Messe latine antiche nelle
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Oggi, 25 giugno, nell'antico calendario liturgico proprio del Patriarcato di Venezia - peraltro ancora in vigore per la celebrazione della messa con il messale del 1962 -, ricorre la festa dell'apparizione (o "invenzione") di san Marco. La festa è poi stata abolita dopo il Concilio, anche se i precedenti storici di questa abolizione sono abbastanza remoti. Ma la Repubblica non consentì mai che fosse tolta la memoria del glorioso miracolo avvenuto il 25 giugno 1094. Si riporta qui una pagina di Silvio Tramontin, tratta dalla Biblioteca Agiografica Veneziana, sui fatti e le relative testimonianze. Il Coordinamento di Una Voce delle Venezie, per il suo statuto, invoca san Marco nel giorno della sua apparizione: secondo le testimonianze il corpo dell'Evangelista apparve rivestito dei paramenti sacerdotali "come se stesse per cantar messa", la messa di quella tradizione liturgica in cui ci riconosciamo e che intendiamo salvaguardare e promuovere.
Una Voce Venetia
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L' "inventio" di san Marco
di Silvio Tramontin
Ma le vicende del corpo di san Marco non erano ancora finite.
La primitiva chiesa a pianta centrale e anche ornata di affreschi o mosaici "multis ac variis coloribus" se vogliamo stare al racconto della "translatio" era andata distrutta durante l'incendio scoppiato nel 972 in seguito ad una rivolta popolare contro il doge Pietro Candiano IV e si era anche perduta ogni memoria circa il luogo ove la preziosa reliquia poteva essere stata posta anche perché esso era stato tenuto nascosto e noto a pochi per paura di un furto. Bernardo Giustinian, scrivendo quattro secoli dopo gli avvenimenti, riferirà una diceria che egli definirà però ingiusta: circolavano voci che c'era stato un furto delle sacre spoglie quasi a contrappeso del furto veneziano "ut quem aliunde sustulimus is furtim quoque fuerit a nobis ablatus". I veneziani sono disperati per tale fatto, tanto più che la nuova basilica è già ricostruita e sarebbe proprio un peccato aver perduto colui per il quale quella reggia era stata fabbricata. Dopo varie e inutili ricerche allora, nel giugno del 1094 il doge Vitale Falier stabilisce un digiuno di tre giorni con processione solenne nel quarto perché Venezia possa riavere il suo tesoro. Nei documenti locali è raccontato il fervore del popolo che invoca con preghiere e lacrime il miracolo. E il prodigio si compie. Le pietre di una colonna "calloprecia" ("ea est columna pluribus ex lapidibus compacta" come avverte Bernardo Giustinian, quasi a rendere più facile e comprensibile il miracolo e concordando del resto con i cronisti più antichi) a poco a poco si smuovono, cadono e lasciano apparire l'arca dove si trovava la salma. Un manoscritto anonimo del millecento e quindi contemporaneo precisa che si trattava di una delle poche colonne rimaste dell'antica chiesa e che il fatto avvenne il 25 giugno.
Altri miracoli fioriscono attorno a questo; un profumo meraviglioso che si spande nella basilica, un'indemoniata guarita al tocco dell'arca, naufraghi scampati da morte sicura, etc. Dal 25 giugno all'8 ottobre, se vogliamo prestar fede al monaco autore della "Translatio Sancti Nicolai" (sec. XII), il corpo rivestito dei paramenti sacerdotali, "totus integer et paratus quasi missam cantaret" (ancora tutto intatto e come se stesse per cantar messa), rimase esposto alla venerazione dei fedeli e l'ultimo giorno fu recato processionalmente nella cripta della splendida chiesa che, dopo essere stata ricostruita da capo a fondo dal doge Domenico Contarini (1043-1071), e ornata di mosaici dal doge Domenico Selvo (1071-1084), poteva essere solennemente consacrata (8 ottobre 1094). In quell'occasione furono anche coniate alcune monete col nome dell'imperatore Enrico IV, il simbolo del leone e l'iscrizione "Anno incarnacione ihesu xpi millesimo nonagesimo quarto die octavo inchoante mense octubrio tempore vitalis Faletri ducis" (alcune furono trovate nel 1811 quando si fece la ricognizione del corpo).
L'iscrizione del tempo, in caratteri romani, nella cornice di marmo rosso, sotto la ringhiera della navata principale poteva ben asserire
ISTORIIS AURO FORMA SPECIE TABULARUM
HOC TEMPLUM MARCI FORE DIC DECUS ECCLESIARUM(Puoi ben dire che questo tempio di san Marco per la bellezza e l'eleganza dei suoi mosaici, delle storie che vi sono rappresentate e dell'oro che vi risplende è la più bella delle chiese).
da Silvio Tramontin, San Marco, in Culto dei Santi a Venezia, “Biblioteca Agiografica Veneziana 2”, Venezia, Studium Cattolico Veneziano, 1965, p. 57 s.
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Inserito il 25 giugno 2004
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