine: cerchiamo la purezza. È oggi la festa d'una Martire: immoliamo vittime. È oggi la festa di sant'Agnese: si sentano pieni d'ammirazione gli uomini, non si perdano d'animo i fanciulli, guardino con stupore le spose e le vergini cerchino di imitare. Ma come potremo parlare degnamente di colei della quale il nome stesso racchiude l'elogio? Il suo zelo è stato superiore all'età e la sua virtù superiore alla natura, di modo che il suo nome non sembra un nome umano, ma piuttosto un oracolo che presagiva il suo martirio". Il santo Dottore fa qui allusione alla parola agnello, da cui si può far derivare il nome di Agnese. Lo considera quindi come formato dal termine greco agnos, che significa puro, e continua così il suo discorso: "Il nome di questa Vergine è anche un titolo di purezza: devo dunque celebrarla come Martire e come Vergine. È una lode abbondante, né si ha bisogno di cercarla: esiste già di per sé. Si ritiri il retore, e ammutolisca l'eloquenza; una sola parola, il suo solo nome loda Agnese. La cantino dunque i vecchi, i giovani e i bambini. Celebrino tutti gli uomini questa Martire; poiché non possono pronunciare il suo nome senza lodarla.
Si narra che aveva tredici anni quando subì il martirio. Orribile crudeltà del tiranno, che non risparmia un'età così tenera; ma, più ancora, meraviglioso potere della fede, che trova testimoni di quell'età! C'era posto in un corpo così piccolo per le ferite? La spada trovava appena su quella fanciulla un luogo dove colpire; eppure Agnese aveva in sé il modo di vincere la spada.
A quell'età la giovanetta trema allo sguardo adirato della madre; una puntura d'ago le strappa le lacrime, come se fosse una ferita. Intrepida fra le mani sanguinose dei carnefici, Agnese rimane immobile sotto le pesanti catene che la opprimono; ignara ancora della morte, ma pronta a morire, presenta tutto il corpo alla punta della spada d'un soldato furente. Viene trascinata, suo malgrado, agli altari: essa stende le braccia a Cristo attraverso i fuochi del sacrificio, e la sua mano forma, fin sulle mani sacrileghe, quel segno che è trofeo del Signore vittorioso.
Passa il collo e le mani attraverso i ferri che le vengono presentati; ma non se ne trovano che possano stringere membra così esili.
Nuovo genere di martirio! La Vergine non ha ancora l'età del supplizio, ed è già matura per la vittoria; non è ancora matura per il combattimento, ed è già capace della corona; aveva contro di sé il pregiudizio dell'età, ed è già maestra in fatto di virtù. La sposa non va verso il letto nuziale con la stessa premura di questa Vergine che avanza piena di gioia, con passo veloce, verso il luogo del supplizio, ornata non d'una capigliatura acconciata a regola d'arte, ma di Cristo; incoronata non di fiori, ma di purezza.
Tutti piangevano; essa sola non piange. Ci si meraviglia che offra così facilmente la vita che ancora non ha gustata e che la sacrifichi come se già l'avesse esaurita. Tutti stupiscono che sia già il testimone della divinità, ad un'età in cui non potrebbe ancora disporre di se stessa. Le sue parole non avrebbero valore nella causa d'un mortale, ma sono credute oggi nella testimonianza che rende a Dio. Infatti, una forza che è al di sopra della natura non può derivare che dall'autore della stessa natura.
Quali terrori non mise in atto il giudice per intimidirla! e quante carezze per conquistarla! Quanti uomini la chiesero in isposa! Essa esclama: L'amata fa ingiuria allo sposo, se si fa aspettare!
Mi avrà soltanto colui che per primo mi ha scelta. Perché tardi, o carnefice? Perisca questo corpo che può essere amato da occhi che io non gradisco.
Si offre, prega, e china il capo. Avreste potuto vedere il carnefice tremare come se egli stesso fosse stato condannato, la sua mano esitante, il suo volto pallido come per un estraneo pericolo, mentre la giovinetta contemplava, senza alcun timore, il proprio pericolo. Ecco dunque, in una sola vittima, un duplice martirio: uno di castità, l'altro di religione. Agnese rimase vergine, ed ottenne il martirio".
La Chiesa Romana canta oggi magnifici responsori nei quali Agnese esprime con tanta soavità il suo innocente amore, e la beatitudine che prova nell'essere disposata a Cristo. Sono formati da parole tratte dagli antichi Atti della martire, attribuiti per lungo tempo a sant'Ambrogio.
R/. Il mio Sposo ha ornato di pietre preziose il mio collo e la mia mano; ha posto ai miei orecchi perle inestimabili: * E mi ha tutta adornata di pietre fini e scintillanti. V/. Ha lasciato il suo segno sul mio viso, affinché non ammetta altro amante che lui, * E mi ha tutta adornata ...
