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I risvolti del caso dei sacerdoti di Campos
I cardinali Ratzinger, Hoyos e Medina pronti ad accogliere i lefevbriani
Mons. Fellay, superiore della San Pio X: "per la prima volta un vescovo tradizionale è riconosciuto come tale e pienamente cattolico"
Riportiamo un interessante articolo, apparso ne "Il Giornale" del 21 gennaio 2002 a firma di Andrea Tornielli. Vi traspare in modo evidente la linea attuale della Santa sede nelle trattative in corso con comunità tradizionaliste. Emerge in particolare l'intenzione, presente all'interno della Curia romana - e da parte dello stesso Santo Padre -, di giungere all'accordo con i cattolici legati alla tradizione, che si ispirano a mons. Marcel Lefebvre, e a un loro pieno riconoscimento all'interno della Chiesa. Ciò vale non soltanto per l'Unione Sacerdotale San Giovanni Maria Vianney di Campos in Brasile, già riconosciuta ed eretta canonicamente in amministrazione apostolica personale, ma anche per la Fraternità Sacerdotale San Pio X e l'intero movimento che intorno a essa si coagula.
Se i tradizionalisti perdono il treno
di Andrea Tornielli
Il ritorno alla piena comunione con il Papa e con la Chiesa cattolica dei tradizionalisti brasiliani di Campos, seguaci di monsignor Lefebvre, avvenuto ufficialmente venerdì scorso (il Giornale ne ha parlato martedì 15 gennaio) è passato quasi inosservato in questi giorni della vigilia del grande raduno per la pace di Assisi. Eppure quello che è avvenuto nella diocesi dello Stato di Rio, dove migliaia di fedeli erano guidati da un vescovo consacrato illegittimamente e continuavano a seguire l'antica liturgia preconciliare, rappresenta un evento carico di conseguenze.
Riconoscendo ai lefebvriani del Brasile lo status giuridico di amministrazione apostolica, e integrando il vescovo Licinio Rangel nella gerarchia cattolica ufficiale, Giovanni Paolo II ha compiuto un atto di grande magnanimità. Quello dei seguaci di Lefebvre è stato infatti l'unico piccolo "scisma" avvenuto durante il suo pontificato e Wojtyla desidera rimarginare quella ferita. Il Papa, attraverso il paziente lavoro del cardinale colombiano Darío Castrillón Hoyos, ha concesso moltissimo, permettendo non soltanto ai tradizionalisti di continuare a usare esclusivamente l'antico messale di San Pio V, ma anche riconoscendo loro un'autonomia eccezionale. È evidente che, così facendo, la Santa Sede vuole dimostrare con i fatti la sua volontà di venire incontro alle istanze del mondo tradizionalista e allo stesso tempo far comprendere che le porte sono aperte per tutti i lefebvriani. Vuole far capire che Roma, reintegrando nella piena comunione, non intende distruggere o disperdere quel patrimonio che i tradizionalisti - pur responsabili di rigidità e accuse davvero ingenerose contro il Vaticano - hanno contribuito a conservare. Questo non significa, ovviamente, che oltre trent'anni di vita della Chiesa verranno cancellati con un colpo di spugna e che nelle nostre parrocchie ritroveremo l'altare girato e la messa in latino. Significa invece che la Chiesa, che sempre ha conosciuto al suo interno la presenza di più riti, di più sensibilità e di più carismi, offre nuovamente riparo sotto il suo mantello a questi suoi figli.
La notte di Natale, Wojtyla ha posto la sua firma in calce all'accordo, nella speranza di poter fare altrettanto fra non molto con la comunità più consistente dei seguaci di Lefebvre, quella rappresentata dalla Fraternità San Pio X, che conta quattro vescovi, centinaia di preti, seminaristi e parecchi fedeli. Con notevole coraggio, e soprassedendo ai mugugni provenienti anche da qualche cardinale di Curia, oltre che dalle opposizioni dell'episcopato francese, il Papa è andato avanti per la sua strada. I contrari, invece che osteggiare l'accordo e le concessioni, dovrebbero piuttosto battersi per porre fine agli abusi liturgici che purtroppo ancora pullulano nella Chiesa: se non si fossero ballate le melodie dei LunaPop durante la messa, se si fosse evitato di far degenerare le celebrazioni in show - come va denunciando da anni il cardinale Joseph Ratzinger - o di svilirle in sciatte assemblee che di sacro sembrano avere ormai soltanto il nome, forse il fenomeno dei lefebvriani non ci sarebbe stato. Fino a oggi le reazioni dei tradizionalisti della San Pio X sono state a dir poco caute, attendiste se non apparentemente sospettose verso questa magnanimità della Chiesa. Eppure essi dovrebbero rendersi conto che quello di cui stiamo parlando è un treno che passa soltanto una volta, grazie a una congiuntura forse irripetibile: un Papa anziano come Giovanni Paolo II, che desidera chiudere le vecchie ferite; un cardinale come Castrillón Hoyos, il quale sa riconoscere senza pregiudizi che anche nel mondo lefebvriano c'è del buono; un Prefetto della Congregazione del culto divino come il cardinale Jorge Arturo Medina Estevez, aperto al dialogo con i tradizionalisti e impegnato a correggere storture e abusi nella liturgia seguiti alla riforma conciliare ma certamente non voluti né immaginati dal Concilio. Quest'ultimo ha compiuto 75 anni ed è nell'aria la sua sostituzione: aspirano al suo posto alcuni alti prelati che vedono come fumo negli occhi il rientro dei seguaci di Lefebvre e sperano di continuare, per quanto riguarda la liturgia, nella discussa via imboccata negli ultimi decenni. Le generose offerte di Roma, insomma, potrebbero fra qualche tempo essere soltanto un ricordo.
