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4 MAGGIO
SANTA MONICA, VEDOVA
Maria
e Salome.
Nel gruppo di
persone che fu vicino a Gesù risorto, due donne, due
mamme, attireranno oggi la nostra attenzione: Maria,
madre di Giacomo il Minore e Taddeo; e Salome, madre di
Giacomo il Maggiore e di Giovanni, il prediletto del
Signore. Si sono recate al sepolcro con la Maddalena, al
mattino della Risurrezione, portando gli aromi; hanno
ascoltato la parola degli Angeli e, mentre tornano, Gesù
si è improvvisamente presentato ad esse, le ha salutate,
e si è degnato dar loro a baciare i suoi sacri piedi.
Adesso ricompensa il loro amore, manifestandosi ad esse
frequentemente fino a che venga quel giorno, e sarà
presto, in cui dovrà dar il suo addio sul monte degli
Ulivi, ove si troveranno insieme con Maria e con gli
Apostoli.
Onoriamo queste due fedeli compagne della
Maddalena, modelli d'amore verso il divino Risuscitato, e
glorifichiamole per aver dato alla Santa Chiesa quattro
Apostoli.
Santa
Monica.
Ecco che ora, a fianco di Maria e di Salome, ci
viene presentata un'altra donna, un'altra madre, pure
presa dall'amore di Gesù, che offre alla Chiesa il
figlio delle sue lacrime, un Dottore, un Pontefice, uno
dei santi più illustri che siano stati generati dalla
nuova
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legge. Questa donna, questa madre, è Monica, due
volte mamma di Agostino. La grazia ha largito questo
capolavoro alla terra d'Africa; e gli uomini l'avrebbero
ignorata fino all'ultimo dei giorni, se la penna del
grande Vescovo d'Ippona, guidata dal suo cuore santamente
filiale, non avesse rivelato ai secoli futuri questa
donna, la cui vita non fu che umiltà ed amore, e che, d'ora
in avanti, immortale anche quaggiù, sarà proclamata il
modello e la protettrice delle madri cristiane.
Le
lacrime di Monica.
Una delle attrattive principali del libro delle
Confessioni
è quella che sorge dall'effusione di Agostino sulle
virtù e la dedizione di Monica. Durante tutto lo
sviluppo dello scritto, con quale tenera riconoscenza
egli esalta la costanza di questa madre che, testimone
dei traviamenti del figlio, "lo piangeva, più che
non piangono le altre madri la morte corporale dei loro
figliuoli" (Confess. l. iii, c. 91).
Il Signore che, di tanto in tanto, lascia
splendere un raggio di speranza nelle anime che prova,
mostrò a Monica con una visione la riunione futura del
figlio con la madre; e sant'Ambrogio aveva autorevolmente
affermato alla medesima che il figlio di tante lacrime
non poteva perire. Ma le tristi realtà del presente
opprimevano il suo cuore, e l'amore materno si univa alla
fede per turbarla nei riguardi di quel figliolo che la
sfuggiva, e che vedeva allontanarsi, infedele tanto a Dio
quanto alla sua tenerezza. Nondimeno le amarezze di
questo cuore così devoto formavano una base di
espiazione che doveva più tardi essere applicata al
colpevole; la preghiera ardente e continua, unita alla
sofferenza, preparava la seconda nascita di Agostino.
Egli stesso ci dice "con quanto più affanno lo
partorisse allo spirito che non aveva fatto alla carne
"(Confess. l. v, c. 9).
Dopo lunghi anni d'angoscia, la madre ha potuto
finalmente ritrovare a Milano quel figlio che l'aveva
così duramente ingannata nel giorno in cui era fuggito
lontano da lei per andarsene a Roma, alla ventura. Essa
lo trova tuttora nell'incertezza sulla fede del
cristianesimo, ma già disgustato degli errori che l'avevano
sedotto. Agostino aveva fatto un passo verso la verità,
pur non riconoscendola ancora. "Da allora - egli ci
dice - l'anima di mia madre non portava più il lutto per
un figlio perduto senza speranza; ma il suo pianto
seguitava a sgorgare per ottenere da Dio la sua
Risurrezione. Se non avevo ancora trovato il vero, mi ero
almeno liberato dal falso. Anzi, o mio Dio, perché era
certa che le avresti compiuto la gra-
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zia che le avevi
promessa intera, dolcissimamente e con tutta fidanza mi
rispose: "Credo in Cristo che prima ch'io chiuda
quest'occhi, ti veda fedele cattolico" (Confess. l.
vi, c. 1).
