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I patroni di Venezia
di Antonio Niero
I
criteri che stanno alla base della scelta dei santi patroni veneziani
sono in via ordinaria gli stessi che si riscontrano nelle altre città
del medioevo occidentale, ed italiane in specie ma con particolare
accentuazione dell'aspetto politico a Venezia, dovuto sia alla coscienza
di sentire la religione inserita al vivo nel ritmo della vita pubblica,
sia alla mentalità tipica della società veneziana, tale da costituire
una sorta di chiesa nazionale, secondo il rilievo ormai classico dello
storico tedesco Kretschmayr e ripreso più o meno da tutti gli altri. La
persuasione sull'efficiacia del loro patrocinio, sì da costituire la
sicurezza della indipendenza e libertà nazionale viene espressa così dal
Sansovino, pur parlando dei corpi santi in generale: " ... diremo di
luoghi sacri all'intorno, dedicati a diversi Santi, i quali senza alcun
dubbio da veri amici di Dio la conservano con le preghiere presso sua
Divina Maestà, intatta da gli fortunii del mondo et nella sua sempre
eterna libertà: essendo molto più sicura la guardia celeste che la
terrena delle fortezze e delle muraglie" (Venezia ... p. 76r;
p. 2r concetto delle isole come fortezze).
I
patroni specifici di Venezia accompagnano la sua storia: così si dica
dell'Annunciata, così di S. Antonio di Padova, considerato tale nella
guerra di Candia; di S. Marina, a cui si ascriveva la riconquista di
Padova nella guerra di Cambrai, di S. Teodoro, che aiutò la città nella
guerra antigenovese o di Chioggia. Così si veda per quei santi che senza
figurare fra i patroni ufficiali, acquistarono un significato pressoché
identico, come S. Giustina, festeggiata con solennità peculiare, poiché
nel suo giorno 7 ottobre 1571, era stata riportata la splendida vittoria
a Lepanto. Altri sono collegati alle origini e vita stessa della città:
ad esempio S. Marco che è simbolo di Venezia, e poi S. Teodoro, almeno
secondo la leg-
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genda, i SS. Ermagora e Fortunato, S. Magno, S. Pietro
Orseolo, S. Lorenzo Giustiniani, S. Pio X. Altri divennero tali per
circostanze di calamità pubbliche, come S. Rocco, invocato contro la
peste. Tuttavia per alcuni ci furono motivi di pietà disinteressata,
come S. Giuseppe, S. Filippo Neri, S. Giovanni Nepomuceno, S. Francesco
d'Assisi, S. Bernardino da Siena. Dal punto di vista storico la maggior
ufficialità dei patroni si riscontra nel corso del 1600 e 1700: nel 1600
da parte dello Stato, segno pur questo della pietà veneziana del secolo,
per quanto stimolata dalle gravi vicende esterne, tipo la guerra di
Candia; nel 1700, da parte dell'autorità patriarcale. Infatti il decreto
del patriarca Bragadin del 1764 sancisce per gran numero di santi il
titolo di patroni. Una flessione nella festività dei santi, quindi dei
patroni, si ebbe nel secondo 1700, durante l'ondata laicista in Venezia,
con la riduzione delle feste di precetto ottenuta dalla Santa Sede nel
1787: ad esempio S. Giuseppe, S. Anna, S. Michele.
Poi il
crollo della Repubblica nel 1797 segnò la crisi del loro culto. Ed è
ovvio, se erano sentiti quale manifestazione della religione dello
Stato. Lo rileviamo nel riordino del Calendario Diocesano disposto nel
1839 dal patriarca Monico: nelle "animadversiones" della Congregazione
dei Riti si fa notare il fatto di culto ai Santi legato ad aspetti
strettamente politici. Tuttavia non furono soppressi per sempre: essi
sono rimasti e rimangono ancora, per cura dei patriarchi (in modo
speciale del Card. Pietro La Fontaine, 1915-1935) a testimoniare che se
Venezia è finita nel 1797 come realtà politica, continua senza
interruzioni, identica a quella del passato, come realtà religiosa.
Ancora una volta la religione significa un fatto sociale e culturale
oltretutto, che vincola e salva i valori di una civiltà.
I santi
patroni attuali della città e patriarcato sono divisi in principali e
meno principali. Tre sono i principali: L'Annunciazione, S. Marco, S.
Lorenzo Giustiniani. Quindici i meno principali: cioè S. Antonio di
Padova; S. Bernardino da Siena; SS. Ermagora e Fortunato; S. Filippo
Neri; S. Francesco d'Assisi; S. Giovanni Nepomuceno; S. Giuseppe; S.
Magno; S. Marina; S. Pietro Orseolo; B. Pietro Acotanto; S. Pio X; S.
Rocco; S. Teodoro di Amasea; S. Teodoro di Eraclea.
L'Annunciata.
Prima patrona secondo la tradizione locale è la Vergine Annunciata,
con festa il 25 Marzo. È ormai
dimostrato leggendario il documento sulla fondazione di Ve-
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nezia il 25 Marzo del 421 d. C., da parte dei consoli padovani,
inserito nella cronachetta quattrocentesca del medico patavino
Iacopo Dondi (Cessi, Doc. I, p. 1.). La tradizione peranco può
risalire al secolo XII, o tutt'al più al XI, quando s'inizia la
datazione dei documenti: ab Incarnatione, come ritiene il
Gallicciolli e quando appare il titolo delle chiese di Zobenigo
(1089) e l'Annunciata (1030). D'altronde la notizia della
celebrazione di Messa solenne in S. Marco nella festa
dell'Annunciazione, da parte di Papa Alessandro III nel 1177, su
richiesta del Doge e della Signoria, può insinuare che sin d'allora
si desse peculiare significato alla celebrazione come Dies natalis
di Venezia: d'altra parte il rilievo sulla facciata della Basilica
di S. Marco, dei sec. XII-XIII, che rappresenta la scena, convalida
la coscienza del patrocinio dell'Annunciata in questo tempo.
Nella Cronica del Dandolo è ormai pacifico la fondazione della città
in codesto giorno: di qui la notizia passò in Bernardo Giustinian,
nelle Vite dei Dogi del Sanudo, che vi aggiunse pure l'oroscopo
astrale, desunto dalle Cronache, nel Sabellico, che accentua il
rapporto con il mistero dell'Incarnazione, quasi voglia far presente
l'origine preterumana della città, come si dirà poi apertamente nel
corso del seicento nella piena consapevolezza del suo mito; in
Francesco Sansovino, il quale si dilunga nel dimostrare le ragioni
augurali del giorno e del mese con precise notizie topografiche.
