CURIA PATRIARCALE DI VENEZIA
5 marzo 1978
Egr. Prof., il Patriarca mi ha passato la Sua
lettera in data 26 febbraio u.s, e mi prega di darLe una cortese
risposta, data la sua assenza da Venezia per motivi di ministero.
L'ordinanza del Patriarca nei riguardi della
Messa celebrata more antiquo nella chiesa di San Simeone
Piccolo non è contro la celebrazione della Messa che, in forma
del tutto privata, può essere concessa ai sacerdoti
ultrasettantenni, ma è motivata dal fatto che essa era motivo per
riunioni con presenza di una folla di fedeli e per costituire
gruppi di azione che non possono essere tollerati in quanto causa di
divisione tra i fedeli e di opposizione a norme precise emanate
dalla Santa Sede. Ci era stato assicurato da don Siro e dal M°
Durighello che la Messa era celebrata a porte chiuse e senza
assistenza di fedeli: le cose andavano invece ben diversamente. Dal
N° 40-41 di UNA VOCE e da alcuni ciclostilati, veri e propri
calendari liturgici, risulta appunto il contrario di quanto
affermato. La disposizione del Patriarca per-
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tanto è pienamente giustificata e non ammette
deroghe per alcun motivo.
Per quanto riguarda l'accenno da Lei fatto
circa una presunta tolleranza del Patriarca verso forme irregolari
di celebrazione, mi permetto dirLe che non risponde a verità: il
Patriarca è sempre intervenuto con fermezza a reprimere abusi e
deviazioni, sia in forma privata che pubblica e mediante lettere ed
articoli sulla Rivista diocesana, e sempre chiamando e rimproverando
i trasgressori. Prendo volentieri atto, perché so che è sincera,
della sua dichiarazione di fedeltà alla Chiesa e al Magistero ed è
proprio in nome di questa fedeltà e della sua rettitudine di
coscienza, che oso sperare che Ella voglia uniformarsi a quanto il
Patriarca ha disposto per mantenere quella unione di animi che anche
Lei certamente desidera sia conservata. Lieto se avrò occasione di
poterLa salutare a voce, Le porgo distinti ossequi e anticipo auguri
per la Santa Pasqua.
sac. Giuseppe Bosa
Vicario Generale
«UNA VOCE»
Venezia, 7 marzo 1978
Rev. Mons. Bosa,
La ringrazio della Sua cortese lettera del
5.3. u.s. e mi permetto di osservare alcune cose: 1) L'ordinanza del
Patriarca contro la celebrazione pubblica della Messa more
antiquo è priva di fondamenti giuridici per le ragioni che ho
brevemente esposto nella mia lettera a S.E. del 26.2.1978; mi
riservo comunque di ritornare sull'argomento. L'ordinanza è inoltre
contraria alla prassi adottata dai vescovi italiani in situazioni
analoghe. Infatti, la S. Messa di San Pio V si è celebrata con
pubblico fino a poco tempo fa (cioè fino a quando il celebrante non
si ammalò) a Padova, senza trovare opposizione da parte di S.E.
mons. G. Bortignon; la celebrazione della Messa suddetta fu sempre
per messa, esplicitamente o implicitamente, dal card. Michele
Pellegrino che spero nessuno vorrà accusare di lefebvrismo o di
reazionarismo; la stessa Messa si celebra in Roma e pare ne sia
addirittura prevista esplicitamente la celebrazione nella Basilica
di San Pietro.
2) Respingo nel modo più assoluto l'accusa
che la Messa in San Simeon Piccolo fosse motivo "per costituire
gruppi di azione
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che non possono essere tollerati in quanto
causa di divisione tra i fedeli e di opposizione a norme precise
emanate dalla Santa Sede". I fedeli che assistevano alla Messa
desideravano unicamente seguire un rito "canonizzato" da un Papa
santo e mai abrogato, che essi ritenevano e ritengono più
consono alla propria spiritualità delle Messe orgiastiche
accompagnate da suoni di chitarra e berciamenti vari, in cui femmine
montano sull'altare e annunziano (si fa per dire) la parola di Dio.
