Messe latine antiche nelle
Venezie
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In margine al film di Gibson
sulla passione di Gesùdi don Ivo Cisar
Sorprende che molta gente solo dopo l'uscita del film di Mel Gibson stia scoprendo la passione di Gesù, quasi non l'avessero mai prima considerata e meditata; colpa anche di una predicazione unilaterale e difettosa e dell'attuale liturgia che non mette bene in risalto il sacrificio della croce compiuto per la nostra redenzione dai peccati; mentre i racconti della passione si leggevano ogni anno in tutte e quattro le versioni evangeliche, la riforma liturgica postconciliare, invece di rendere la lettura della Sacra Scrittura più abbondante (SC 35/1), l'ha impoverita, accorciando e diluendo le letture bibliche in un ciclo triennale. Su molti altari (trasformati in mense) oggi manca il crocifisso. Le Vie crucis nelle chiese erano costituite da quadri completi eloquenti, a differenza di quelli scarni, spesso simbolici odierni che non aiutano la fantasia. La Via crucis poi non veniva politicizzata e trasformata in marce pacifiste, né le veniva appiccicata, com'è invece di moda, la "XV stazione", quella della Risurrezione che annulla il silenzio di attesa del Sabato Santo.
1. Come quasi tutti i film "biblici", il film di Gibson introduce elementi soggettivistici e non corrisponde in tutto ai dati obiettivi storici che si ricavano dai vangeli, dalle scienze bibliche e anche dalla sacra Sindone, che, garantita ormai da certezze scientifiche inoppugnabili, ci informa su molti particolari della passione e morte di Gesù, in piena corrispondenza coi dati risultanti dai vangeli.
2. Ancora una volta, come nelle polemiche intorno all'azione di Pio XII, si tende pretestuosamente, conformemente alla mentalità corrente, a politicizzare la passione di Cristo sviando l'attenzione su un presunto antisemitismo. La sana teologia insegna a distinguere: a) la colpa spirituale (teologica) della passione e morte di Gesù Cristo è dei peccati umani, quindi di tutto il genere umano (1Cor 15,3; 1Pt 2,24); la stessa Madonna è stata redenta da Gesù, con quella differenza che a noi la redenzione operata da Gesù viene applicata mediante la liberazione dai peccati che ci vengono rimessi nei sacramenti grazie al sacrificio di Gesù, mentre alla Madonna la redenzione è stata applicata preventivamente, nell'Immacolata Concezione, per modo di preservazione dal peccato originale e da quelli personali, sempre in virtù della grazia divina meritata da Gesù. b) Colpa (responsabilità) morale della passione e morte di Gesù Cristo è del popolo ebraico nella sua grande parte (NA 4e: le autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperati per la morte di Cristo [Gv 19,6]) che ha voluto e chiesto la sua uccisione mediante la crocifissione - san Pietro è esplicito: che voi avete crocifisso (At 4,10) - assumendosene la responsabilità con le parole: Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli (Mt 27,25). c) Colpa per così dire giuridica è da ascriversi a Ponzio Pilato, con quella riserva che egli aveva deciso di liberarlo, come attesta san Pietro (At 3,13).
3. Scrivendo per una seconda volta del film di Gibson sul settimanale diocesano "Il Popolo" di Pordenone (18 aprile 2004, p. 1 e 18), il sacerdote parroco Toni Zanette lo accosta alle rappresentazioni medievali, che piacerebbero ad una Chiesa lacrimosa e orgogliosa, sprezzante verso la liturgia del postconcilio, bisognosa di una oscurità densa nella quale sentire di nuovo sgocciolare sangue e dolore, mentre la recente riforma liturgica avrebbe ricuperato la serenità con l'accento posto sulla risurrezione di Cristo che ridona la speranza. In realtà la risurrezione di Cristo è frutto del Suo sacrificio della croce, per cui la Chiesa canta O Crux, ave, spes unica, mentre la riforma liturgica postconciliare ha messo in sordina proprio l'aspetto centrale sacrificale della redenzione e della santa messa, ribadito, invece, da Giovanni Paolo II nel capitolo I dell'enciclica Ecclesia de Eucaristia.