Secondo lui, il fuoco appiccatosi in Rialto nel 418 presso la casa
di Entinopo di Candia, si spense per voto degli abitanti formulato a
S. Giacomo apostolo di erigergli una chiesa, costruita nel 421 e
consacrata il 25 marzo dello stesso anno o del seguente, dai vescovi
Severiano di Padova, Ambrogio di Altino, Giocondo di Treviso, Epodio
di Oderzo. Era mezzogiorno, secondo il Dondi, il Sanudo, il
Sansovino quando i padovani fondarono la città: "con felice e
fortunato principio, dice il Sansovino, per volontà di Dio a fine di
sollevare la libertà e la nobiltà d'Italia, la qual doveva andar del
tutto in rovina per la partita di Costantino" e si noti Venezia
erede di Roma avviata a decadenza per il trasporto della capitale in
Oriente, secondo la mentalità umanistica locale). "Fondata, continua
ancora, nel mese di Marzo venerato anticamente dagli Egittii e
dall'altre più eccellenti nationi. Et nel quale il mondo si riveste
di nuovi colori, rinfrescando le sue perdute bellezze ... Et nel
quale avvenne il mistero della redentione nel mondo per la morte di
Nostro Signore. Nel giorno a punto che la Beatissima Vergine fo
annontiata dal messo celeste dell'incontro del Verbo di Dio. Nella
hora ch'il Sole era nel maggior colmo del suo splendore ...
acciocché riuscisse ammiranda città predetta secondo alcuni da
Ezechiel dove dice: ascendam ad terram absque
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muro: veniam ad quiescentes habitantesque secure. E dal quale si
prende la natività di Venetia.
Si
conoscono i motivi della pietà medioevale nel ricercare la
fondazione della città il 25 marzo, giorno della creazione del
mondo, dell'Incarnazione e della Morte del Redentore. Venezia, si
inserisce in codesta linea, ma per il Galliccioli fu dovuto ad un
fatto di mera coincidenza con il primo giorno dell'anno da quando si
è usata la denominazione: ab Incamatione. Questo giorno fu
considerato festa di Chiesa e di palazzo, cioè con astensione dal
lavoro e dagli uffici pubblici: "et se varda" scrive il memoriale
Franco dell'ultimo quattrocento. Il doge, con manto d'argento e
d'oro, con pelli di lupi cervieri discendeva al mattino in S. Marco:
"tiene cappella in S. Marco alla S. Messa e dal dopo pranzo alla
predica" sempre secondo il citato Memoriale, "Predica, nota il
Sansovino, che si vuol fare dal maggiore predicante che allora si
ritrovi in Venetia".
L'Annunciata come patrona della città appare nell'iconografia
ufficiale, nei rilievi della facciata di S. Marco, come si è detto
del sec. XII, nei tabernacoli gotici, opera dei dalle Masegne (1395
ca.) ed alla base del ponte di Rialto sulla fine del 1500 in
altorilievo del vittoriesco Rubini assieme ai santi Marco e Teodoro.
Il fatto è ancora simboleggiato nell'angelo Gabriele, col giglio in
mano, in vetta al campanile di S. Marco, mobile ai venti in atto di
continuo saluto alla città.
Nella devozione ufficiale dello Stato, quando si gettò la prima
pietra della basilica della Salute come voto cittadino, si scelse il
25 marzo 1630, ricordando l'origine mariana di Venezia
nell'iscrizione pavimentale della cupola centrale: la salvezza di
Venezia viene dalla Vergine. Sacra al mistero è pure la chiesa di
Santa Maria del Giglio, fondata secondo la leggenda il 25 marzo del
421 (ma esattamente 1089). Notiamo la serie di scuole dedicate
all'Annunciata; dei Zoppi a S. Angelo (1392), in S. Maria Mater
Domini (1423) in S. Margherita (1575: sovvegno), in S. Aponal
(1581); in S. Simeone (1501), in S. Giacomo dell'Orlo (1596); in S.
Cassan (1615); alla Bragora (1638); in S. Vidal (1679).
Nota
bibliografica
S. Antonio di Padova.
Il
culto di S. Antonio a Venezia risale poco dopo la sua morte (+ 1231)
dovuto al suo soggiorno in città in casa Civran a S. Giovanni
Grisostomo, secondo una traduzione destituita di ogni prova. Senza
considerare i pellegrinaggi dei veneziani alla sua tomba, è certo
invece che
81
nel
1255 il santo era festeggiato nella chiesa dei Frari con altare
proprio, come da bolle di Alessandro IV datate da Anagni il 28
luglio (A.S.V. B. 106, XXXII - 13) e 6 luglio (ivi, B. 106, XXXII -
4). Nel 1305 si celebrava la festa in Venezia secondo un documento
del legato apostolico card. Napoleone ( A.S.V. B. 106, XXII - 8).
Nel
Messale marciano (lat. cl. 3, XLVII = (2100) anteriore forse al
1323 figura festa di precetto, con Messa propria (Introito del
Comune dei dottori e capilettera in saio da conventuale). Così pure
è precetto nel Messale marciano del 1392 (lat. cl. 3, XLV, = (2244)
tipicamente francescano, con ottava di essa e festa della traslatio,
pure di precetto, il 15 febbraio.
Il
30 marzo 1439 esiste una confraternita sotto il titolo di S. Antonio
in parrocchia di S. Simeone profeta, con l'incarico del pane dei
poveri e suffragio dei defunti; subito dopo fu avocata dai
francescani dei Frari, nonostante la resistenza dei fedeli di S.
Simeone: anzi con decreto del Senato 15 ottobre 1440 veniva
stabilito che in Venezia non sorgesse nessun'altra scuola, tranne
quella dei Frari, in onore del santo. La nuova scuola ai Frari aveva
avuto la sanzione ufficiale del Consiglio dei Dieci il 23 luglio
1439 con i privilegi consueti delle confraternite: statuto proprio,
altare proprio nella chiesa annessa e il nome caratteristico: "Fradaia
de Santo Antonio di Padova".
Il
culto tuttavia non ufficiale divenne tale durante la guerra di
Candia, prima come festa di palazzo, con decreto dei Pregadi del 30
giugno 1646 ( A.S.V. libro d'oro, III c. 114), poi su memoriale di
Giovanni Grimani, già podestà di Padova, che il 27 febbraio 1651,
proponeva per il buon esito della guerra e protezione dell'armata,
di erigere un altare al santo in Basilica della Salute o in quella
di S. Marco, con qualche effige o piccola reliquia e visita annuale
del doge. Discussa la cosa ed approvata il 29 dello stesso mese, fu
dato incarico ai Rettori di Padova di ottenere una reliquia del
santo. Le difficoltà opposte dai Padovani non furono da poco; alla
fine la reliquia fu concessa ed entrò in città il 9 giugno, per la
via del Brenta, con un corteo fastoso puntualmente descritto dai
cronisti, ed accolta come si soleva fare per i grandi personaggi.
Dal reliquiario di S. Marco, dov'era stata collocata, fu condotta
con processione solenne dal Doge, dal Senato, dal Clero e popolo
lungo un ponte di barche gettato sul Canalgrande, sino in Basilica
della Salute il 13 dello stesso mese.
Progettò l'altare il Longhena, proto della basilica; nel 1656 era
già
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compiuta la pala commissionata al pittore padovano Pietro Liberi;
l'anno dopo l'altare era ormai terminato.