R/. Io amo Cristo, e sarò la sposa di Colui la cui Madre è Vergine, di Colui che il Padre ha generato spiritualmente, di Colui che già fa risonare ai miei orecchi le sue armoniose note: * Se l'amo, sono casta; se lo tocco, sono pura; se lo possiedo, sono vergine. V/. Mi ha dato un anello come pegno della sua fede, e mi ha ornata d'una ricca collana. * Se l'amo ...
R/. Ho succhiato il miele e il latte sulle sue labbra: * E il suo sangue colora le mie gote. V/. Mi ha mostrato tesori incomparabili, dei quali mi ha promesso il possesso. * E il suo sangue ...
R/. Di già, per l'alimento celeste, la sua carne è unita alla mia, e il suo sangue colora le mie gote. * È lui la cui Madre è vergine, e che il Padre ha generato spiritualmente. V/. Sono unita a Colui che gli Angeli servono, a Colui del quale il sole e la luna ammirano la bellezza. * È lui la cui Madre ...
Come è dolce e forte, o Agnese, l'amore di Gesù tuo sposo! Come si impadronisce dei cuori innocenti, per trasformarli in cuori intrepidi! Che cosa ti importavano il mondo e i suoi piaceri, il supplizio e le sue torture? Che dovevi temere dalla terribile prova a cui volle sottometterti la feroce derisione del persecutore? Il rogo e la spada non erano nulla per te; il tuo amore ti diceva abbastanza che nessuna violenza umana ti avrebbe rapito il cuore dello Sposo divino; avevi la sua parola, e sapevi che egli è fedele.
O fanciulla così pura in mezzo al contagio di Roma, così libera in mezzo ad un popolo schiavo, come appare in te il carattere dell'Emmanuele! Egli è l'Agnello, e tu sei semplice come lui; è il Leone della tribù di Giuda, e, come lui, tu sei invincibile. Quale è dunque la nuova stirpe discesa dal ciclo che viene a popolare la terra? Oh, vivrà per lunghi secoli questa famiglia cristiana uscita dai Martiri, che conta fra i suoi antenati eroi così magnanimi: vergini, fanciulli, a fianco di pontefici e di guerrieri, tutti ripieni d'un fuoco celeste, e che aspirano solo ad uscire da questo mondo dopo aver sparso il seme delle virtù! Così sono riavvicinati a noi gli esempi di Cristo dalla catena dei suoi Martiri. Per natura essi erano fragili come noi; dovevano vincere i costumi pagani che avevano corrotto il sangue dell'umanità; eppure erano forti e puri.
Volgi gli occhi su di noi, o Agnese, e soccorrici. L'amore di Cristo languisce nei nostri cuori. Le tue battaglie ci commuovono; versiamo qualche lacrima al racconto del tuo eroismo; ma siamo deboli contro il mondo e i sensi. Infrolliti dalla continua ricerca dei nostri comodi e da un folle sperpero di quella che chiamiamo sensibilità, non abbiamo più coraggio di fronte ai doveri. Non è forse vero dire che la santità non è più compresa? Essa stupisce, e scandalizza; la giudichiamo imprudente ed esagerata. Eppure, o Vergine di Cristo, tu sei lì davanti a noi, con le tue rinunce, i tuoi ardori celesti, la tua sete della sofferenza che conduce a Gesù. Prega per noi indegni; elevaci al sentimento d'un amore generoso ed operante. Vi sono, sì anime forti che ti seguono, ma sono poche; aumentane il numero con le tue preghiere, affinché l'Agnello, in cielo, abbia un numeroso seguito.
Tu ci appari, o Vergine innocente, in questi giorni in cui ci stringiamo intorno alla culla del divino Bambino. Chi potrebbe descrivere le carezze che tu gli prodighi, e quelle di cui egli ti ricolma? Lascia tuttavia che i peccatori si accostino a questo Agnello che viene a riscattarli, e raccomandali tu stessa a quel Gesù che hai sempre amato. Guidaci a Maria, la tenera e pura agnella che ci ha dato il salvatore. Tu che rispecchi in te il soave splendore della sua verginità, ottienici da essa uno di quegli sguardi che purificano i cuori.
Intercedi, o Agnese, per la santa Chiesa che è anche la Sposa di Gesù. È essa che ti ha generata al suo amore, ed è da essa che anche noi abbiamo la vita e la luce. Ottieni che sia sempre più feconda di vergini fedeli. Proteggi Roma, dove la tua tomba è tanto gloriosa. Benedici i Prelati della Chiesa: chiedi per essi la dolcezza dell'agnello, la fermezza della roccia, lo zelo del buon pastore per la pecorella smarrita. E infine sii l'aiuto di tutti coloro che ti invocano; e il tuo amore per gli uomini si accenda sempre di più a quello che brucia nel Cuore di Gesù.
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 356-360