Messe latine antiche nelle
Venezie
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L'anno liturgico
di dom Prosper Guéranger
VENERDÌ DI SETTUAGESIMA
L'espiazione dell'uomo.
Ad Eva fu indirizzata la maledizione che doveva pesare su ogni creatura umana; mentre ad Adamo fu rivolta quella contro la terra: "Perché hai dato ascolto alla voce di tua moglie, ed hai mangiato del frutto che ti avevo comandato di non mangiare, è maledetta la terra per causa tua".
Il Signore non accetta la scusa del nostro progenitore; tuttavia si degna prendere atto della sua debolezza ed ammettere che l'uomo peccò più per una cieca tenerezza verso la fragile creatura uscita dalla sua carne che non per amore di sé. Egli non fu la causa prima della disobbedienza. Perciò Dio gli decretò un castigo particolare umiliando la sua persona e condannandolo al lavoro.
Fuori del giardino di delizie si estende l'immenso deserto della terra, la valle delle lacrime, triste esilio di chi, per tanti secoli serberà in fondo alla sua anima desolata il ricordo nostalgico delle brevi ore del Paradiso. Il deserto è sterile: bisognerà che l'uomo lo fecondi e ne faccia uscire a forza di sudore la misera sussistenza per sé e per la sua famiglia. Che se nel succedersi dei secoli alcuni figli di Adamo sembreranno sottratti a questa legge, l'eccezione non farà che confermare la realtà della sentenza inflittagli. Essi riposeranno per qualche giorno, perché altri hanno lungamente lavorato per loro; e il loro riposo sarà giustificato in quanto sentiranno il dovere d'incoraggiare con l'esempio della virtù e delle opere buone, il numero stragrande dei fratelli sui quali s'avvera alla lettera la sentenza.
La legge è tale, che se per poco sulla terra s'arresta il lavoro, rovi e spine ne coprono la faccia. Per l'uomo decaduto è così importante lavorare, che l'ozio ne fiacca le energie del corpo e ne deprava il cuore.
Prima gli alberi del paradiso chinavano i loro pesanti rami, perché l'uomo ne cogliesse i deliziosi frutti e se ne cibasse: mentre ora è lui che deve, faticosamente, far spuntare la pianta che lo nutra. Non si poteva esprimere in modo migliore l'intimo rapporto che ormai esiste fra l'uomo e la terra, sua origine e sua tomba.
Placata la sua giustizia, si mostrerà ancora nel tempo la bontà di Dio, che darà all'uomo la possibilità d'unirsi a lui, mangiando il Pane di vita disceso dal cielo. E sarà molto più efficace la virtù di quest'alimento a nutrire le nostre anime, che non sia stato il frutto dell'albero della vita a sostentarne il corpo.
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 436-437