Quasi vent'anni dopo in altra circostanza la Repubblica godette del
patrocinio del santo, in seguito alla cessazione della peste che
aveva colpito l'armata veneziana nell'assedio di Castelnuovo, onde
con decreto senatoriale del 5 luglio 1587 fu incaricato il Bonacina
di lavorare in isbalzo la scena in una tavola votiva assegnata
all'altare del santo.
Dopo il 1651, il doge si recava ogni anno il 13 giugno in
processione alla Salute, in manto chermisi e d'oro con mozzetta ad
udire la Messa e venerare la reliquia. Caduta la Repubblica il voto
continuò sino al 1954, quando prima fu abolito il ponte ed ora con
decreto patriarcale in data 5 dicembre 1963 la festa è stata
traslata in chiesa a S. Moisè.
L'iconografia veneziana del santo merita una considerazione a parte;
è impossibile darla qui per esteso. Egli è raffigurato quasi in ogni
chiesa. Ci si limita a quella dei Frari e della Salute, in quanto
qui assunse valore ufficiale. Della chiesa della Salute si è detto
sopra; per quella dei Frari: statua goticizzante in facciata; nel
barco, del Gambelli (1475?), rilievo nel coro, del Canozzi; ancona
di A. Vivarini (1468); tela di anonimo del secondo quattrocento
nell'altare proprio; statua lignea in sacrestia; tela del
tintorettesco Floriano (1600) nel monumento Garzoni: del Rosa nel
1670, ivi: del Pittoni (1728) ivi: di G. Einz nel 1670 sotto
l'organo; nella pala di cà Pesaro di Tiziano (1519); tra i santi
francescani di B. Licinio (1489-1559); episodi della vita nella
vetrata absidale del Beltrami (1907). Parecchie confraternite in suo
onore si svilupparono nell'età post-tridentina: a S. Giovanni
Crisostomo (1637) ; a S. Angelo (1657); a S. Nicolò (1660), a S.
Vito (sovvegno 1661); a S. Eufemia di Giudecca (1622); a S. Severo (sovvegno,
1691); alla Madonna dell'orto (sovvegno, 1706); a S. Zan Degolà
(1707); a S. Beneto (1720).
Giova ricordare pure, come motivo di culto, la frequenza del santo
nell'onomastica veneziana aristocratica e popolare; in quest'ultima
nelle forme ridotte Toni e Tonin, nell'altra spesso in composizione
con altri santi (Marco, Giovanni, Giuseppe), soprattutto nel corso
del sei-settecento.
Nota bibliografica
SS. Ermagora e Fortunato (S. Marcuola)
I
due santi aquileiesi presenti senza dubbio nel calendario aquileiese
del secolo V, come ha dimostrato il Paschini, sono da tempo
immemorabile, si dice, patroni della città.
83
Senza entrare nel vivo della questione sul rapporto tra S. Ermagora
e S. Marco, ormai risolta in senso negativo dal Paschini nel 1909 ed
ancora nel 1954, si può notare che S. Ermagora è patrono della città
nel corso del secolo XI, come risulta dal mosaico dell'abside
centrale di S. Marco, assegnato al tempo del doge Selvo (1081). Qui
è isolato senza S. Fortunato suo diacono, che è presente nella pala
d'oro fra i diaconi di derivazione aquileiese gradense, nel tratto
riportabile tra i secoli XIII e XIV.
I
due santi risultano peraltro appaiati nel calendario veneto del
secolo XI, ma non credo come patroni, per quanto sia festa di
precetto: altrimenti tali sarebbero apparsi anche nel mosaico
citato. A sua volta la distinzione sussiste anche nella
toponomastica locale: la più antica denominazione di S. Ermagora è
in atto notarile dell'aprile 1069; quella di S. Fortunato solo il 27
agosto 1117: Iohanne Pantaleo de confinio ecclesie, Sancti Fortunati
( A.S.V. arch. not. cancelleria inferiore). Come si vede il culto
dei due santi si diffonde in Venezia a metà del secolo XI; o meglio
dapprima il culto di S. Ermagora e poi quello di S. Fortunato, di
cui si noti il parallelismo fra la documentazione del toponimo e
l'iconografia marciana citata. Insomma questo culto nasce nel
periodo della inventio delle loro reliquie in S. Eufemia di Grado
nel 1023. Duplice può essere il motivo che ha determinato il culto:
da un lato la supposta dipendenza di S. Ermagora da S. Marco, onde
con l'incremento del culto all'Evangelista in questo secolo, si
diffonde anche quello del suo discepolo; e si noti che secondo l'Olivieri,
nella trasformazione fonetica dei toponimo locale Ermagora in
Marcuòla, forse è stato sentito l'influsso di S. Marco, sebbene sia
più ovvio riconoscere un fenomeno metafonico attraverso i passaggi
intermedi: Marcóra - Marcóla - Marcuola. Ed è sempre questa prova
ulteriore di ammettere fra il popolo la preponderanza del culto di
S. Ermagora su S. Fortunato.
Ci
può essere pure nel culto veneziano un'origine di giurisdizione
canonica: i due santi patroni della metropoli gradense; ora che ne
riaffiorano le reliquie in affermata autonomia rispetto ad Aquileia,
rappresentavano un vincolo spirituale con le diocesi suffraganee; in
specie con le più periferiche, come Trieste ed Olivolo.
Ma
il loro culto dovette subire delle flessioni, se nel sinodo di
Egidio, patriarca di Grado (1295-1310) vien ingiunto al clero di
commemorare i due santi assieme a S. Marco alle lodi ed al vespero
quotidiano; cosa ripresa dal patriarca Andrea Bondumier (1460-1464).
In questo tempo la loro festa è presente nel calendario del Messale
marciano (lat. cl. 3, XIVII (= 2100), poiché è assente negli altri
messali, tranne nel lat. cl. 3. XLV
84
(=
2444), dove fu aggiunta nel 1456 da Giacomo cappellano del
procuratore di S. Marco. Poi il patriarca Giovanni Trevisan nel 1575
ripubblicando i due decreti richiamava l'importanza del loro culto.
Ma si noti la assenza di dì festivo dei due santi nel Memoriale
Franco: forse perché pur patroni del patriarcato aquileiese, non si
voleva dare loro un qualsiasi riconoscimento ufficiale, quando ormai
sussisteva quello di Venezia.
I
due santi uniti, oltre gli esemplari in S. Marco, a cui si
aggiungono le storie di S. Ermacora, si trovano principalmente nella
chiesa di S. Marcuola: in tela della sacrestia, del Migliori (+
1734?) e due statue laterali dell'altar maggiore, di G. M. Morleiter
(+1782), nonché in S. Fosca (S. Ermagora battezza S. Eufemia e
compagne) di F. Migliori.
Nota
bibliografica
S. Filippo Neri
Il santo fu dichiarato patrono della città il 9
febbraio 1765 con estensione dell'ufficio proprio per tutta la città
il 20 luglio, mentre prima figurava solo come devozione specifica
della Congregazione dell'oratorio: infatti l'ufficio è assente nel
Proprium del dominio veneziano del 1755, e prima ancora manca la sua
festa nel Menologio del Corner. Il suo culto ebbe vigore sin dal
seicento quale mezzo di perfezione sacerdotale favorito dagli
Oratoriani alla Fava, sempre vivacissimo centro di cultura e
spiritualità, pur venato ora di filogiansenismo, ora di presenze
quietistiche; ma il primo altare in suo onore a Venezia risale tra
il 1605 e 1649, in chiesa a S. Canciano.