La passione e morte di Gesù, venuto per dare la sua vita in riscatto per molti (Mt 20,28) è stata un martirio crudele, dovuto alla ben nota atrocità della crocifissione, preceduta dal sudore di sangue, dalla flagellazione, con l'aggiunta della coronazione di spine. Sarebbe bene se molte persone conoscessero la sacra Sindone che fornisce dettagliate informazioni sulla sofferenza di Gesù, per pentirsi dei propri peccati, per i quali il nostro Signore ha subito la passione e la morte, salario del peccato (Rm 6,23) che Egli prese su di sé (Gv 1,29) in obbedienza al Padre (Fil 2,8) a nostro favore (2Cor 5,21); Egli lo fece volontariamente (Gv 10,17-18; Is 53,7/lat: Oblatus est quia ipse voluit), e per quella volontà noi siamo stati santificati (Eb 10,10). E per cercare poi in Cristo risorto la remissione dei peccati (Gv 20,23), in quanto Gesù è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione (Rm 4,25), di modo che grazie alla sua opera di soddisfazione alla giustizia divina per i nostri peccati questi ci vengono rimessi dalla misericordia di Dio a partire dalla risurrezione di Cristo (cfr. Gv 20,19-23). La messa tridentina tiene in equilibrio i due elementi essenziali del mistero pasquale, la morte e la risurrezione.
Proprio nell'ultime due domeniche precedenti la Settimana Santa, il 28 marzo e il 4 aprile 2004, la televisione ha trasmesso dalla chiesa di S. Marco a Milano, dove risuonò per la prima volta il Requiem di Giuseppe Verdi, il grandioso Stabat Mater di Antonín Dvorák per soli, coro ed orchestra, dalla durata di circa un'ora e mezza, che unisce una mestizia e dolore intensi con la più grande serenità, nella partecipazione al dolore della Madre di Cristo e nostra, espresso mirabilmente nella sequenza di Jacopone da Todi, presente nella messa tridentina. Il concerto fu diretto dal celebre direttore d'orchestra tedesco Wolfgang Sawallisch che tesse i più alti elogi di quella musica; ne esiste un'edizione diretta dal compianto Giuseppe Sinopoli; dopo i grandi maestri boemi Václav Talich, Václav Smetácek e Rafael Kubelík, questi ed altri hanno fatto conoscere quella geniale composizione che aiuta a meditare piamente la passione e morte del nostro Redentore, nella prospettiva della gloria eterna, grazie alla maestria e profonda fede cattolica di Dvorák, del quale scrisse una biografia anche l'arcivescovo di Praga, card. Giuseppe Beran di venerata memoria.
Nella sequenza Stabat Mater si chiede: Fac, ut portem Christi mortem, passionis fac consortem et plagas recolere. San Paolo dichiarava: io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo (Gal 6,17). San Francesco d'Assisi, stigmatizzato, quasi perdette la vista a La Verna a forza di piangere meditando assiduamente (come raccomanda poi sant'Alfonso de' Liguori) la passione di Gesù.
Oltre alla liturgia tradizionale e alla vera arte musicale fanno meditare salutarmente la passione di Gesù anche le stimmate sanguinanti, portate per cinquant'anni da san Pio da Pietrelcina (che era figlio spirituale di san Francesco d'Assisi e prediligeva san Paolo) e la Via crucis dello scultore Francesco Messina che si trova sulla collina di San Giovanni Rotondo (Padre Pio vi è raffigurato come Cireneo), dove si vedono praticarla molti gruppi di fedeli, mentre in una serie di vetrine in un corridoio dietro la tomba di Padre Pio si trova disegnata in tutti i precisi dettagli storici, ricavati dalla sacra Sindone (su cui esistono molte pubblicazioni), la passione redentrice del nostro Signore, di cui Padre Pio fu immagine vivente nel celebrare, con intensa partecipazione ed immedesimazione, il sacrificio eucaristico, nel quale si rinnova sull'altare quello della croce, e nell'amministrare nel sacramento della penitenza il perdono dei peccati che ne scaturisce.
C'è da chiedersi se si vuole esaurire tutto in una chiassosa, banale e sterile polemica che si concentra e termina in un film che ha suscitato un grande interesse e soprattutto incasso, o se si vuole entrare in un rapporto personale con Gesù Cristo, nostro Redentore, ripetendo con san Paolo: Il Figlio di Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me (Gal 2,20).
Grazie a Dio dopo la visione del film alcuni si pentono e convertono, come il buon ladrone, il centurione e le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto (Lc 23,41.47.48). Non è un film-horror come quelli che vanno di moda oggi per compiacersi della violenza, ma un film che aiuta a riscoprire l'orrore del peccato, specie quello dell'apostasia (di cui parla il Santo Padre nell'enciclica Ecclesia in Europa, 9), con cui molti crocifiggono di nuovo il Figlio di Dio (Eb 6,6). Il beato padre Marco d'Aviano OFMCap (1631-1699), si diffonde con dovizia di particolari, nel suo opuscolo Gravità del peccato mortale (9), sui patimenti di Cristo crocifisso, che ci fanno capire l'infinita gravità del peccato, e ci insegna l'Atto di dolore, per una buona confessione sacramentale.
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Inserito il 22 aprile 2004
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