UNA VOCE VENETIA  

Messe latine antiche nelle Venezie 
Venezia | Belluno | Bolzano | Gorizia | Mantova | Padova | Pordenone | Treviso | Trieste | Udine | Verona | VicenzaVittorio Veneto

 

 

L'anno liturgico

di dom Prosper Guéranger

 

Missale Romanum

 

SABATO DELLA SECONDA SETTIMANA DI QUARESIMA

 

La Stazione è alla chiesa dei Santi Pietro e Marcellino, Martiri illustri di Roma sotto la persecuzione di Diocleziano, i nomi dei quali hanno l'onore d'essere iscritti nel Canone della Messa.

 

LEZIONE (Gen 27,6-40). - In quei giorni: Rebecca disse a Giacobbe suo figliolo: Ho sentito tuo padre parlare con Esaù tuo fratello e dirgli: Portami della tua cacciagione, e fammi una pietanza, affinché io la mangi, e ti benedica dinanzi al Signore, prima di morire. Or dunque, figlio mio, attienti ai miei consigli: va' alla greggia e portami i due migliori capretti, affinché io ne faccia pel tuo padre quelle pietanze di cui si ciba con piacere; e poi, quando tu gliele avrai portate ed egli le avrà mangiate, ti benedica prima di morire. E Giacobbe rispose: Tu sai che Esaù mio fratello è peloso, ed io senza peli: se per caso mio padre mi tasta e mi riconosce, temo che pensi ch'io abbia voluto burlarlo, e cosi mi tiri addosso la maledizione, invece della benedizione. E la madre a lui: Ricada pure su di me questa maledizione, figlio mio, tu però ascolta la mia voce; va' e porta quanto ti ho detto. Egli dunque li andò a prendere, li portò e li diede alla madre, la quale ne preparò le pietanze che sapeva gradite al padre di lui. Poi fece indossare a Giacobbe il migliore vestito di Esaù, che teneva presso di sé in casa, e con le pelli dei capretti gli ravvolse le mani e gli coprì la parte nuda del collo; finalmente gli diede le pietanze e i pani che essa aveva fatto cuocere. Giacobbe, avendo portato ogni cosa ad Isacco, gli disse; Padre mio: Ed egli rispose: Ascolto. Chi sei tu, figliolo mio? E Giacobbe disse: Io sono il tuo primogenito Esaù: ho fatto quanto mi hai comandato: alzati, siedi e mangia della mia caccia, affinché l'anima tua mi benedica. E Isacco replicò al figliolo: Come, figlio! mio, hai potuto trovare così presto? L'altro rispose: Fu volere di Dio che m'imbattessi subito in ciò che bramavo. E Isacco disse: Accostati, che ti tasti, o figlio mio, e riconosca se tu sei o no il mio figlio Esaù. Allora egli s'accostò al padre, il quale tastato che l'ebbe, disse: La voce veramente sarebbe la voce di Giacobbe; ma le mani son quelle d'Esaù. Cosi non lo riconobbe, perché le mani di lui erano pelose come quelle del fratello maggiore. Benedicendolo disse: Sei tu proprio il mio figliolo Esaù? L'altro rispose: Sì. E il padre: Dammi le pietanze della tua caccia, o figlio mio, affinché l'anima mia ti benedica. Giacobbe lo servì, e, quando il padre ebbe mangiato, gli portò anche il vino. Bevuto che ebbe il vino, Isacco gli disse; Accostati a me e dammi un bacio, figlio mio. Giacobbe s'accostò e lo baciò. E Isacco appena sentita la fragranza del vestito di lui, benedì Giacobbe e disse: Ecco l'odore del mio figlio è come l'odore di un fiorito campo benedetto da Dio! Dio ti doni della rugiada del cielo e della pinguedine della terra, e abbondanza di frumento e di vino. A te servano i popoli, a te s'inchinino le genti. Sii il padrone dei tuoi fratelli. E s'inchinino davanti a te i figli di tua madre. Maledetto sia chiunque ti maledice e benedetto chiunque ti benedice. Appena Isacco aveva finite queste parole, e Giacobbe se n'era andato, tornò Esaù, e, preparate le pietanze della sua caccia, le portò al padre, dicendo: Alzati, padre mio, e mangia della caccia del tuo figliolo, affinché l'anima tua mi benedica. E Isacco gli disse: Ma chi sei tu? Egli rispose: Sono Esaù, il tuo figlio primogenito. Isacco inorridì, oppresso da grande stupore, e fuori di sé dalla meraviglia disse: E allora chi è colui che mi ha già portato la caccia fatta? Io ho mangiato di tutto prima che tu venissi; e l'ho benedetto, e sarà benedetto. Udite le parole del padre, Esaù diede in un grido spaventoso, e costernato disse: Benedici anche me, o padre mio ! Isacco rispose: Il tuo fratello è venuto con ingannò, e si è presa la tua benedizione. Ed Esaù: Con ragione gli fu posto il nome di Giacobbe, infatti mi ha soppiantato per la seconda volta: mi tolse già la mia primogenitura, ed ora mi ha tolta la mia benedizione. Poi disse: Non hai servato una benedizione anche per me? Isacco rispose: Io l'ho costituito tuo padrone, ed ho assoggettati al suo servizio tutti i suoi fratelli, l'ho provvisto di frumento e di vino; ed ora che potrei fare per te, o mio figliolo? Esaù gli disse; Non hai che una benedizione sola, o padre? Benedici anche me; te ne scongiuro! E siccome Esaù piangeva ad alte grida, Isacco, mosso a compassione, gli disse: La tua benedizione sarà nella pinguedine della terra e nella rugiada che scende dal cielo.

