Messe latine antiche nelle
Venezie
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Vita dura per il prete in tonaca:
"Sei la maschera di don Camillo"Un sacerdote "all'antica" per tutta la durata del Carnevale
si tiene lontano da Veneziadi Alessandro Zangrando
"Reverendo, perché non viene a trovarmi a Venezia? Ne approfitta per riposarsi, poi così potremo anche vederci, le faccio vedere la mia città. Ci parliamo sempre e solo per telefono...". La risposta è quasi seccata e arriva brusca nel giro di una frazione di secondo: "Non se ne parla proprio". Penso: che cosa avrò detto di male. "No, senta, a Venezia durante il Carnevale non ci vengo proprio più".
Insomma il nostro amico ha un problema: è uno dei pochi sacerdoti rimasti a indossare la talare, più nota nel Veneto come "tonaca". Insomma quell'abito lungo e nero che copriva fino a qualche anno fa tutti i sacerdoti dal collo ai piedi. Corredato da colletto bianco e fascia attorno alla vita. La veste di don Camillo, per intenderci.
L'amico spiega subito il suo diniego: "Il Carnevale a Venezia? Mi è bastata una sola esperienza. Per le strade pensavano che fossi una maschera: non le dico gli scherzi". Insomma vita dura in questi giorni per i sacerdoti "all'antica", calli e campielli possono giocare brutti scherzi. "Come se non bastasse - continua la spiegazione - in alcuni luoghi pubblici non mi facevano entrare perché pensavano che fossi in maschera. E io a spiegargli che non era così, che quello è un abito religioso. Ecco la conseguenza dell'abbandono dell'abito da parte dei sacerdoti: ora vestirsi da preti sembra una bizzarria, un'eccentricità. O peggio, una maschera da Carnevale".
Niente da fare, il nostro reverendo non cede. Non ci sta proprio a trasformarsi in un membro di quello che definisce il "clero invisibile": "Non mi vesto in borghese, come fanno tutti ormai. Non cedo, non metto neanche il clergyman, mi sembra di essere un becchino". Addirittura? "Guardi, nella Chiesa non è vero che l'abito non fa il monaco. L'abito invece fa il monaco e i segni contano". E racconta una storia che profuma d'antico.
"L'abito che porto significa la lontananza e la rottura con il mondo, il colletto simboleggia la servitù a Roma e la fascia è il richiamo alla castità. Tutto ha un senso, nella Chiesa. Mi chiamano nostalgico e passatista? Pazienza, non faccio niente di male o di vietato, anche se molti lo pensano. E poi vedo che la chiarezza paga, soprattutto fra i giovani". Per i preti che si vestono da preti è meglio attendere la fine del Carnevale, anche per evitare qualche scherzo da prete. Per l'invito e il viaggio a Venezia, aspettiamo Quaresima.
da "Corriere del Veneto", 8 febbraio 2004
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