UNA VOCE VENETIA  

Messe latine antiche nelle Venezie 
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L'anno liturgico

di dom Prosper Guéranger

 

Missale Romanum

 

GIOVEDÌ DELLA SECONDA SETTIMANA DI QUARESIMA

 

La Stazione oggi è nella celebre ed antica Basilica di S. Maria in Trastevere che, dopo S. Maria Maggiore, è la più bella delle Chiese Mariane di Roma.

 

LEZIONE (Ger 17,5-10). - Queste cose dice il Signore Dio: Maledetto l'uomo che confida nell'uomo e si appoggia alla carne, e allontana il suo cuore dal Signore. Egli sarà come un tamarisco nel deserto: non godrà il bene quando venga; ma starà nell'aridità del deserto, In terre salse ed inabitabili. Benedetto l'uomo che confida nel Signore, e di cui Dio sarà la speranza. Egli sarà come albero piantato lungo le acque, che distende verso l'umore le sue radici e non temerà, venuto che sia, il caldo. Le sue foglie saran verdeggianti, nel tempo della siccità non ne avrà danno e non avverrà mai che cessi di dar frutti: Tutti hanno un cuore malvagio e inscrutabile: chi lo potrà conoscere? Ma io, il Signore, io scruto i cuori, io distinguo gli affetti, e dò a ciascuno secondo le opere, secondo il frutto dei suoi propositi: dice il Signore onnipotente.

 

Confidenza negli uomini.

Le letture odierne sono consacrate a rinvigorire nei nostri cuori i principi della morale cristiana. Allontaniamo per un istante gli sguardi dal triste spettacolo che ci offre la malizia dei nemici di Gesù, e portiamoli su noi stessi, per conoscere le piaghe dell'anima nostra e procurarne il rimedio. Oggi il Profeta Geremia ci presenta il quadro di due situazioni per l'uomo: quale delle due è la nostra? C'è chi mette la sua confidenza in un braccio di carne, cioè che considera la sua vita in ordine alle presenti condizioni, vedendo tutto nelle creature e trovandosi quindi trascinato a violare la legge del Creatore. Da questa sorgente scaturiscono tutti i nostri peccati: perduti di vista i destini eterni, fummo sedotti dalla triplice concupiscenza. Torniamo sollecitamente a Dio nostro Signore, se non vogliamo temere la sorte minacciata dal Profeta al peccatore: Quando verrà il bene, non ne godrà. La santa Quarantena avanza; le grazie più elette si moltiplicano ad ogni ora: guai all'uomo che, distratto dalla scena di questo mondo che passa (1Cor 7,31), neppure se ne accorge, e rimane in questi santi giorni sterile per il cielo, com'è per la terra la landa del deserto! Quanto grande è il numero di questi ciechi e come è spaventosa la loro insensibilità! Pregate per loro, figli fedeli della Chiesa, pregate incessantemente, ed offrite secondo la loro intenzione al Signore le vostre opere di penitenza e quelle della vostra generosa carità. Ogni anno molti di loro rientrano nell'ovile: sono le preghiere dei fratelli che aprono loro le porte. Facciamo quindi violenza alla divina misericordia.

 

Confidenza in Dio.

In secondo luogo, il Profeta ci dipinge l'uomo che ripone tutta la sua confidenza nel Signore, e che, non avendo altra speranza all'infuori di lui, sta sempre vigilante per essergli fedele. È come un bell'albero in riva alle acque, dal fogliame sempre verde e dai frutti abbondanti. "Io ho detto a voi, e v'ho destinati, perché andiate e portiate frutti, e frutti duraturi" (Gv 15,16). Cerchiamo di diventare quest'albero benedetto e sempre fecondo. La Chiesa in questo santo tempo spande sulle radici l'umore della compunzione: lasciamo che quest'acqua benefica abbia da operare. Il Signore scruta i nostri cuori ed approfondisce i nostri desideri di conversione; poi quando verrà la Pasqua " darà a ciascuno secondo le opere".

 