La
conversione di Agostino.
Monica aveva
incontrato a Milano sant'Ambrogio, del quale Dio voleva
servirsi per completare il ritorno del figlio. "Ella
voleva bene al Santo Vescovo - ci dice ancora Agostino -
per l'obbligo che egli aveva della mia salute; ed egli
pure le aveva posto affetto nel vederla di vita sì pia,
sì assidua alle buone opere e alla Chiesa: e così
quando mi vedeva, usciva a dirne gran bene, rallegrandosi
con me di tal madre" (Confess. l. vi, c. 2).
Finalmente giunse l'ora della grazia: Agostino, ispirato
dalla luce della fede, pensò ad arruolarsi nella Chiesa
cristiana; però lo stimolo dei sensi, al quale aveva
ceduto per tanto tempo, lo tratteneva ancora sulle sponde
del fonte battesimale. Le preghiere e le lacrime di
Monica ottennero dalla divina misericordia quest'ultimo
tocco che abbatté le ultime resistenze del figlio.
Dio non lasciava tuttavia imperfetta la sua
opera. Trafitto da quel dardo vittorioso, Agostino si
risollevava, aspirando non più soltanto alla professione
della fede cristiana, ma alla virtù della continenza. Il
mondo con le sue attrattive non contava più nulla per
quell'anima oggetto di un intervento così potente. Nei
giorni passati, Monica si occupava ancora con
sollecitudine a preparare una sposa per il suo figliolo,
sperando, così, evitarne l'incostanza; e invece,
improvvisamente, questo figlio si presenta a lei,
accompagnato dal suo amico Alipio, per dichiararle che,
nel suo slancio verso il supremo bene, egli si vota, d'ora
in poi, alla ricerca di ciò che è più perfetto. Ma
ascoltiamo ancora lo stesso Agostino: "Andiamo di
filato a dire il fatto a mia madre, che ne prende
allegrezza; le raccontiamo come la cosa era andata; n'esulta
e trionfa; ed esce in benedizioni a Te che sei potente ad
esaudire oltre le nostre domande, oltre i nostri pensieri!
Poiché nel fatto mio Tu le avevi conceduto più che non
osava chiedere nei suoi gemiti e pietosi lamenti, e
cambiasti il pianto di lei in allegrezza assai più
abbondante che non aveva sperato e molto più cara e più
casta che non si riprometteva dai figlioli della mia
carne" (Confess. l. viii, c. 12). Trascorsero pochi
giorni, e ben presto uno spettacolo sublime si offrì all'ammirazione
degli Angeli e degli uomini nella Chiesa di Milano:
Ambrogio battezzava Agostino sotto gli occhi di Monica.
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L'estasi
di Ostia.
La pia donna aveva
compiuto la sua missione; il suo figliolo era rinato alla
società ed alla santità, ed ella aveva arricchito la
Chiesa del più illustre dei suoi Dottori. Si avvicinava
il momento in cui, dopo il lavoro di una lunga giornata,
doveva essere chiamata a godere del riposo eterno in
colui, per l'amore del quale si era tanto affaticata ed
aveva tanto sofferto. Il figlio e la madre, prossimi ad
imbarcarsi per l'Africa, si trovavano ad Ostia,
aspettando la nave che doveva trasportare entrambi.
