Messe latine antiche nelle Venezie 
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Parroci contro gli organi

In questo articolo del Corriere del Veneto del 1º marzo, a firma di Anna Maria Girelli Consolaro leggiamo cose davvero interessanti e quasi incredibili. L'opinione che l'uomo medio può formarsi per noi è una sola, ma preferiamo lasciarla alla riflessione del lettore: qualcuno potrebbe offendersi, ma quando si fanno e dicono cose come quelle qui sotto, c'è ben poco da offendersi...

Mons. Mario Saccardi (Vicenza): "La nostra regione forma ottimi organisti. Questi ragazzi, però, trovano poi un ostacolo insuperabile nei parroci. Oggi, infatti, vige una 'liturgia fai da te' dai connotati 'festaioli' che ha perso la sua sacralità. I preti, preoccupati di non perdere i giovani, tentano di venire incontro ai loro gusti. Senza rendersi conto che, alla fine, portano in chiesa una musica da discoteca". È un prete che lo dice, senza peli sulla lingua, certamente sarà vero.

Don Giovanni Berti (Verona): "La musica 'moderna' favorisce la partecipazione dei fedeli. Queste canzoni sono più coinvolgenti perché più vicine alla gente. Accanto alle chitarre classiche e amplificate, noi utilizziamo spesso tastiere, batteria e percussioni". Complimenti don Berti, meno male che non è ancora parroco, ma... lo diventerà.

"Si dice infatti che il parroco (di S. Zaccaria a Venezia) ne impedisca l'uso (dell'organo) in quanto disturba i turisti". Mons. Carlo Seno, a quello che sproloquia ci crede veramente. Ecco il modello ideale per don Berti, poco gli manca e diventerà anche lui così. Auguri. I tamburi non disturbano.

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Organi, la musica è finita

L'allarme degli esperti: "C'è il rischio che questo patrimonio vada in rovina"

 

Il Veneto si scopre patria degli organi musicali. Milleduecento pezzi, molti dei quali dal valore inestimabile. Fiorente nei secoli la sua letteratura. Terra di celebri organari, la nostra regione possiede oggi l'unico laboratorio al mondo per il restauro e la costruzione d'organi interamente artigianale, un angolo di paradiso, da cui nascono ogni giorno strumenti da primato. Se non che la maggior parte di questi organi, palpitanti di vita e di storia, giacciono per lo più inutilizzati. In stato d'abbandono, insomma. Costretti al silenzio. La causa? "L'ignoranza del clero, che crede di avvicinare i giovani suonando le chitarre e battendo le mani. Canzoncine banali, insomma, preferite a capolavori musicali di ogni tempo". L'autorevole voce è quella di Barthèlèmy Formentelli, titolare della bottega che, nata nel 1965 a Pedemonte, nel veronese, primeggia a livello planetario per l'utilizzo di un metodo di costruzione e restauro completamente manuale. "Il dramma - spiega - è che noi produciamo strumenti eccezionali, per poi ritrovarceli nelle chiese completamenti abbandonati e silenti".

Siamo andati a trovarlo "sul campo". Via Ronchetto 26. Là, il tempo s'è fermato. Non vedi una tivù, non trovi un giornale. Figuriamoci un computer. Solo un silenzioso brusio. Quello di scalpelli, piallatrici, martelli, che ogni giorno danzano con ordine quasi divino. E che, guidati da abili mani, perpetuano un tesoro di valori, bellezza e tradizione. Una quindicina gli operai, tra cui molti apprendisti. Giovani, vecchi, tutti compiono il loro lavoro con certosina meticolosità. Non a caso, qui è nato l'organo più grande d'Italia: 2 metri d'altezza per 8 di larghezza, 5.400 canne, 4 tastiere e 77 registri reali; terminato nel 2000, dopo sei anni di lavoro e l'impiego di dieci persone, e collocato in Santa Maria degli Angeli a Roma, è stato regalato al Papa per il Giubileo (la sua musica ha accompagnato Emanuele Filiberto di Savoia all'altare); un milione e mezzo di euro il valore (il costo degli organi va dai 30-40mila euro per i più piccoli in su).

Qui è stato restaurato l'esemplare veronese considerato uno dei tre strumenti migliori al mondo: si tratta dell'organo di San Tomaso Cantuariense, un Bonatti del 1716 che un Mozart quattordicenne suonò mandando in visibilio il pubblico locale. "L'ho terminato nel 2002 - spiega Barthèlèmy -. Adesso, a San Tomaso, ci sono due o tre organisti che operano con regolarità. Ma si tratta di un'isola felice, il cui merito va alla lungimiranza del parroco don Carlo Vinco. Nella stessa cattedrale veronese, infatti, la situazione è completamente diversa".