In parecchie chiese della città si conservarono
sue reliquie e c'era numerosa iconografia. Ricordiamo solo in quella
della Fava, sede della sua Congregazione: fatti della sua vita in
altorilievo di B. Torretti (1660-1743); pala d'altare (copia) di G.
Reni; pala d'altare con il santo innanzi alla vergine di G. B.
Piazzetta, uno dei suoi capolavori di poderosa resa, lavorata qui
tra il 1725 e 1727; il santo innanzi al Pontefice, nel convento
annesso, opera dello Stroifi, lavorata attorno al 1650: quindi tra
le più antiche, a lui sacre, in Venezia.
Esistevano scuole in suo onore a S. Canciano (del
clero); a S. Martino con sovvegno per maritare donzelle; a S.
Gregorio (1653); nel Battistero di S. Pietro di Castello, come
confraternita di canonici della cattedrale.
Nota
bibliografica
85
S. Francesco di Assisi.
Non
si tratta il problema se il santo sia stato a Venezia e quando, data
la fragilità delle prove normalmente addotte: basti rilevare che il
suo culto è documentato nella chiesa francescana dei Frari con festa
solenne ed ottava sin dal 1255, come da bolla di papa Alessandro IV
del 29 luglio, che dà l'indulgenza, riconfermata l'anno dopo con
l'aggiunta anche di S. Chiara. Tre anni prima, nel 1253, Marco Ziani,
concedeva ai francescani minori la località in Vinea, nel sestiere
di Castello, per erezione della chiesa intitolata al santo. Nel
calendario del Messale marciano (lat. cl. 3 XLVII (= 2444) è
festeggiata anche la traslatio il 25 aprile. Credo che nel corso di
codesto secolo sia stata aggiunta la festa nel calendario veneto del
secolo XI.
Il
29 settembre 1475, in Pregadi, si stabiliva che il 4 ottobre, dies
liturgico del santo, fosse festa di Palazzo, con proibizione di
aprire botteghe e di lavorare, sotto pena di cinque libbre piccole,
in conformità al decreto di papa Sisto IV, che aveva elevato la
festa tra le principali. Il memoriale Franco registrava: "adì 4
ottobrio: S. Francisco. Se varda". Patrono di Venezia era
riconosciuto con decreto in Pregadi il 6 maggio 1648, nelle
circostanze della vena di Candia, secondo il testo del decreto: "In
occasione de bisogni per la guerra fu decretato che il serafico S.
Francesco sia commemorato tra li Santi protettori della città e che
nel suo giorno sia fatto festa di Palazzo e della città" (A.S.V.
Maggior Consiglio, libro Roan, III, c. 53).
Nel
corso del secondo seicento la devozione assunse peculiari aspetti
con i pellegrinaggi ad Assisi, che s'imbarcavano al fontego di S.
Marco la sera di S. Marina (17 luglio), e all'isola della Grazia,
convento francescano, ricevevano la benedizione, come ricorda la
Guida del Coronelli nel 1722. Poi durante il settecento nell'ondata
laicista della Repubblica, si tentò di arginarli con il pretesto di
impedire l'uscita di valuta pregiata dallo Stato. L'iconografia è
assai diffusa nelle chiese: ci si limita alle due principali
francescane. Alla Vigna: statua del Vittoria (1524-1608); pala con
santi del Semolei (XVI sec.). Ai Frari: statua del sec. XVI sulla
porta del transetto; assieme al doge Dandolo, di Paolo Veronese in
tela della sacrestia; tondo nel polittico di A. Vivarini in cappella
Bernardo; statuetta di L. Bregno (+ 1523) nell'ancona dell'Assunta;
tra i santi francescani in pala del Licinio (1524 ca.) e statuetta
vittoriesca ai lati; episodi di sua vita di A. Vicentino (XVI sec.);
statuetta in acquasantiera; lunetta con la Madonna e S. Antonio
sulla porta del Campanile; statuetta in ancona
86
masegnesca in cappella Emiliani, in pala di Cà Pesaro con santi, di
Tiziano; episodi della vita nella vetrata, di G. Beltrami (1907).
Tra
le scuole di devozione citiamo quelle della Vigna (1346); ai Frari
(1437). Il nome del santo era quanto mai diffuso nell'onomastica
veneziana (1258: prima attestazione) delle famiglie nobili e fra il
popolo con la forma ipocoristica: Checchi o Checco.
Nota
bibliografica
S. Giovanni Nepomuceno.
Il
martire boemo (+ 1393) canonizzato da Benedetto XIII nel 1729, ebbe
culto intenso a Venezia subito dopo: nel 1737, l'ufficio fu concesso
a tutto il territorio della Repubblica, mentre alla città solo il 20
settembre 1749, con ottava tolta poi dal patriarca Bragadin
(1758-1775).
Favorirono il culto sia l'ideale sacerdotale proposto al clero, sia
la devozione popolare contro i pericoli delle acque, dati i
particolari della sua morte. Presente nel calendario perpetuo del
1791, tre anni dopo, con decreto del Senato del 26 aprile 1794, fu
dichiarato patrono meno principale della città e del clero
veneziano.
Un
nucleo notevole di sua iconografia è dato nella chiesa di S. Geremia
profeta, ricostruita nel 1752, dove esiste una statua del Marchiori
(1696-1778) e storie della sua vita del pittore Fontebasso
(1709-1769). Del Marchiori è pure la statua esterna sulla confluenza
del Canalgrande con il Canale di Cannaregio, in evidente significato
protettivo contro le acque, come appare sia in vicine città venete
(Padova) sia nell'area trentino - tirolese (Trento, Bressanone).
Altra statua del santo sui modi di G. M. Morleiter si trovava in
chiesa a S. Bartolomeo e dal 1948 trasferita in Seminario. In
facciata di S. Nicolò dei Mendicoli vi è una sua immagine,
gustosamente spiegata dal Tassini. Particolare culto godeva nella
chiesa di S. Polo sul finire del 1700; alcune confraternite di
sacerdoti lo ebbero patrono. Festa il 16 maggio.
Nota
bibliografica
S. Giuseppe.
Il
culto del santo generalmente tardo nella chiesa si diffuse anche con
il contributo di S. Bernardino da Siena, onde si può arguire che a
Venezia sia dovuto alla sua azione durante gli anni del suo
soggiorno. Comunque la festa del santo il 19 marzo si trova già nel
calendario premesso al messale
87
marciano lat. cl. III XLVI (= 2099) della prima metà del 1400 con
dicitura: S. Joseph confessor. Alla fine del secolo nel memoriale
Franco si legge: Adì 19 (marzo) san Gioseffo sposo della Madonna.