Le divisioni tra fedeli vengono eventualmente attuate da gruppi
iniziatici ("neocatecumeni"), al cui comportamento e al cui rispetto
per il calendario liturgico sarebbe bene che S.E. il cardinale
Patriarca prestasse un po' di attenzione.
3) Contrariamente a quanto Ella afferma,
posso assicurare in coscienza che la Messa, dopo i primi colloqui
che Ella ebbe con don Siro, veniva celebrata a porte chiuse
(all'operazione di chiusura e apertura prima e dopo la Messa
provvedeva il sottoscritto).
4) Poiché la Curia ignora le gravi
irregolarità liturgiche e canoniche che si verificano nella diocesi,
mi vedo costretto a segnalare un breve elenco - che mi riservo di
integrare al più presto - di tali irregolarità: a) sabato 25
febbraio 1978 sono entrato nella Chiesa di San Giacomo dall'Orlo,
mentre si celebrava la Messa vespertina delle 19, e ho constato con
viva sorpresa che il celebrante distribuiva ai fedeli la Comunione
in mano. Ho espresso la mia meraviglia a una signora che era
presente e dalla risposta ho capito che la cosa era abituale in
quella chiesa. Ciò è in contrasto con le disposizioni vigenti (cfr.
Rivista Diocesana del Patriarcato di Venezia, 1973, pp.
313-314).
La lettera prosegue facendo i nomi di alcuni
sacerdoti che vestono abiti civili anche durante l'insegnamento
nelle scuole, in contrasto con le disposizioni della C.E.I. del 20
aprile 1966 (cfr. Rivista Diocesana, citata, 1966, p. 236) e
con il C.J.C., e prosegue:
La pregherei quindi di segnalare quanto sopra
a S.E. Rev.ma il Cardinale Patriarca, il quale spero vorrà
provvedere a far cessare lo scandalo. Nel caso che lo scandalo
continuasse mi riservo di far presente la cosa alle competenti
Congregazioni romane.
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5) Rimane sempre insoddisfatta la mia
curiosità di conoscere i nomi di quei sacerdoti con cura d'anime che
adempiono alle disposizioni previste dal 2° comma dell'art. 54 della
Costituzione Sacrosanctum Concilium, disposizioni che vengono
sistematicamente ignorate senza che ciò provochi interventi da parte
di S.E. il Cardinale Patriarca. Ricambio, creda, di cuore gli auguri
per la S. Pasqua e Le porgo i miei più rispettosi ossequi.
Paolo Zolli
CURIA PATRIARCALE DI VENEZIA
14 marzo 1978
Egr. Prof.
rispondo alla Sua in data 7-3 u. s. e lo
faccio ben volentieri perché sento che Lei è una persona retta e si
trova nella sofferenza a motivo della fede vissuta intensamente e
che le pare di non poter conciliare con i riti della attuale
liturgia.
La Messa precedente è stata modificata nella
sua formulazione rituale dal Concilio per tutto il mondo cattolico,
per renderla più comprensibile, specialmente nella parte delle
letture, e per ottenere una partecipazione più attiva e consapevole
da parte dei fedeli. Lasciando da parte alcune deviazioni dovute
all'imprudenza di alcuni e che sono sempre state rimproverate, non
si può negare che il rito attuale sia tale da impegnare maggiormente
il popolo che si sente compartecipe dell'azione sacra. La Messa
precedente non è stata abrogata, ma è tollerata solo per i sacerdoti
ultrasettantenni che celebrino in forma del tutto privata. Quello
che avveniva a San Simeone non era certamente forma privata a
quanto risulta dal numero 40-41 di «UNA VOCE» che lei certamente
conosce, dove si parla di una folla di fedeli e di incontri
regolari e preparati con canti e melodie e propagandati da fogli
ciclostilati.