VANGELO (Lc 16,19-31). - In quel tempo: Gesù disse ai Farisei: C'era un uomo ricco, il quale vestiva porpora e bisso e tutti i giorni se la godeva splendidamente. E c'era un mendico, chiamato Lazzaro, il quale, pieno di piaghe, giaceva all'uscio di lui, bramoso di sfamarsi con le bricciole che cadevano dalla tavola del ricco, ma nessuno gliele dava: venivano invece i cani a leccare le sue piaghe. Or avvenne che il mendico mori, e fu portato dagli Angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto nell'inferno. Allora, alzando gli occhi, mentre era nei tormenti, egli vide lontano Abramo, e Lazzaro nel suo seno. E disse, gridando: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a bagnar la punta del suo dito nell'acqua, per rinfrescarmi la lingua, perché io spasimo in questa fiamma. Ma Abramo gli disse: Figliolo, ricordati che tu avesti i beni in vita, mentre Lazzaro ebbe allora dei mali: e quindi ora lui è consolato e tu soffri. E poi, tra noi e voi c'è un grande abisso, tale che quelli che vogliono di qui passare a voi non possono, ne di costà possono a noi valicare. E quello replicò: Allora, o padre, ti prego, che tu lo mandi a casa del padre mio, che ho cinque fratelli, affinché li avverta di queste cose e non vengano anch'essi in questo luogo di tormenti. E Abramo gli rispose: Hanno Mosè ed i Profeti: ascoltino quelli. Replicò l'altro: No, padre Abramo, ma se un morto va da loro si ravvederanno. Ma Abramo gli rispose: Se non ascoltano Mosè ed i Profeti, non crederanno nemmeno se uno risuscitasse dai morti.

 

L'inferno, castigo del peccato.

In questo fatto vediamo la sanzione delle leggi divine, il castigo del peccato. Come ci appare temibile qui il Signore e "quanto è terribile cadere nelle mani del Dio vivente!" Oggi uno vive in pace, fra i godimenti e nella sicurezza; domani l'inesorabile morte piomba su di lui; ed eccolo sepolto vivo nell'inferno. Spasimando nell'eterne fiamme, implora una goccia d'acqua; ma questa goccia d'acqua gli è rifiutata. Altri suoi simili, che ha veduto coi suoi occhi fino a poche ore fa, godono ora un altro soggiorno, quello dell'eterna felicità; ma un immenso abisso lo separa da loro per sempre. Quale sorte spaventosa! quale infinita disperazione! E vi sono uomini sulla terra che spesso vivono e muoiono senza scandagliare un sol giorno quell'abisso, nemmeno con un semplice pensiero!

 

Timore dell'inferno.

Beati dunque quelli che temono! perché il timore li può aiutare a sollevare il peso che li trascinerebbe nella voragine senza fine. Che fitte tenebre ha disteso il peccato nell'anima dell'uomo! Vi sono uomini saggi e prudenti che non si macchiano di colpe nell'esercizio degli affari del mondo; ma sono insensati e stupidi quando si tratta dell'eternità!

Quale orrendo risveglio! Ma la disgrazia è irreparabile. Per rendere più efficace la sua lezione, Gesù non ci ha raccontato la riprovazione d'uno scellerato, colpevole di delitti orrendi e che gli stessi mondani ritengono preda dell'inferno; ci ha presentato invece uno di quegli uomini tranquilli, che gestisce un pacifico commercio e fa onore alla sua categoria. Qui, niente delitti e niente atrocità; Gesù ci dice semplicemente ch'era vestito con lusso e viveva ogni giorno lautamente. V'era, sì, un povero mendico alla sua porta, ma non lo trattava male; lo poteva allontanare, e invece lo tollerava, senza insultare alla sua miseria. Perché allora questo ricco sarà eternamente divorato dagli ardori del fuoco che Dio accese nell'ira sua?

 

Necessità della mortificazione.

Perché, l'uomo che dispone dei beni di quaggiù, se non trema al pensiero dell'eternità, se non capisce che deve "usare di questo mondo come se non ne usasse" (1Cor 7,31) ed è estraneo alla Croce di Gesù Cristo, è già vinto dalla triplice concupiscenza. La superbia, l'avarizia e la lussuria se ne contendono il cuore, e finiscono tanto più a dominarlo quanto meno pensa di fare qualche cosa per abbatterle. È uomo che non combatte: nella sua anima è venuta ad abitare la morte. Non maltrattava i poveri; ma si ricorderà troppo tardi che il povero è da più di lui, e che lo doveva onorare e sollevare. I suoi cani ebbero più umanità di lui; ecco perché Dio l'ha lasciato addormentare sull'orlo dell'abisso che lo doveva inghiottire. Potrà egli dire di non essere stato avvertito? Non aveva Mosè ed i Profeti, e più che tutto Gesù e la sua Chiesa? Egli ora ha a sua disposizione la santa Quarantena promulgata, che gli è stato annunciata; ma si da almeno pensiero di sapere che cos'è questo tempo di grazia e di perdono? Forse lo trascorrerà senza scuotersi; ma farà nello stesso tempo un passo verso l'eterna infelicità.

 

PREGHIAMO

Assisti o Signore, i tuoi servi, e concedi loro gli effetti di questa continua misericordia, che implorano, affinché, gloriandosi di te, loro creatore e guida, sia ristabilita la loro unione e conservata la loro restaurazione.

 

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 546-549

 

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