 

Esaù e Giacobbe...

I due figli di Isacco ci manifestano a loro volta l'effetto dei giudizi di Dio nei riguardi d'Israele e della gentilità; e così l'iniziazione dei Catecumeni prosegue il suo corso. Ecco due fratelli: uno maggiore, l'altro minore; Esaù, il tipo del popolo giudaico, che possiede il diritto della primogenitura e perciò gli compete il destino più alto; e Giacobbe, nato dopo di lui, che, sebbene suo gemello, non ha diritto di fare assegnamento sulla benedizione riservata al fratello maggiore, figura la gentilità. Ma le parti s'invertono: Giacobbe riceve la benedizione e suo fratello ne rimane senza. Che è dunque avvenuto? Ce lo spiega il racconto di Mosè. Esaù è un uomo carnale, dominato dai suoi appetiti ; il piacere che trova in una banale vivanda gli fa perdere di vista i beni spirituali legati alla benedizione del padre, e nella sua golosità, cede a Giacobbe, per un piatto di lenticchie, i diritti che gli derivavano dalla sua primogenitura. Abbiamo visto come l'industria della madre serve gli interessi di Giacobbe, e come il vecchio padre, inconscio strumento di Dio, conferma e benedice inconsapevolmente la sostituzione avvenuta. Quando Esaù tornò da Isacco, comprese la gravita della perdita subita; ma ormai era tardi; e così divenne il nemico di suo fratello.

 

... figure dei Giudei e dei Gentili.

Allo stesso modo il popolo giudaico, dominato da pensieri carnali, perdette il diritto di primogenitura sui Gentili. Non volle seguire un Messia povero e perseguitato, sognava trionfi di grandezze mondane, mentre Gesù non prometteva che un regno spirituale. Il Messia, dunque, che fu rigettato da Israele, fu invece accolto dai Gentili, e questi divennero i primogeniti. E siccome il popolo giudaico s'ostina a non riconoscere tale sostituzione, alla quale fu pure consenziente quando gridò: "Non vogliamo che costui regni su noi" (Lc 19,14), ora vede con dispetto che tutti i favori del Padre celeste sono per il popolo cristiano. I figli d'Abramo secondo la carne sono diseredati al cospetto di tutte le nazioni; mentre i figli di Abramo nella fede sono manifestamente i figli della promessa, secondo la parola del Signore a quell'insigne Patriarca : "Io ti benedirò e moltiplicherò la tua stirpe come le stelle del cielo, e come l'arena che è sul lido del mare..., e nella tua progenie saran benedette tutte le nazioni della terra" (Gen 22,17-18).

 

VANGELO (Lc 15,11-32). - In quel tempo: Gesù disse ai Farisei e agli Scribi questa parabola: Un uomo aveva due figlioli, e il minore disse al padre: Padre, dammi la parte dei beni che mi spetta. E divise tra loro il patrimonio. Dopo alcuni giorni, messa insieme ogni cosa, il figlio minore se ne andò in un lontano paese, e là scialacquò il suo, vivendo dissolutamente. E come ebbe dato fondo ad ogni cosa, infierì in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a sentir la miseria. E andò a mettersi con uno degli abitanti di quel paese, che lo mandò nei suoi campi a badare ai suoi porci. E bramava d'empire il ventre con le ghiande che mangiavano i porci, ma nessuno gliene dava. Allora, rientrato in sé, disse: Quanti garzoni in casa di mio padre han pane in abbondanza, mentre io qui muoio di fame! M'alzerò e andrò da mio padre, e gli dirò: Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te, non son più degno d'essere chiamato tuo figlio; trattami come uno dei tuoi garzoni. E, alzatesi, andò da suo padre. E, mentre egli era ancora lontano, suo padre lo scorse e, mosso a pietà, gli corse incontro e gli si gettò al collo e lo baciò. E il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te; non son più degno d'esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai suoi servi: Presto, portate qua la veste più bella, rivestitelo, e mettetegli al dito l'anello ed ai piedi i calzari; menate il vitello grasso e ammazzatelo; e si mangi e si banchetti, perché questo mio figlio era morto ed è risuscitato; era perduto ed è stato ritrovato. Così cominciarono a far grande festa. Or il figlio maggiore era in campagna e nel ritorno, avvicinandosi a casa, sentì musiche e danze, e chiamò uno dei servi e gli domandò che volessero dire quelle cose. Ed egli rispose: È tornato tuo fratello; e tuo padre ha ammazzato il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano. Allora costui montò in collera e non voleva entrare. Onde suo padre uscì fuori e si mise a pregarlo. Ma rispose al padre suo: Ecco, da tanti anni io ti servo e non ho mai trasgredito un tuo comando, eppure non mi hai dato neppure un capretto da godermelo con gli amici; ma appena è arrivato questo tuo figlio, che ha divorato tutto il suo con le meretrici, hai per lui ammazzato il vitello grasso. E il padre a lui: Figlio, tu stai sempre con me e tutto il mio è tuo; ma era giusto banchettare e far festa, perché questo tuo fratello era morto ed è risuscitato, era perduto ed è stato ritrovato.