Non fu mai patrono ufficiale dello Stato, non quindi festa di
Palazzo, ma solo festa di chiesa sino alla soppressione decretata
dalla repubblica nel 1777. Tuttavia nel calendario dei 1791 appare
patrono della città, ma credo, solo sotto il profilo canonico. Nuovo
vigore il culto ebbe in diocesi nel corso del secondo ottocento,
nell'età leoniana: il patriarca Trevisanato nel 1874 consacrò la
Diocesi al santo e poi il patriarca Giuseppe Sarto (S. Pio X) ne
raccomandò la devozione ai fedeli, come fece di recente il patriarca
Roncalli (Giovanni XXIII). Le chiese veneziane in suo onore sono
quelle di S. Giuseppe di Castello, fondata con annesso monastero di
Agostiniane nel 1512, delle Eremite a S. Trovaso eretta nel 1693 (ma
in unione con Gesù e Maria); delle Carmelitane a S. Bonaventura.
La
sua iconografia è assai diffusa con circa 175 esempi attuali nelle
chiese della città. Oltre i 10 casi dei sec. XII-XIII, di cui 9 nei
mosaici marciani, ma non come oggetto di culto, ne notiamo 78 nel
sec. XVI; 29 nel XVII; 45 nei XVIII. Fra tutti, come esempio di
devozione dello Stato, cito il mosaico marciano su cartone
dell'Allori (1535-1607), dove il santo appare al doge Marino Grimani
(1595-1605) assieme alla Vergine, a S. Gerolamo, a S. Marco, nonché
la tela di Bonifazio (1487-1553), nel Collegio, del doge Nicolò da
Ponte (1578) assistito da S. Marco e S. Nicolò, che chiede
protezione alla Vergine che gli appare in gloria fra S. Antonio e S.
Giuseppe.
Le
scuole non sono numerose: la più antica è quella di S. Silvestro
(1499); poi a S. Giuseppe di Castello (1530); à S. Fosca (1642), al
Corpus Domini (1705, sovvegno); del Transito di S. Giuseppe a S.
Baseggio (1788).
Si
noti la frequenza dei santo nell'onomastica aristocratica e popolare
sviluppatasi in particolare nel settecento, sotto la forma Iseppo e
fra il popolo negli ipocoristici: Bepi, Bepo, Bepin.
Nota
bibliografica
S. Marina.
Nel
1213 le reliquie della celebre santa orientale furono trasferite da
Costantinopoli a Venezia, come narra il Dandolo e poste nella chiesa
di S. Liberale, che in seguito assunse il titolo di S. Marina.
Codesta notizia va ridimensionata di fondo: infatti in atto di
sicurtà di Domenico
88
Ardicio del gennaio 1120, rogato a Costantinopoli, risulta: "Iohanni
Mauro alio Petti Mauri de Confinio Sancte Marine" (A.S.V. S.
Zaccaria, B. 24 Perg.), consegue quindi più alta antichità del
titolo. Anzi la traslatio delle reliquie a Venezia, come in casi
analoghi, non lo ha determinato, ma ne fu effetto. Con sicurezza la
festa è provata il 17 luglio nelle aggiunte del 1456 al Messale
marciano (Cl. 3, XLV (= 2444) ripetuta anche nell'altro (Cl. 3,
XLVII = 2100): infatti nel XLI (= 2099) anteriore al 1450 la festa è
assente.
Fu
patrona di Venezia il 25 giugno 1512 con decreto del Senato per la
riconquista di Padova avvenuta il 17 luglio dell'anno prima, festa
della santa, come si esprime il decreto: "Si solenizzi il dì di S.
Marina ed il Doge stesso visiti annualmente quella chiesa (A.S.V.
compilazione delle leggi, B., 206). Il Sanudo nel riferire il fatto
nei Diari, mette in rapporto miracoloso il fatto che in S. Marina si
conservavano sin dal 1405 le chiavi della città di Padova (ora
traslate nelle raccolte del Seminario). Egli scrive tra l'altro: "Fu
posto per il Serenissimo principe Consieri Cai di 40 et savii de
Colegio che il zorno di Santa Marina, vien a dì 17 luio, nel qual
zorno nostri ave la vitoria de la recuperation di Padova, che in tal
zorno il serenissimo Principe vadi in procession a Santa Marina et
lì aldì messa e la festa sia vardata in questa terra, et cussì si
fazi etiam procession et si vardi in Padova ut in parte. Et fu presa
di tutto il conseio; la copia di la parte sarà qui avanti posta". La
descrizione della processione è data per esteso dal Sansovino. Nel
libellus del 1602 non risulta l'ufficio della santa; c'è invece in
quello del 1755. La festa ricordata nel calendario Priuli del 1599,
ebbe traslazione della processione al 31 gennaio nel 1797.
L'iconografia principale era offerta nella sua chiesa, abbattuta nel
1820 dopo d'esser stata trasformata nel 1810 in osteria. Dal
ritratto di Venezia del Martinelli sappiamo che era effigiata in
tela di Baldissera d'Anna con la SS. Trinità e un doge, inoltre nel
suo gonfalone esposto il giorno della festa, si leggeva il distico:
HANC TIBI DEBEMUS TROIANI ANTENORIS URBEM,
PRAESIDII MEMORES DIVA MARINA TUI.
Nel
1325 sussisteva un sovvegno in suo onore nella sua chiesa. Frequente
il suo onomastico tra i nomi di persona veneziani in tutti i secoli;
ma con preferenza nel XVI, ora è ritornato di moda, senza peraltro
rapporto di culto con la santa.
Nota
bibliografica
89
S. Rocco
Non si sa dove il Monticolo abbia tolto la notizia
di un culto veneziano di san Rocco nel 1415, a cui ora aderisce
anche lo Zangirolami, che ritiene esistenti nel 1415 due piccole
società intitolate al santo: una a S. Giuliano e l'altra ai Frari.
Meglio si colloca il gruppo dei devoti a S. Rocco in S. Giuliano nel
1477 durante la peste di quest'anno, trasformatasi poi in
confraternita il 27 marzo 1478 e riconosciuta dal Consiglio dei
Dieci il 10 giugno dello stesso anno.
Il 31 agosto 1480, essa si fondeva col gruppo dei
Frari originando una unica scuola. Si può supporre che il suo culto
sia penetrato nella laguna dalla via di Lombardia, dati i rapporti
commerciali, sebbene non sia possibile precisare in quale relazione
stia il santo vogherese con il S. Rochus confessor, festeggiato a
Treviso il 1 1 luglio sin dal sec. XIII.
La translatio delle reliquie nel 1485 determinò un
fervore devozionale notevole, soprattutto in occasionedi pestilenze,
tale da eclissare S. Sebastiano, con cui dapprima è in coppia nella
pietà e nell'iconografia e poi lo sostituisce del tutto.
Contemporanea alla chiesa e scuola in suo onore ai
Frari sorgeva un oratorio sacro a S. Margherita e S. Rocco in
contrada di S. Samuele al posto di casa di malaffare come dice il
Corner, con significato, si direbbe esaugurale, quale consacrazione
contro un tipo di peste, ma per volontà della Scuola di S. Rocco.