"Noi eravamo soli, lei e me - dice Agostino -
appoggiati ad una finestra, che godeva la vista del
giardino della casa, parlavamo con ineffabile dolcezza,
nell'oblio del passato, tuffandoci negli orizzonti dell'avvenire,
e cercavamo, tra noi due di capire, quale sarà per i
santi questa vita eterna che l'occhio non ha mai visto,
che l'orecchio non ha mai udito, e dove non giunge il
cuore dell'uomo. E parlando cosi, nel nostro slancio
verso quella vita, noi la toccammo un istante, con un
balzo del nostro cuore;
ma ben
presto sospirammo, lasciandovi incatenate le primizie
dello spirito e ridiscendemmo nel brusio della voce,
nella parola che comincia e che finisce. Allora ella mi
disse: 'Figliolo mio, per me nessuna cosa più ormai mi
diletta quaggiù! Che cosa mi faccia io qui e perché io
ci sia non so. Non ho più nulla a sperare nel mondo. Una
sola cosa era che mi faceva desiderare di vivere ancora
un poco, vederti cristiano cattolico prima di morire. Dio
m'ha fatto più e meglio, dacché ti vedo disprezzare la
felicità terrena e servire a lui. Che faccio io qui?'"
(Confess. l. ix, c. 10).
Il richiamo di un'anima così
santa non doveva tardare; essa esalò l'ultimo respiro,
quale celeste profumo, pochi giorni dopo, lasciando un
ricordo incancellabile nel cuore del figlio, una cara
memoria nella Chiesa, un modello perfetto dell'amore
materno, in ciò che vi ha di più puro, alle madri
cristiane.
VITA. -
Monica nacque nel 332 nell'Africa del Nord. Data in
matrimonio ad un pagano di Tagaste, lo convertì al
cristianesimo con la sua dolcezza e le sue virtù.
Morto il marito nel 371, si consacrò all'educazione
della figliuola e dei due figli, soprattutto del
preferito, Agostino. Ma questo, fin dall'età di
quindici anni, si era sviato negli errori del
manicheismo e nella bassezza delle passioni. Per
evitare i consigli della madre, partì segretamente
per Roma e Milano. Monica ve lo raggiunse e, dopo
molte sofferenze, preghiere e lacrime, ebbe la gioia,
nella Pasqua del 387, di assistere al suo Battesimo.
Mentre si preparava a ritornare con lui in Africa,
morì ad Ostia, qualche mese dopo. Il suo corpo vi
restò fino al 1162. Un canonico regolare di Arouaise,
nel passo di Calais, lo trafugò, e poi, lo
trasportò nel suo monastero. Siccome
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non si
conosceva la data del trapasso di Monica, i canonici
di Arouaise, che festeggiavano il 5 maggio la
conversione di Agostino, celebrarono nella vigilia la
festa di colei di cui avevano avuto le reliquie.
La
missione di una madre.
O madre illustre tra tutte le altre, la
cristianità onora in te uno dei tipi più perfetti dell'umanità
rigenerata da Cristo. Prima del Vangelo, durante i lunghi
secoli in cui la donna fu tenuta nell'avvilimento, la
maternità non poté avere che un'azione timida, e assai
spesso volgare, sull'uomo: la sua missione ordinariamente
si limitava alle cure fisiche; e se il nome di qualche
madre ha trionfato dall'oblio, è unicamente perché esse
avevano saputo preparare i loro figli per la gloria
passeggera di questo mondo. Non s'incontrano, in quegli
antichi tempi profani, mamme che si siano assunto il
compito d'indirizzare al bene i figlioli; che li abbiano
seguiti nei loro passi, per sostenerli nella lotta contro
l'errore e le passioni, per risollevarsi dalle cadute;
non se ne trovano che si siano votate alla preghiera e
alle lacrime continue, per ottenere il loro ritorno alla
verità e alla virtù. Solamente il cristianesimo ha
rivelato alla madre e la sua missione e il suo
potere.
Le
lacrime.
