Messe latine antiche nelle
Venezie
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Lettera del
prof. dott. Joseph Ratzinger
al prof. dott. Wolfgang Waldstein
Università di Ratisbona, 14-12-1976
Egregio Collega Waldstein,
tante grazie della Sua cortese lettera!
Per arrivare subito al sodo: secondo la mia opinione si dovrebbe ottenere il permesso, per tutti i sacerdoti, di potersi servire, anche in futuro, dell'antico Messale, a patto che riconoscano la validità pure del nuovo Messale. Precetti, certo necessari per la ragione dell'ordine e per scansare le confusioni, dovrebbero essere concepiti in modo da permettere la più vasta libertà nell'uso del vecchio Messale.
Per spiegarle meglio il mio punto di vista, includo la fotocopia della lettera, da me diretta, prima della prima domenica di Quaresima, al Cardinale Volk, che tratta del problema del Messale. Purtroppo le cose erano già andate così lontane che non si è vista la possibilità di accettare le mie proposte che il Cardinale Volk sembra avere giudicate giuste.
A proposito, si deve ricordare che la maniera di introdurre il nuovo Messale si allontana dalla prassi giuridica del passato, così come San Pio V l'ha per esempio osservata per la sua riforma del Messale, che prevedeva esplicitamente che una "consuetudo" osservata da più di 200 anni "nequaquam auferimus"; quindi, per dare alcuni esempi, a Colonia e a Treviri, fino al 18.mo secolo, e a Milano, fino al Vaticano II, rimase in uso un altro tipo, come pure nell'Ordine Domenicano; e sarebbe facile di trovare altri esempi. Con ciò, il Messale "di Pio V" non era un Messale nuovo, ma una forma del Messale romano in uso nell'urbe, pochissimo corretto secondo le fonti, vale a dire, null'altro, dunque, che un cerchio di crescita del vecchio tronco, sviluppatosi in linea diretta, secondo un processo che data dai tempi di Yppolito (sic). Perciò trovo che il parlare di "Messa Tridentina" e del "Messale di Pio V" è storicamente falso e teologicamente fatale. Il problema del nuovo Messale sta, al contrario, nel suo abbandono di un processo storico sempre continuato, prima e dopo S. Pio V, e nella creazione di un volume del tutto nuovo, sebbene compilato con materiale vecchio, la cui pubblicazione s'accompagnò a un tipo di divieto di ciò ch'era stato prima, divieto per altro sconosciuto nella storia giuridica e liturgica, lo posso dire con sicurezza, basata sulla mia conoscenza dei dibattiti conciliari e sulla reiterata lettura dei discorsi fatti dai padri conciliari, che ciò non corrispose alle intenzioni del Concilio Vaticano II. È vero che riesce difficile di pronunciarlo oggi e di difenderlo, perché si potrebbe scambiare questa posizione con quella in realtà totalmente diversa di Lefebvre che nega ogni possibilità di crescita, e con ciò si mette in contraddizione non solo con S. Pio V, ma col principio del potere papale e vescovile. [S. E. Ratzinger sembra, qui, non riconosca la posizione di ogni tradizionalista e, naturalmente, anche di Mons. Lefebvre, consapevoli che la Liturgia Viva, cresce e si sviluppa sempre, e come un albero rigoglioso ha anche bisogno di essere potata a suo tempo - quello appunto che fece S. Pio V e fece S. Pio X - ma non di essere tagliata alla radice, come è successo nell'epoca postconciliare - n.d.r. di "Chiesa Viva"). Perciò, mi sembra importante di sottolineare la validità giuridica del nuovo Messale, premessa la quale si può domandare che il tipo di divieto (dell'antica liturgia) contrario alla Tradizione venga riveduto, e che lo sviluppo della crescita possa riprendere in linea diretta. Allora si potrà attendere che il nuovo Messale ritorni nell'alveo del Messale antico, non essendo altro, in questo caso, che uno stadio della crescita. D'altronde, la pietrificazione dell'antico Messale sarebbe a lungo andare la sua morte, sicché si deve desiderare che sia chiamata a prendere nuovamente parte alla viva evoluzione liturgica... Seguono saluti e firma.
Joseph Ratzinger
(La lettera si trova nell'appendice di un libro - sotto forma di una lettera aperta - del prof. Waldstein di imminente pubblicazione)*.
da "Chiesa Viva" n° 140, 1984, p. 6
* La alquanto sibillina annotazione aggiunta dalla redazione di "Chiesa Viva" tra parentesi in calce alla lettera non risulta del tutto esatta: infatti, il libro in forma di lettera aperta di W. Waldstein è certamente Hirtensorge und Liturgiereform. Eine Dokumentation (Schaan/Liechtenstein, 1977), ed è rivolto a mons. Karl Berg, all'epoca arcivescovo di Salisburgo. Ora nell'appendice (pp. 157-202) il testo di questa lettera non è dato trovarlo, ma nel corso del libro Waldstein ne cita alcuni brani, facendo riferimento a una lettera a lui scritta da "un noto teologo", di cui non rivela il nome (p. 14 "wie mir ein bekannter Theologe schrieb"; 151 "das schrieb mir der oben erwähnte Theologe in dem dort genannten Brief"). Comunque il libro è uscito nel 1977, quindi al momento in cui "Chiesa Viva" pubblica la lettera, il 1984, esso non è "di imminente pubblicazione", ma già pubblicato da anni. Anche diversi anni dopo la pubblicazione della lettera su "Chiesa Viva", Waldstein continuò a menzionarla e citarla tacendo il nome del suo Autore (cfr. Waldstein, Sul "motu proprio" Ecclesia Dei, trad. it., in "Instaurare" 3/1991, pp. 4 s.). In un articolo più recente (Waldstein, Zur Frage der normativen Qualität des Verbots des Missale Romanum von 1962, in "Rundbrief Pro Missa Tridentina" Nr. 31, März 2006, pp. 4-13), invece, la cita come una lettera a lui scritta dal card. Ratzinger già nel 1976 ("als Kardinal Joseph Ratzinger bereits 1976 als Professor mir geschrieben hat"). Il contenuto della lettera, peraltro, viene sostanzialmente in gran parte ribadito dall'Autore nelle sue memorie (J. Ratzinger, La mia vita: ricordi (1927-1977), Cinisello Balsamo, 1997, pp. 110-113). F.M.
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Inserito il 4 aprile 2007
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