Il santo risulta già inserito nel Missale Romanum
nelle edizioni veneziane del 1481, 1483, 1493, 1497; nel Memoriale
Franco, che si può datare anche negli ultimi decenni del
quattrocento, è festa di precetto con la rubrica: adì 16 S. Rocco:
se varda. Senz'altro nella vicina Mestre attorno al 1499 Cima da
Conegliano lavorava il polittico con il santo, che appare anche
nella pala di S. Marco alla Salute, di Tiziano, databile o nel 1504
o tra il 1510 e il 1512. Se attribuiamo a Giorgione la Madonna del
Prado, tra i santi Antonio da Padova e Rocco, dovremmo porla prima
del 1510 o forse per la peste del 1504. Anche se va assegnata a
Tiziano, siamo sempre prima del 1510: utile documento di culto per
S. Rocco nei primordi del cinquecento veneziano.
Dopo la peste del 1576 il doge si recava in S.
Rocco, ai Frari, come ex-voto, rivestito di manto d'oro, ad udire la
Messa. Ma il culto del santo era tutt'altro che pacifico. Il 14
luglio 1590, il Badoer, oratore della Repubblica presso la Santa
Sede, scriveva al doge Pasquale Cicogna, di
90
particolare sensibilità ai problemi religiosi, che
il papa Sisto V era incerto se canonizzare ufficialmente il santo o
toglierlo dal catalogo.
Nel calendario diocesano dell'anno prima (1589),
figurava ancora dal 16 agosto, come in quello Priuli di dieci anni
dopo (1599), per quanto manchi l'ufficio nel Libellus del 1602,
essendo de Communi sin dal 1589.
Tutte codeste esitazioni determinarono certi
quesiti del patriarca Tiepolo nel 1628 alla Congregazione dei Riti,
che rispose per l'abolizione della festa del santo, poiché non
canonizzato de more. Senonché il Senato, con rigido e severo
intervento del 19 dicembre dello stesso anno, confortato da un
consulto del teologo ufficiale Fulgenzio Micanzio decretava che
nulla si innovasse rispetto al calendario diocesano. L'anno dopo,
peraltro, la sacra Congregazione, ne permetteva la festa nelle
chiese dove era onorato. Ma particolari avvenimenti dovevano far
ricredere proprio il patriarca riguardo a S. Rocco. Lo scoppio della
peste nel 1630 spaventò tutti. Per conseguire la protezione celeste,
il Tiepolo, indisse particolari preghiere alla chiesa di S. Rocco.
Al santo si riconobbe il patrocinio, poiché nel dipinto del Prudenti
allusivo alla salvezza di Venezia esposto nel giorno della prima
pietra della Basilica della Salute, S. Rocco era raffigurato assieme
a S. Sebastiano, al b. Giustiniani, a S. Marco.
Da allora non ci furono più tentennamenti per il
suo culto. Nel 1745 il suo ufficio è inserito nel Proprium del
dominio Veneto; nel 1747 è concesso in particolare a Venezia; nel
Menologio corneriano del 1749 il santo viene catalogato tra i santi
veneziani; dal 1764 figura patrono della città, nell'elenco del
patriarca Bragadin: poi nel Kalendarium perpetuum del 1791 vi si
aggiunge il 1317 come anno della morte.
L'iconografia locale del santo richiede un saggio
appropriato, data la intensa presenza nelle chiese, spiegabile per
la funzione difensiva contro la peste. La tipologia fondamentale è
quella consueta: bastone e mozzetta di pellegrino, che da lui prese
il nome di sanrocchetto; piaghe evidenti in posizione frontale, per
favorire la devozione per contatto, con il cane che lecca.
Mi limito alla basilica della Salute, eretta per
la peste del 1630: qui oltre al sopracitato dipinto del Prudenti,
sussiste nella statua dietro l'altar maggiore, assieme a S.
Sebastiano. Soprattutto è notevole nella chiesa e scuola omonima
presso i Frari. In facciata della chiesa: il santo in gloria,
altorilievo di A. Marchiori (1696-1778); sul coronamento: statua di
G. M. Morleiter (1699-1782). Nell'interno, i fatti della vita, di J.
Tintoretto (1518-1594), presentato al papa; nella solitudine; cura
gli appestati
91
in carcere; è confortato da un angelo; risana gli
ammalati; è trasportato in cielo; dipinti di A. Schiavone
(1522-1563) sul prospetto della sua cassa.
Nella sacrestia: sua gloria di F. Fontebasso
(1709-1769).
Nella scuola. Altare della sala terrena: statua di
G. Campagna (1549-1622); lungo le pareti dello scalone: S. Rocco e
gli infermi di G. Pellegrini (metà sec. XVII); con i Ss. Marco e
Sebastiano protegge Venezia di P. Negri (1673). Sala superiore: pala
d'altare, con sua gloria, di J. Tintoretto: episodi della vita nei
dossali lignei, di G. Marchiori (1743). Ed ancora del Tintoretto: il
santo in dipinto di faccia all'altare; il santo in gloria nel
soffitto dell'albergo; ancora in gloria nel soffitto della
cancelleria di G. Angeli (1709-1798).
Le scuole in suo onore avrebbero potuto essere più
numerose: oltre quella grande (1478) ricordiamo: S. Zulian (1496);
ai Ss. Rocco e Margherita (1555); a S. Canciano (1592); a S. Eufemia
(1720 ca.).
Non è neppure frequente nell'onomastica né
aristocratica, né popolare, forse per motivo superstizioso
difensivo, data l'associazione concettuale e nominale della peste
con il suo nome.
Nota bibliografica
S. Teodoro.
Gravi problemi si pongono su codesto patrono di Venezia: anzittutto
se si tratta di un solo santo o di due omonimi, poi se davvero è
stato il primo patrono della città anteriore a S. Marco, con chiesa
propria.
Sussistono due Teodori nella chiesa greca, come avverte il Delehaye:
Teodoro stratelates venerato l'8 febbraio e Teodoro tiro o soldato
ricordato il 17 dello stesso mese. La chiesa latina invece celebra
il primo il 7 febbraio e il secondo il 9 novembre. A Venezia
uniformandosi al rito latino, fu festeggiato solo quello del 9
novembre, come risulta dal calendario del secolo XI e da tutti i
successivi: quello di febbraio fu sempre ignorato. La sua presenza
risale solo al Corner, che nel Menologio e in E.V. inserì anche
nella chiesa veneziana l'omonimo di febbraio. Non c'era inoltre
specificazione nel calendario veneziano se si trattasse dello
stratelates o del tiro, poiché l'unica qualifica è solo quella di:
Theodorus martyr. Perciò patrono di Venezia è quello di Novembre,
come afferma il kalendarium perpetutun del 1791, ma seguendo la
confusione indotta dal Corner, considerò patrono della città anche
quello di febbraio, giustificato canonicamente da un decreto del
patriarca Bragadin nel 1765.
92
I
resti di S. Teodoro stratelates, o di Eraclea, dalla città di
Messembria nel Ponto nel 1257, dal veneziano Giacomo Dauro furono
trasferiti nella chiesa veneziana di S. Nicolò d'Embolo di
Costantinopoli, donde nel 1267, da Marco Dauro furono portati a
Venezia e collocati in S. Salvatore, poiché lì avrebbe abitato, con
una serie di fatti miracolosi secondo il consueto genere letterario.