È questo che il Patriarca non permette e che
giustifica il provvedimento preso, (sic!). Era inoltre del
tutto inopportuno che in una chiesa si tenessero delle celebrazioni
liturgiche contemporaneamente a celebrazioni parrocchiali e che di
esse non fosse informato il parroco. Lei accusa alcuni sacerdoti di
non seguire nel modo di vestire le norme disciplinari della Chiesa:
è una dolorosa verità che fa molto dispiacere anche a noi. Non sono
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mancati severi richiami, ma Lei sa che
viviamo in tempi difficili e che anche per la Chiesa non è facile
ottenere obbedienza come una volta: fanno male e danno il cattivo
esempio, siamo d'accordo! Però Lei sa che non è cosa buona cercare
giustificazione delle proprie mancanze nelle mancanze altrui! Lo
sbaglio degli altri non mi dà diritto di sbagliare! Ciascuno deve
assumere le sue responsabilità senza guardare agli altri il cui malo
esempio non può essere preso a scusante.
Per quanto riguarda l'articolo 54, credo che
Lei si riferisca all'uso della lingua latina in alcune parti
dell'ordinario della Messa: mi consta che in alcune parrocchie
questo si fa e la posso assicurare che noi raccomandiamo moltissimo
che s'impari a cantare almeno il "Credo" e il "Pater" in latino.
Le ripeto il desiderio sincero di poterLa
qualche volta incontrare; in attesa Le rinnovo di cuore i più
cordiali auguri per una Pasqua Santa che le invoco ricca di quelle
consolazioni spirituali di cui Cristo Risorto è unico principio. Mi
creda dev.mo nel Signore.
sac. Giuseppe Bosa
Questo scambio di lettere meriterebbe un
qualche commento se lo spazio ce lo concedesse. Speriamo che si
commentino da sé. Balzerà evidente in ogni modo la cocciuta volontà,
da parte della Curia, di scivolare sugli argomenti principali, di
non rispondere agli interrogativi fondamentali del problema,
eludendo dati precisi affidati a citazioni esatte circa le
prescrizioni del Concilio; la solita tattica di attribuire al
Concilio ciò che il Concilio non ha mai detto, la blanda ammissione
che esistono alcune deviazioni (alcune!) dovute alla
imprudenza di alcuni (alcuni!), quando il mondo cattolico è
ormai una gazzarra di riti uno più bizzarro e irreverente
dell'altro: un quadro pauroso di decadimento liturgico e
devozionale. Esistono pubblicazioni, specie in Francia, che
documentano a centinaia queste "deviazioni", e sono tutte
addirittura raccapriccianti. Altro che alcune deviazioni di alcuni!
Non risponde poi il Patriarcato alla documentata accusa del
Segretario di UNA VOCE di Venezia circa la introduzione del perfido
uso dell'Ostia consacrata data nelle
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mani, nella chiesa di San Giacomo, mentre
errore gravissimo diventa quello compiuto da chi in San Simeon
Piccolo ha assistito con devozione totale alla Santa Messa di
sempre! Questa colpa li avrebbe dovuti mettere nella condizione di
non poter accusare quelli che sfasciano la Santa Tradizione,
pilastro, insieme alla Rivelazione, della religione cattolica... Sta
il fatto che la Curia veneziana è rimasta scandalizzata da una
circostanza lucente come i raggi del sole, e cioè che la Chiesa di
San Simeon Piccolo era affollata di fedeli, piena di una
gente stanca di riti bla bla nei quali non trova spazio la
meditazione ed è impossibile la comunicazione verticale con Dio.
Questo è parso intollerabile alla curia veneziana, perché il rito di
oggi deve adeguarsi alla platealità corrente, con parole, anche
sante parole, ma imposte per riempire meccanicamente un vuoto
che sarebbe assai più santamente riempito dalla meditazione, come
era nel Rito di sempre. Parole e canzoni non genuinamente popolari,
ma canzonette di piccola borghesia detentrice di quella sottocultura
che reca un immenso servizio alla Gerarchia religiosa e politica,
perché è proprio di questa sottocultura, travasata ventiquattro ore
su ventiquattro dalla Rai TV, che essa si vale per imporre il
proprio dominio. Vi è un parallelismo angoscioso, oggi, tra
gerarchia religiosa e gerarchia politica, e proprio a esso dobbiamo
la frana che vorrebbe travolgerci.