 

Il ritorno del figliol prodigo.

È ancora il mistero che abbiamo rilevato poc'anzi del racconto del Genesi. Sono di fronte due fratelli, di cui il maggiore si lamenta del trattamento che la bontà del padre ha fatto al più giovane. Questi se n'era andato via dal tetto paterno ed era fuggito in lontano paese, per abbandonarsi più liberamente ai suoi disordini; ma vistosi ridotto all'estrema miseria, si ricorda di suo padre e torna a chiedergli umilmente l'ultimo posto nella casa che un giorno avrebbe dovuto essere sua. Il padre accoglie il prodigo con la più viva tenerezza: e non solo lo perdona ma gli restituisce anche tutti i diritti di figlio anzi fa di più: gli offre un banchetto per celebrare il suo felice ritorno. Ora questo modo di fare del padre irrita la gelosia del fratello. Ma invano Israele si ribella alla misericordia del Signore: è giunta l'ora in cui tutte le nazioni della terra sono chiamate ad entrare nell'ovile universale. Per quanto siano stati dai loro errori e dalle passioni trascinati lontano, i Gentili udranno la voce degli Apostoli: Greci e Romani, Sciti e barbari, tutti, percuotendosi il petto, s'affolleranno a domandare d'essere ammessi a godere dei favori di Israele. E non saranno date loro solamente le briciole che cadranno dalla mensa, come supplicava la Cananea; ma saranno trattati alla stessa maniera dei figli legittimi ed onorati. Le invidiose lagnanze d'Israele non saranno accolte e se esso rifiuta di prender parte al banchetto, la festa si celebrerà ugualmente. Ora tale festa è la Pasqua; i figli che ritornano ignudi ed estenuati alla casa paterna sono i Catecumeni, ai quali il Signore sta per estendere la grazia dell'adozione.

 

L'infinita misericordia del Padre.

Questi figli prodighi che si arrendono e si raccomandano alla pietà del padre che hanno offeso sono anche i pubblici Penitenti, ai quali la Chiesa in questi giorni offre la riconciliazione. Pur avendo mitigata la sua severa disciplina, la Chiesa presenta oggi questa parabola a tutti i peccatori che si dispongono a rappacificarsi con Dio. Essi prima non conoscevano l'infinita bontà del Signore che avevano abbandonato: comprendano dunque oggi, quanto la misericordia prevalga sulla giustizia, nel cuore di colui che "ha amato il mondo fino a dare il suo Figlio Unigenito" (Gv 3,16). Per quanto lontano siano fuggiti da lui, per quanto profonda sia stata la loro ingratitudine, tutto è pronto nella casa paterna, per festeggiare il loro ritorno. Il padre ch'essi abbandonarono li aspetta sulla porta, pronto a correre incontro a loro per abbracciarli; sarà loro restituita la prima veste, la veste dell'innocenza; l'anello che portano soltanto i figli della "sua casa sarà dato ad ornare di nuovo la loro mano purificata. La mensa del festino è imbandita per loro, e gli Angeli faranno sentire le loro melodie celesti. Gridino dunque dal fondo dei loro cuori: "O padre, ho peccato contro il cielo e contro di te, non son più degno d'esser chiamato tuo figlio; trattami come uno dei tuoi servi". Il dispiacere sincero dei traviamenti passati, l'umiltà della confessione e la ferma risoluzione d'essergli d'ora innanzi fedeli, sono le uniche, facili condizioni, che il padre dei figli prodighi esige, per farne dei figli di predilezione.

 

PREGHIAMO

Custodisci, o Signore, con incessante misericordia la tua famiglia, affinché, appoggiandosi solo nella speranza della grazia celeste, sia sostenuto dalla celeste protezione.

 

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 553-557

 

Domenica Seconda di Quaresima | Lunedì | Martedì | Mercoledì | Giovedì | Venerdì | Sabato

 

 

Inizio Pagina

Torna a dom Guéranger