Da allora codesto santo, secondo la lectio liturgica divenne patrono
della città. Ma si è osservato, prescindendo da ogni valutazione sul
fatto della traslatio, che la festa è ignota sino a metà del 1700.
Invece il corpo di S. Teodoro tiro o di Amasea del Ponto sarebbe
stato recato a Venezia nel 1096, coevo a quello di S. Nicolò. Si
noti, che il Teodoro di cui parla la traslatio di S. Nicolò è un
confessore, non un martire, come si è confuso poi.
La
priorità del suo patrocinio veneziano rispetto a S. Marco è
tradizione locale, presente nella coscienza nazionale, come si
deduce dal decreto di istituzione della festa del 21 settembre 1450,
stabilita in Pregadi (F. Corner, Menologium, 399).
Non
sappiamo quando sia nata codesta opinione, sebbene sia possibile
datarla al tempo della guerra di Chioggia (1377-1381): si noti che
tra i patroni ufficiali dello Stato, effigiati nei mosaici marciani
dell'abside centrale, risalenti al dogado del Selvo (1071-1085) egli
non compare. Non risulta neppure nei riti di acclamazione dogale;
neppure nella monetazione.
Si
può ritenere che la notizia sia fiorita come logica conseguente
della leggenda inventata dal cronista altinate-gradense, poco dopo
il mille, che attribuiva a Narsete, vincitore della guerra
greco-gotica del 564, l'erezione della chiesa in onore di S.
Teodoro, considerato patrono delle milizie imperiali, in
riconoscenza dell'aiuto avuto dai veneziani. Si sa tutto questo va
respinto come favola autentica. Su questa base si volle, (e si vuole
an-cora), e fu il Cattaneo tra i più accesi sostenitori seguito dal
Saccardo e da tutti i simpatizzanti dell'assoluto bizantinismo
veneziano, che la preesistente chiesa di S. Teodoro, esistente
sull'area dell'attuale piazzetta dei leoncini, sia stata in parte
abbattuta ed in parte inglobata nella fabbrica del S. Marco
particiaco dell'830. Ma gli assaggi archeologi compiuti in proposito
in questi ultimi anni, per merito soprattutto del Forlati, dànno una
netta smentita. Oltre all'inesistenza di qualsiasi traccia di
edificio antecedente contiguo, apprezzabile almeno sotto un profilo
costruttivo, S. Marco sarebbe nato a pianta centrale. Di un edificio
dedicato a S. Teodoro ed unito alla basilica marciana da formare un
unicum solo, parla per la prima volta Giovanni diacono nella
narrazione dell'incendio cittadino del 976. Egli per questo dato fu
testimone oculare: quindi aveva visto e chiese ed
93
incendio. Era poi davvero chiesa? o semplice sacello? Ed era
nato assieme a S. Marco nell'829 o dopo?
Ma nella sottoscrizione
del testamento del doge Pietro Orseolo II del gennaio 1006 risulta: Ioanni presbytero notaro nostro et vicario ecclesiae d. Theodori
martyris ... Qui si parla di chiesa vera e propria. Dunque nella
ricostruzione e restaurazione dopo l'incendio del 986 si conservò
anche la ecclesiam di S. Teodoro.
Per il Gallicciolli poteva
adempiere funzioni parrocchiali, pur servendo ai primiceri
marciani. Prescindendo dalla prima supposizione, vale invece la
pena di considerare la seconda. Se fu sede dei primiceri si spiega
la sua topografia accanto alla basilica, cappella questa
strettamente dogale, riservata al doge in senso assoluto: onde anche
per questo è nata assieme a S. Marco o poco dopo. La stretta
connessione con S. Marco fece sì che la rifabbrica contariniana del
1071 la inglobasse strettamente, proprio per la funzione che
adempiva e che continuò ad adempiere per secoli. Peraltro
sorprende che nel 1354 sia stata intitolata a S. Isidoro: prova pur
questa che il santo non era patrono della città. Qualunque sia la
ragione del titolo escluderei una priorità su S. Marco, soprattutto
perché il testamento di Giustiniano Particiaco, così esatto nelle
determinazioni topografiche dove deve sorgere il nuovo S. Marco,
mantiene un assoluto silenzio al proposito. Se fosse esistita una
chiesa dedicata ad un santo così celebre, così bizantino, egli tanto
rispettoso della corte imperiale e così filobizantino, avrebbe
potuto tacere?
A noi resta prendere atto della sua esistenza solo
nel corso del secolo X. Si può cercare una ragione plausibile per
giustificarne la presenza. Non penso giunga direttamente da
Bisanzio, dove secondo lo Janin sussistevano sei chiese a lui
dedicate: d'altronde la festa nel calendario Borgia non è per nulla
bizantina, ma romana. Può darsi sia giunto nella laguna da Ravenna,
come insinua anche il Pertusi, dove l'esarco Teodoro (680) innalzò
una chiesa in onore del santo, per quanto il Testi-Rasponi, nel
commento al testo di Agnello, ammetta solo una probabilità pel santo
militare e nel calendario ravennate sia ricordato solo il 7
febbraio. Siamo comunque sempre in aspetto genericamente bizantino,
come testimonia lo stesso titolo presente a Roma e nell'Italia
meridionale: 1034 a Cassano Ionio, a Napoli e in Sardegna.
Si
è
accennato la prima documentazione del culto risale al decreto del
Senato del 1450, su richiesta del vescovo di Castello S. Lorenzo Giustiniani. Nella sua giustificazione si fa presente che s.
Teodoro fu patrono della città assieme a S. Marco, ma senza
priorità, con l'ordine che il 9 no-
94
vembre sia solenne e festa di Palazzo e di chiesa. Il vescovo
da parte sua, con decreto del 12 ottobre dello stesso anno precisa
l'aspetto canonico della festa con astensione dalle opere servili
ed indulgenza di 40 giorni. Nel memoriale Franco risulta tale ma la
rubrica precisa: se varda benché le botteghe averze ...
Dal decreto
del Senato si deduce che la festa viene istituita in sostituzione
della cessazione da parte della Repubblica di recare il vessillo del
santo. Parrebbe quindi che S. Teodoro fosse stato simbolo politico di
Venezia. Ma la notizia sulla sua esistenza rimonta a codesto
decreto: prima di esso non v'è alcun dato certo. Sussisteva invece
il vessillo con S. Marco, documentato con il solo santo
nell'incontro veneziano del Barbarossa del 1177, e con il leone
alato nel secolo XIII.
Gli
accenni del "triumphale vexillum"
donato dal vescovo olivolense al doge Pietro Orseolo II nel 1000,
non specificano nulla: potrebbe essere quello di S. Teodoro, o
quello di S. Marco, o col solo simbolo della Croce. Soltanto il Sansovino, citando un tratto del poema di Bernardo Giorgio, suo
contemporaneo (1554) sostiene che il vessillo teodoriano fu smesso
durante la guerra di Chioggia contro i Genovesi, poiché ingenerava
confusione con il loro patrono S. Giorgio, raffigurato allo stesso
modo. Tutt'al più si potrebbe ammettere, se si vuoi dar credito al
racconto citato, che in questa guerra S. Teodoro sia stato assunto a
patrono delle armi veneziane assieme a S. Marco, data la
caratteristica di santo militare, dopo l'incremento del suo culto
in Venezia seguito alla traslatio delle reliquie.