Esaminiamo le lettere della curia veneziana.
Non si esce da un dilemma: o sono frutto di una ignoranza
sconcertante, ignoranza di reali possibilità salvifiche e più
umanamente ignoratio animi; o (e questo crediamo) sono lo
specchio di una politica astuta e ottusa insieme, fatto di
deprimente conformismo e soprattutto di profondo ossequio ad ea
quae sunt in mundo. A un tale livello vogliono far rimanere la
Chiesa: al punto massimo di discesa in cui l'hanno portata.
Insorgere, è come battere contro un muro.
Inutile porre davanti ai loro occhi le
storture, le vere deviazioni, i danni pressoché irreparabili recati
dal lassismo tollerato (quando non addirittura incoraggiato), nella
nuova liturgia; l'evidente offesa alla sacralità con le teatrali,
ridicole concelebrazioni; con la introduzione dei dialetti e più
particolarmente con la soppressione di formule, gesti, contegni
carichi di simbologia
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divina durante la celebrazione. Inutile
mettere sotto i loro occhi il deserto evidentissimo che tutto ciò ha
portato nei conventi, nei Seminari, negli Istituti Religiosi, le
vocazioni ridotte quasi a zero... Non fu il Papa regnante a
stigmatizzare questa catastrofe, profetando che la Chiesa andava
verso l'autodistruzione? Non fu lui a prevedere la morte di Dio
nell'animo degli uomini?
Ma è ora di ritornare alla nostra
corrispondenza. Contemporaneamente alle lettere scambiate tra la
Curia e la Segreteria veneziana di UNA VOCE, altri nostri Soci
intervenivano presso il Patriarca, e primo tra essi il Maestro
Durighello con una lunga circostanziatissima lettera in data 28
febbraio, dove rivelava: a) le inesattezze contenute nella
lettera del Patriarca che ordina la soppressione della Messa
tridentina in San Simeon Piccolo; b) la miserabile
orchestrazione scandalistica suscitata contro UNA VOCE da piccoli
sagrestanelli della parrocchia, latranti cagnolini a difesa del
"nuovo corso"; c) le incredibili misure adottate contro un
illustre, anziano sacerdote, reo di aver celebrato la Messa di
sempre; d) il gravoso lavoro fatto a spese dello scrivente
per sgomberare la chiesa dalla immondizia che si era accumulata
durante il lungo abbandono.
Il maestro Durighello così concludeva il suo
rapporto:
Supplico l'E.V. di non negare ai fedeli che
lo desiderano la gioia di poter assistere alla Messa di sempre:
essi, figli devoti di Santa Madre Chiesa, Le saranno infinitamente
grati; qualora invece si volesse infierire contro di essi, si
potrebbero provocare pericolose lacerazioni al tessuto della Chiesa
che oggi sta attraversando tempi calamitosi. Non penso di chiedere
molto: almeno di essere tollerati alla stregua di quelle comunità
cosidette "spontanee", alle quali nessuna Autorità inibisce di
celebrare i riti più strani coi calendari più diversi nelle Chiese
della nostra Diocesi, o alla stregua di quei preti che celebrano
nelle case private le cosidette "Cene eucaristiche" sacrilegamente,
nel nostro Patriarcato e nessuno pubblicamente li condanna. Noi
siamo angosciati nel vedere tutte queste profanazioni impunite. So-
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no certo che V. Eminenza vorrà dare
urgentemente benevolo accoglimento alle suddette istanze: non
penso infatti con questo di onerare V. Eminenza di decisioni
eventualmente spettanti alla Suprema Autorità Apostolica, poiché
sono fiducioso che la Vostra sensibilità saprà trovare la migliore
soluzione in materia di opportunità e di convenienza. Mi chino al
bacio della S. Porpora
Carlo Durighello
Nessuna risposta perveniva a questa lettera
da parte del Patriarca. Silenzio della gerarchia sui fatti
gravissimi denunciati nella stessa Diocesi. La gerarchia non ha
anatemi che per coloro che vogliono salvare la Chiesa a tutti i
costi, e largisce disprezzo e pene per chi non vuole contribuire a
demolirla.