I due organi del Duomo li ha ricostruiti lui: "Strumenti eccezionali, impiegati per una musica di livello assai basso. Quando non se ne stanno completamente zitti". Un delitto, perché lasciare inutilizzato un organo equivale a decretarne ineluttabilmente la morte (la polvere, depositandosi nelle canne, causa infatti danni irreparabili). "La chiesa, ormai, è priva d'iniziative interessanti", interviene Michel Formentelli, 35 anni. Anche lui, come il padre, la vita ha deciso di dedicarla all'arte organaria. "La curia veronese si è "fossilizzata" sugli organi d'inizio '900, i più brutti, tralasciando i capolavori nati dalla celebre scuola veronese-gardesana. Peccato, poiché il Veneto possiede un patrimonio d'organi antichi dal valore inestimabile". Un censimento fatto dalla Regione tra il 2000 e il 2003 ne ha contati 1200 (per lo più ecclesiastica la proprietà). Da qui, la decisione dell'assessore alla cultura Serrajotto di stanziare un milione di euro per il loro restauro. Cifra che verrà ripartita tra le sette province, le cui realtà organistiche sono tutt'altro che omogenee.

Venezia, Treviso e il bellunese godono della miglior situazione. L'organo più prezioso, in Laguna, è il Callido di San Bartolomeo (1775). Quello più antico, un Nacchini del 1741, si trova in San Cassiano. La Chiesa dell'Ospedaletto, dall'acustica perfetta, conserva un altro, pregiato Nacchini (1750). In San Marco resta l'organo in cornu Epistolae del 1766. Meno fortunato è lo strumento di San Zaccaria che, seppur in ottime condizioni, non può svolgere il suo "dovere quotidiano"; si dice infatti che il parroco ne impedisca l'uso in quanto "disturba i turisti". Tra i numerosi organi trevigiani, il più antico è il Nacchini di Santa Maria dei Battuti (1751). Molteplici i pezzi unici custoditi nel Bellunese e nel Cadorino: da Feltre ad Auronzo di Cadore, Santo Stefano e Pieve.

Un invidiabile elenco, dunque. Ma le scuole organistiche, in Veneto, ci sono? "La nostra regione forma ottimi organisti - sostiene monsignor Mario Saccardi, direttore dell'Istituto diocesano di Musica sacra di Vicenza e direttore della Cappella musicale della Cattedrale - I Conservatori e gli Istituti di Musica sacra costituiscono i bacini principali. Questi ragazzi, però, trovano poi un ostacolo insuperabile nei parroci. Oggi, infatti, vige una 'liturgia fai da te' dai connotati 'festaioli' che ha perso la sua sacralità. I preti - aggiunge -, preoccupati di non perdere i giovani, tentano di venire incontro ai loro gusti. Senza rendersi conto che, alla fine, portano in chiesa una musica da discoteca".

Nel mirino di questi sacerdoti, naturalmente, capolavori senza tempo. "La letteratura per organo è la più vasta in assoluto - sottolinea Massimo Bisson, organista vicentino di 29 anni diplomando in prepolifonia al Conservatorio di Venezia -. Oltre sei secoli d'altissima musica. Basti pensare a Bach, Frescobaldi, Monteverdi e Gabrieli". Puntuale, anche da lui, arriva l'accusa: "I vescovi demoliscono quotidianamente la tradizione ecclesiastica". D'opinione contraria molti sacerdoti, soprattutto giovani. "La musica 'moderna' favorisce la partecipazione dei fedeli - sostiene don Giovanni Berti, 37enne vicario della parrocchia veronese di Tomba Extra -. Queste canzoni sono più coinvolgenti perché più vicine alla gente. Accanto alle chitarre classiche e amplificate, noi utilizziamo spesso tastiere, batteria e percussioni".

Ferve dunque il dibattito all'interno del mondo liturgico. Resta comunque un dato di fatto: molti organi, nelle chiese, vengono messi a tacere. Decisamente più rosea la situazione nel mondo concertistico. La realtà trevigiana parla chiaro. "Dal 1989 organizziamo una nutrita rassegna di concerti - spiega Gianfranco Gagliardi, presidente del Festival organistico internazionale 'Città di Treviso e della Marca trevigiana' -. L'edizione 2005 verrà inaugurata il 22 aprile a Santa Caterina. Nove appuntamenti primaverili, per poi proseguire in autunno con un'altra ventina". Suo grande merito, la costituzione dell'Echo ("Europae Civitates Historicorum Organorum"), circuito di sette città europee dotate di organi antichi in cui Treviso spicca quale centro d'interesse internazionale. Un respiro di sollievo, dunque. Un esempio da seguire.

Anna Maria Girelli Consolaro

 

da "Corriere del Veneto", 1° marzo 2005

 

 

 

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Inserito il  1° marzo  2005

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