Come hai saputo
dimenticar te stessa, o Monica, in questa ricerca
incessante della salvezza di un figlio! È per lui che
vivi, dopo Dio; vivere in quel modo per il tuo figliuolo,
non è vivere anche per il Signore, che si è degnato
volere il tuo aiuto per salvarlo? Che t'importa la gloria
e il successo di Agostino nel mondo, quando pensi ai
pericoli eterni che egli corre, quando tremi di vederlo
eternamente separato da Dio e da te? Allora non c'è
sacrificio, non c'è dedizione di cui non sia capace
questo cuore di madre, verso la rigorosa giustizia di cui
la tua generosità non intende frustrare i diritti.
Durante lunghi giorni e lunghe notti, aspetti
pazientemente l'ora del Signore; l'ardore della tua
preghiera si raddoppia; sperando contro ogni speranza,
arrivi a sentire, nel fondo del cuore, l'umile e solida
fiducia che il figlio di tante lacrime, non perirà. Ed
è allora che il Signore "preso da compassione"
per te, come lo fu per l'addolorata Madre di Naim, fa
sentir la sua voce, alla quale nulla resiste. "Giovinetto,
te lo dico io, alzati!" (Lc 7,13), e rende, pieno di
vita, a sua madre quello di cui essa piangeva il trapasso,
ma dal quale non aveva voluto separarsi.
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La
ricompensa.
Quale ricompensa per il tuo cuore materno, o
Monica! Il Signore non si è accontentato di renderti
Agostino pieno di vita; dal fondo degli abissi degli
errori e delle passioni, ecco che lo eleva, senza vie
intermedie, fino al bene più perfetto. La tua richiesta
era che divenisse cristiano e cattolico, che spezzasse
finalmente i vincoli umilianti e funesti; ed ora la
grazia l'ha condotto fino alla serena regione dei
consigli evangelici. La tua missione è oltremodo
compiuta, Madre felice! Sali adesso al cielo: è là che,
attendendo la riunione eterna, d'ora in poi contemplerai
la santità e l'azione di questo figlio la cui salvezza
è opera tua e la cui gloria, così radiosa e così pura,
circonda fin da quaggiù il tuo nome di una dolce aureola.
Preghiera.
Dalla felicità di cui godi, insieme con quel
figlio che ti deve la vita del tempo e dell'eternità,
volgi uno sguardo, o Monica, su tante madri cristiane che
stanno compiendo in questo momento, sulla terra, la dura
e nobile missione che tu stessa assolvesti. Anche i loro
figlioli sono morti, della morte che porta il peccato, ed
esse vorrebbero, a forza d'amore, rendere loro la sola
vera vita. Dopo la Madre della misericordia, è a te che
si rivolgono, o Monica; a te, le cui preghiere e lacrime
furono così potenti e feconde. Prendi la loro causa tra
le tue mani; un cuore così tenero e pieno di dedizione,
non può mancare di compatire quelle angoscio di cui esso
stesso provò per tanto tempo tutto il rigore. Degnati
aggiungere la tua intercessione ai loro voti; adotta
questi nuovi figli che esse ti presentano, e saranno
rassicurate.
Sostieni il loro coraggio, insegna loro a
sperare; fortificale nei sacrifici a prezzo dei quali Dio
concede il ritorno di quelle anime care. Esse, allora,
capiranno che la conversione di un'anima è un miracolo
di ordine più elevato di quello della risurrezione di un
morto; esse sentiranno che la divina giustizia, per
rinunziare ai suoi diritti, esige un compenso, e che
questo sta a loro di fornirglielo. Il cuore si spoglierà
di quel segreto egoismo che si nasconde, così spesso,
anche nei sentimenti in apparenza più puri. Che esse
domandino a se stesse, se si rallegrerebbero quanto te, o
Monica, vedendo i figli tornati al bene, sfuggir ancora
una volta per darsi al Signore. Se così fosse, che esse
non abbiano timore, poiché sono potenti
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davanti al cuore
di Dio: presto o tardi la grazia tanto desiderata
discenderà dal cielo sul figliol prodigo, ed egli
ritornerà a Dio ed alla madre sua.
da: dom Prosper Guéranger, L'anno
liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste,
trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959,
p. 616-619