Vivamente preoccupato di una situazione tanto
anormale, interveniva da Roma anche il Presidente di UNA VOCE -
Italia inviando al Patriarca di Venezia la seguente lettera:
«UNA VOCE» ITALIA
Roma, 8 marzo 1978
Eminenza Reverendissima,
siamo al corrente - e questo ci addolora - di
un atto di forza promosso contro gli amici veneziani di UNA VOCE, i
quali, raccolti in San Simeon Piccolo, assistono con somma devozione
alla Santa Messa, quella che fino a pochi anni fa tutti i Pontefici
hanno celebrato per secoli; quella che il Concilio dogmatico di
Trento ebbe a stabilire perpetuo valitura comminando pene e
anatemi severissimi contro chi avesse osato mutarla.
Fedeli a questi comandamenti, che sono i
comandamenti della Chiesa, gli appartenenti a UNA VOCE mentre
assistono terrorizzati allo sfasciamento del Cattolicesimo ad opera
di una quotidiana usurpazione di valori attraverso inaudite
dissacrazioni, non possono spiegarsi come queste restino impunite e
la persecuzione si abbatta invece sull'unica parte della Cattolicità
rimasta
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a guardia della Santa Tradizione. Ciò non può
essere opera che di un fanatismo turbolento, sul quale sospendiamo
peraltro ogni ulteriore giudizio.
Noi domandiamo - e siamo in numero crescente
- che le cosidette riforme, quanto mai concessive riguardo ai riti
più stravaganti, riconoscano anche il carattere profondamente
devozionale e profondamente rispettoso dell'autorità papale - in
quanto Capo della Chiesa cattolica apostolica romana, - con il quale
gli aderenti di tutto il mondo alla nostra Associazione si pongono
di fronte alla Messa di sempre, senza polemiche, senza risentimenti,
giacché illustri teologi, liturgisti e canonisti, tra i quali non
pochi eminentissimi Cardinali, hanno riconosciuto che il Rito
codificato da S. Pio V non potrebbe in nessun modo essere abolito
senza produrre grave scandalo negli stessi ordinamenti della Chiesa.
Ci rivolgiamo quindi alla Eminenza Vostra
Reverendissima perché, guardando al di là di generiche, non
dogmatiche, anzi transeunti disposizioni, voglia concedere anche
agli amici veneziani il diritto di pregare al modo dei nostri padri.
Le domandiamo di fermare l'azione inconsulta di qualche povero
parroco esaltato da uno zelo assolutamente mal posto. Sa il Cielo
quale indimenticabile sensazione di giubilo ritrarrebbe la Eminenza
Vostra se si degnasse di assistere alla Santa Messa celebrata in San
Simeon Piccolo; quale edificante speranza di cose migliori potrebbe
letificare l'Eminenza Vostra, osservando, come noi abbiamo potuto
osservare, la profonda devozione, il contegno irreprensibile e la
totale dedizione alla Luce divina con la quale i fedeli di sempre
assistono alla Messa di sempre.
La persecuzione di costoro non fa che
inasprire ulteriormente gli animi dei colpiti in modo così ingiusto
e spietato, aprendo la strada verso pericolosissime dissidenze che,
come può bene immaginare, noi vogliamo assolutamente evitare.
Per questo confidiamo che la carità cristiana
che non può non illuminare la Eminenza Vostra dia un valido segno
della propria forza concedendo agli Amici veneziani di compiere le
loro devozioni secondo il rito perpetuo valituro della Santa
Chiesa Cattolica apostolica romana.
Con questi sentimenti di buona speranza
chiedo alla Eminenza Vostra Reverendissima di accogliere il mio
profondo ossequio.
Il Presidente
Carlo Belli
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CURIA
PATRIARCALE DI VENEZIA
Venezia,
31 marzo 1978
Egr. Signore,
il Patriarca mi ha passato la sua lettera in
data 8 marzo 1978 u.s. pregandomi darle risposta.
