Messe latine antiche nelle
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RECUPERO DELLA TRADIZIONE
La messa fai da te è finita,
andate in pace
In autunno un nuovo documento del cardinale Ratzinger: liturgie "moderne", musiche inadatte, preghiere anomale non saranno più permesse. Tornerà il canto gregoriano. E per il latino...
di Alessandra Borghese
La "messa fai da te" ha i giorni contati. Le cerimonie "personalizzate" in cui non pochi sacerdoti si sono sbizzarriti (e si sbizzarriscono tuttora) a colpa di rituali stravaganti, musiche inadatte, omelie e preghiere anomale, dovranno fare i conti con un nuovo e fermo altolà. Dopo l'enciclica sull'Eucarestia firmata da Giovanni Paolo II il giovedì di Pasqua, un nuovo e importante documento sta per essere varato dalla Santa Sede. Riguarda le deviazioni dalla liturgia da parte del clero e vedrà la luce nel prossimo autunno. Se la stessa enciclica sull'Eucarestia è stata interpretata in questi giorni come un richiamo all'ordine nella denuncia dell'impoverimento e della banalizzazione di aspetti fondamentali nella somministrazione del sacramento, la nuova iniziativa si muove nella stessa direzione: ridare dignità e spessore al senso del sacro nelle celebrazioni.
Il cardinale Arinze, africano, dallo scorso 1° ottobre prefetto della Congregazione per il culto divino, e il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto dell'ex Sant'Uffizio, sono al lavoro per comporre un elenco di istruzioni che non lascerà spazio alle libere interpretazioni. Lo stesso Arinze, incontrando i fedeli americani in un recente viaggio negli Stati Uniti, era stato chiaro: "Ci sono dei bravi sacerdoti, di certo in buona fede, che la sera prima pensano a come inventarsi la messa del giorno dopo con procedimenti e idee che non hanno riscontro nei testi liturgici. Dobbiamo tornare alle regole". L'obiettivo di Arinze e di Ratzinger, che agiscono su preciso mandato del Santo Padre (e proprio Ratzinger è stato chiamato in causa in questi giorni per il tono e i contenuti dell'enciclica sull'Eucarestia), è tra l'altro di recuperare il patrimonio della tradizione messo in ombra da certa disinvolta pastorale del post Concilio., rivalutare l'uso del latino anche attraverso un graduale recupero del canto gregoriano, ridare slancio al senso profondo della sacralità e del Mistero.
Perché questa inversione di tendenza? Gli inviti più pressanti sono venuti dall'Asia e soprattutto dall'Africa. Ma a insistere per un ritorno allo spirito della tradizione sono soprattutto le nuove generazioni. "Il senso del sacro affascina i giovani" fanno osservare in Vaticano, "la banalizzazione della liturgia provoca in loro un senso di rigetto. Certe esagerazioni del post Concilio hanno messo troppa enfasi sul piano meramente sociale e umano: oggi bisogna ritrovare un giusto equilibrio tra l'umano e il divino, riconoscendo gli errori. Si è saputo di casi in cui era stata negata la comunione a fedeli che desideravano riceverla in ginocchio. Si è arrivati perfino a demonizzare la celebrazione in latino come se esso fosse stato il male assoluto".
Le parole d'ordine sono "recupero" e "ritorno". Del resto, fu lo stesso Paolo VI nella lettera apostolica Sacrificium laudis del 1966 ai "Superiori generali delle comunità religiose con obbligo di coro" a porre un interrogativo che oggi, a distanza di 37 anni, sembra tornare di monito anche per il futuro: "Gli uomini desiderosi di sentire le sacre preci entreranno ancora nei vostri templi, se non risuonerà più l'antica e nativa lingua di quelle preghiere, unita al canto pieno di gravità e bellezza?".
da "Panorama", 1° maggio 2003
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