da "Il Giornale" , 21 gennaio 2002
Il 16 gennaio il superiore della Fraternità San Pio X, mons. Bernard Fellay, ha emesso un comunicato - di cui diamo qui di seguito il testo in una traduzione italiana - con cui prende posizione sull'accordo tra la Santa sede e i sacerdoti di Campos, ufficializzato il giorno 18. Di notevole interesse l'innegabile atteggiamento di apertura che trapela al di là di talune critiche specifiche e di molte preoccupazioni per il futuro dell'opera. Indici di tale atteggiamento soprattutto il riconoscimento che per la prima volta è stata accordata alla tradizione una struttura di tipo diocesano e un vescovo tradizionale è riconosciuto come tale e pienamente cattolico, e l'affermazione che la soluzione del caso di Campos sarà un test per il futuro.
Comunicato della Fraternità San Pio X a proposito dei sacerdoti di Campos
16 gennaio 2002, festa di san Marcello
Il 18 gennaio 2002 il card. Castrillón Hoyos leggerà nella cattedrale di Campos vari documenti in base ai quali papa Giovanni Paolo II costituisce una amministrazione apostolica in favore dei sacerdoti di Campos e dei fedeli che sono loro legati. Mons. Rangel è riconosciuto come vescovo cattolico e nominato a capo della nuova amministrazione. Detta amministrazione avrà diritto ai libri liturgici del 1962, vale a dire alla messa tridentina. Le censure in cui "si può essere incorsi" (sic) saranno tolte. Il Papa accetta la proposta dei sacerdoti di Campos di combattere l'eresia nella Chiesa.
Mons. Rangel farà a nome di tutti la professione di fede e leggerà una dichiarazione nella quale riconosce Giovanni Paolo II come papa, il vescovo del luogo come legittimo, il Concilio Vaticano II come un concilio della Chiesa cattolica, dichiarando peraltro di riservarsi il diritto di critica positiva verso quanto non è in conformità con la Tradizione. Lo stesso avviene per ciò che riguarda la nuova messa, riconosciuta come valida in se stessa, ma sottoposta a critiche costruttive.
La Fraternità Sacerdotale San Pio X constata che questo risultato è frutto di una pace separata. Per ottenerlo, i sacerdoti di Campos hanno dovuto, in qualche misura, separarsi dalla Fraternità. Quest'ultima mette in evidenza la precipitazione e il carattere parzialmente dissimulato delle trattative che hanno condotto all'attuale riconoscimento. Hanno accantonato, per esempio, la richiesta concernente la messa tridentina che a tutti i sacerdoti dovrebbe essere permesso di celebrare liberamente. Tutto questo non è un bene, in quanto la forza sta nell'essere uniti. Non si può certo dire che con questo atto la crisi della Chiesa sia superata. Può essere un passo in tal senso, l'avvenire ce lo dirà.
I Padri di Campos affermano di continuare la battaglia della Tradizione. Va altresì considerato che nessuna sostanziale concessione a livello dottrinale è stata fatta. Solo il tempo dirà come Roma consentirà lo sviluppo di quest'opera. A tal proposito, la scelta del successore di mons. Licinio Rangel sarà di grande importanza. Ora il punto non è determinato, come pure non lo è lo statuto giuridico dell'amministrazione.
Quali saranno, a questo punto, le loro relazioni con Roma e con noi? Anche qui sarà il tempo a dirlo. La nuova situazione che si è creata servirà da test per il futuro. La Fraternità resta assai prudente e osserva con apprensione, il più possibile da vicino, gli sviluppi dell'opera, aspettando di vederne i frutti. È dai frutti che si giudica l'albero.
Resta il fatto che, per la prima volta, è accordata alla Tradizione una struttura di tipo diocesano. Un vescovo tradizionale è riconosciuto come tale, come pienamente cattolico.
Noi preghiamo affinché tutto questo cooperi al bene della Tradizione e della Chiesa, nonostante l'impressione non ben definita che in questo momento avvertiamo, e non vogliamo altro che continuare a operare nello spirito e nella linea che si ha lasciato monsignor Lefebvre.
nella festa di san Marcello
Bernard Fellay
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Inserito il 22 gennaio 2002
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