Il provvedimento preso dal Patriarca non è
contro il sac. don Cisilino, al quale è sempre concesso di celebrare
la Messa more antiquo, ma è motivato dal fatto perché ciò
dava occasione alla partecipazione di "una folla di fedeli" (vedi
UNA VOCE numero 40-41 dicembre 1977), e alla celebrazione di altre
funzioni con apposito calendario.
Questo non può essere consentito e tanto più
è sconveniente in quanto avveniva nell'ambito di una parrocchia e
contemporaneamente alle funzioni parrocchiali. Quanto avveniva a San
Simeone era contrario alla riforma liturgica voluta dal Concilio ed
il Patriarca non poteva permetterla senza mancare al suo dovere di
vigilanza sulla attuazione del Concilio: ci sono, è vero anche altre
mancanze in senso opposto da parte di preti di avanguardia... ma
anche contro questi non sono mai mancati i giusti provvedimenti.
Procuri, egr. Signore, di voler benevolmente
comprendere i motivi che hanno mosso il nostro Patriarca a prendere
questi provvedimenti che non ammettono deroghe, e di accettarli con
quello spirito di fede che balza evidente dalla sua lettera e per il
quale vivamente mi compiaccio. Voglia gradire i miei ossequi.
sac.
Giuseppe Bosa
Vic. Gen.
Un muro. Un muro di ostinate inesattezze e
menzogne - la nuova liturgia voluta dal Concilio! una
barriera di cocciuti luoghi comuni, una volontà decisa di seppellire
la Tradizione in nome di una più stretta adesione ai tempi
calamitosi in cui il mondo si trova! Non siamo mai stati per la
polemica. Le polemiche lasciano il tempo che trovano perché quasi
sempre sono fatte di parole. Stiamo ai fatti. La Curia veneziana,
con tutto il rispetto che si può sentire per essa in quanto
gerarchia ecclesiastica, compiva il grave errore di adeguarsi alle
cose del mon-
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do, come purtroppo si fa in altre diocesi.
Trema al pensiero che "una folla di fedeli" possa assistere
alla Messa di sempre, vale a dire eserciti la propria devozione a
ciò che è stato ritenuto santo e sacro per venti secoli, e oggi non
dovrebbe esserlo più. Tremava di fronte alla evidenza dei fatti, ma
si ostinava in una inutile persecuzione.
È un segno di debolezza. Premono ondate di
giovani contro il fortilizio che è stato sconsideratamente eretto.
Giovani bene istruiti, bene organizzati, irritati contro rivoluzioni
di parole fatte passare per ordinamenti conciliari. Ma chi pone più
fede a questo qui-pro-quo? Riconfermiamo il nostro rispetto
alla gerarchia patriarcale veneziana, ma nulla c'impedisce di porre
un grave dubbio sulla efficienza pastorale del Patriarca.
da: C. BELLI,
Altare deserto. Breve storia di un grande sfacelo, Roma, Volpe,
1983, pp. 75-88; la nota era uscita, a firma Apollodoro, in
«Una Voce Notiziario», 42-43 (1978), pp. 14-19.
LINK UTILI
Blessano (Udine), parrocchia di S. Stefano
Protomartire, messa di requiem il 6 marzo 2012
ore 18:30
Messa solenne di requiem per don Siro Cisilino
alla parrocchia di Blessano di Basiliano
20° anniversario di don Siro Cisilino, requiem a
Venezia e in Friuli
XIX anniversario di don Siro Cisilino: la fedeltà
alla vera messa. Solenne requiem organizzato da Una Voce Udine,
Pordenone e Venezia
Don Siro Cisilino restauratore del culto
tradizionale, di don Ivo Cisar
Don Siro Cisilino
(1903-1987) e la messa tridentina a Venezia, di Paolo Zolli
Vita dell'Associazione. Fondazione di Una Voce Venezia (Una Voce
Notiziario, 40-41, 1977)
La chiesa di S. Simon Piccolo a Venezia
Siro Cisilino, Stampe e manoscritti preziosi e
rari della Biblioteca del Palazzo Giustinian Lolin a San Vidal,
1966
Rassegna Veneta di Studi Musicali VII-VIII (1991-1992) Indice