Belle parole
Mons. Alessandro Maggiolini,
vescovo di Como, ha pubblicato sul Resto del
Carlino del 27 gennaio questo interessante
articolo sui problemi - sempre quelli dopo quasi 35
anni - della "nuova liturgia". Sono i
problemi (detti talora anche "abusi") che
altre autorevoli voci del clero italiano considerano
come "sbavature". Mons. Maggiolini, invece,
sembra affrontare la questione senza remore, sembra
persino mostrare comprensione (ed è un vescovo!) per
i semplici fedeli che
"sanno di avere, anche in liturgia, diritti da
far valere". Purtroppo con questo atteggiamento
non appare granché coerente il rifiuto della messa
latina antica opposto da mons. Maggiolini ai
cristiani della sua diocesi, che l'avevano chiesta
anni orsono. Della cosa ci siamo già occupati (cfr.
www.unavoce-ve.it/08-03-58.htm).
Quando si ha l'occasione di attuare le belle parole
che è bello dire e scrivere anche per far piacere ai
benpensanti, e non la si coglie, anzi la si lascia
cadere, le belle parole non restano forse belle
parole e basta?
Una Voce Venetia
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A QUARANT'ANNI
DALLA RIFORMA CONCILIARE
Tutte le sorprese
della nuova liturgia
La Messa in certi
casi è stravolta:
resta qualche rimpianto
per l'austerità perduta
A un dipresso cade in
questi giorni il centenario di un documento di san Pio X
che proibiva le canzonette e le arie operistiche e
invitava a riprendere il canto gregoriano nelle
celebrazioni liturgiche, specie durante la Messa. Cade
anche il quarantennio della promulgazione della
Costituzione sulla riforma liturgica voluta dal Concilio
Vaticano II. Che dire? Forse il giudizio circa
l'applicazione di queste direttive è ancora intempestivo.
Né basta il tono enfatico e un po' vuoto di chi esalta
l'utilizzazione della lingua volgare, si entusiasma per
l'abbondante presenza della Bibbia nei riti della Chiesa,
si compiace di una liturgia più vicina ai gusti della
gente. Una variazione documentata e saggia risulta
impervia. Anche perché molti credenti attuali non hanno
né potuto gustare le celebrazioni austere ed eleganti -
di stile benedettino - della prima metà del secolo
scorso, né si sono sentiti prepotentemente attratti e
coinvolti da una sacralità in gran parte perduta, che ha
finito per copiare, spesso senza accorgersene, spettacoli
televisivi, arcigni o frivoli che fossero.
Qualche esempio. La
Scrittura. Già essa è difficile da interpretare e da
capire, soprattutto se seguita da prediche che sembrano
dotte - chissà - lezioni di esegesi e lasciano freddo il
cuore; o sono occasioni per puntate politiche,
operaistiche, terzomondistiche le quali magari tirano il
sacro testo per i capelli; o sono semplicemente lunghe e
noiose tiritere, Ancora. I canti. Che spesso sono lagne o
ballabili che poco han da spartire con la preghiera.
Qualche eccezione non guasta.
Ancora. Gli attori
del rito. Laici talvolta improvvisati che ignorano
teologia e catechismo. O, più frequentemente, preti che,
dopo aver tanto perorato la promozione del laicale si
comportano da padroni del rito. Macché norme ecclesiali.
Ciò che importa è la spontaneità. E una Messa cambia
molto se il celebrante ha digerito bene o no, se è
euforico o depresso, se è in vena di lisciate o di
invettive ecc. Qualcosa come degli happening. I
praticanti hanno il diritto di sapere quanto duri una
cerimonia e che cosa li attenda, se vi partecipano.
Ancora. Il silenzio.
Si riesce a creare un clima di mistero - e a pregare - se
l'accavallarsi delle didascalie, dei gesti, delle formule
recitate al galoppo non lasciano un istante di silenzio
in cui uno che vuole sia se stesso davanti al suo
Signore?
Si potrebbe
analizzare a lungo. Avendo anche un poco di pietà per
noi sacerdoti che abbiamo dovuto improvvisarci attori,
registi, direttori di cappella ecc. quasi da un giorno
all'altro. Ma i "semplici" fedeli sanno di
avere, anche in liturgia, diritti da far valere? Meglio
se con garbo.
Alessandro
Maggiolini
da «Il Resto del Carlino», 27 gennaio 2004.
LINK UTILI
Il "centrismo"
di mons. Maggiolini. Poco coerente il rifiuto
della messa latina antica