Anzi la vittoria
su Genova del 1380 può aver determinato l'erezione della statua
sulla colonna del molo, accanto a quella di S. Marco sussistente
sin dal 1293, come ringraziamento: così si accorda meglio la data
proposta di recente in armonia con la tecnica artistica del
complesso più che il sansovinesco 1339. Tuttavia non si esclude che
alla scelta della colonna possa aver influenzato il ricordo
devozionale di Amasea, in cui sin dal secolo XI si conservava una
colonna dove il santo sarebbe stato torturato.
Il santo
nell'iconografia è presente in S. Marco, nei mosaici dove è
effigiato accanto allo stratelates; nel Battesimo, in altorilievo
del sec. XIV; nelle niellature lignee del presbiterio; ed assieme
alla Annunciata e S. Marco, e alla base del ponte di Rialto.
In
altre chiese veneziane va ricordato forse nella pala di Ca' Pesaro
del Tiziano ai Frari, effigiato col vessillo; nella pala di Giovanni
Bellini ora nell'ex chiesa di S. Basso. In S. Salvatore c'è in pala
di P. Mera (1600 ca.), nelle storie del martirio di Bonifacio
(1497-1553); nell'anta d'organo di F. Vecellio (1483-1560); in
facciata della Scuola omonima: statua di B.
95
Falcone
(+ 1694). In suo onore esisteva la Scuola grande, sorta secondo il
cronista di S. Salvatore assieme alla supposta chiesa narsetiana e conclusasi con l'incendio del 976, per
risorgere poi nel 1258: più esattamente invece ebbe origine solo in
questo tempo, mentre fu dichiarata fra le grandi nel 1552.
Soppressa nei tempi napoleonici è rinata ora nel 1960 con finalità
analoghe a quelle antiche. Noto scarsa presenza del santo
nell'onomastica veneziana: ad esempio nell'elenco dei
sottoscrittori del prestito della guerra di Chioggia e pressoché
assente: prova ulteriore della non popolarità e del non patrocinio
del santo.
Nota bibliografica
NOTA BIBLIOGRAFICA
Non si è qui trattato dei santi patroni di cui si è già
parlato o di cui si parlerà, cfr. a questo proposito per San Lorenzo
Giustiniani il saggio di S. TRAMONTIN nel primo volume a pp. 207-216;
e per il beato Pietro Acotanto quello a p. 137 e seg.; per
S. Pietro Orseolo quello di A. NIERO (ivi p. 105 a p. 105 e seg.); per S. Marco
il saggio dello stesso TRAMONTIN a pp. 41-73 di questo volume; per
San Magno, quello di G. MUSOLINO a pp. 87-93 del primo volume; per
san Bernardino e san Pio X quelli che verranno pubblicati nel quinto.
L'elenco dei patroni attuali della città è desunto dal
Proprium del
Patriarcato, Roma 1915, dove è data la rubrica se principali o meno
principali. Una lista di essi, con i decreti di nomina era già in F.
CORNER nel Menotogium Venetum, Ecclesiae Venetae... XIII, Veneta
1749, pp. 342-418. Il catalogo completo fu riferito poi dall'Astori,
sacerdote di S. Apollinare, che lo pubblicò nel Kalendarium
perpetuum del 1791, con la precisa documentazione dell'anno di
nomina: lavoro tanto elogiato del Gallicciolli (G. B. GALLICCIOLLI,
Delle memorie venete antiche profane ed ecclesiastiche, Libro
II,
Venezia 1795, n. 905), e ristampato poi nel 1805 (Kalendarium
perpetuum ad usum Cleri Ecclesiae patriarchalis ... e nel 1853 da
G. CAPPELLETTI, in Storia della chiesa di Venezia, III, Venezia
1853, p. 502 e seg., ma senza le date di nomina.
Alcune
considerazioni generali, e i decreti del patriarca Bragadin sono in:
G. B. GALLICCIOLLI, Delle memorie ..., libro II, Venezia 1795, p. 152
n. 903 e seg. sotto la rubrica Eortologio veneto. Elenco utile per
stabilire i patroni sulla fine del 1400 rappresenta il Memoriale
Franco e il Memoriale Romanesco, editi da G. GATTINONI, Il campanile
di S. Marco, monografia storica, Venezia 1910, pp. 205-261, il quale
ha compilato inoltre un calendario delle feste veneziane, e per i
patroni ha riferito decreti governativi, desunti dall'archivio di
Stato.
I due memoriali (Franco: Museo Correr,
Cod. Cicogna 2711; Romanesco: Museo Correr, Cod. Gradenigo 200) sono stati redatti dai
custodi del campanile di S. Marco: i fratelli Alvise e Giovanni
Franco (1475-1533, ed. Alvise +1550) e Zuanne Romanesco
(1563-1570). Come già rilevava il Gattinoni, il Memoriale Franco fu
incominciato nel 1475 circa, anno d'inizio della custodia e
completato certo nel 1550, per stabilire il modo di suonare le
campane onde s'inserisce tra il calendario Borgia, di cui a p. e
quelli del 1589 e successivi. Ricorre nel Franco la rubrica: Festa
di Palazzo e di chiesa. Quelle di Palazzo, erano dichiarate
96
tali dallo Stato, o di solito legate a vicende storiche, (ma
non sempre, cfr. G. GATTINONI, Il campanile ..., p. 208) accompagnate
da cerimonie civili e religiose (le diremmo feste civili); quelle
di chiesa sono quelle di precetto. La rubrica: se varda indica le
feste con riposo. Le feste dopo il 1759 sono date dal Protogiornale
e dal 1761 dalla Temi Veneta.
Un elenco utile per stabilire i patroni durante i secoli XIV
e XV è offerto dai Messali marciani ora in Biblioteca marciana lat.
cl. ms. XLV (= 2444) del 1392, XLVI (= 2099) della prima metà del
'400; XLVII (= 2100) forse anteriore al 1323; XLVIII (= 2291) della
fine del '300. Per il periodo antecedente si parte sempre dal
calendario Borgia (su cui vedi qui p. ) colmando i secoli intermedi
attraverso la prova iconografica, derivata dal repertorio
attualmente più stimato, quale G. LORENZ.ETTI, Venezia e il suo
estuario, Roma 1955.
La documentazione delle scuole di devozione in
onore dei santi è tolta da: Catastico delle Scale di Devozione
...,
Venezia 1735, ora anche in appendice a C. A. LEVI, Notizie storiche
di alcune antiche Scuole d'Arti e Mestieri scomparse o esistenti
ancora in Venezia, Venezia 1895, completandola per certe con: Guida
de' forestieri per osservare il più ragguardevole nella città di
Venezia ... e col Protogiornale perpetuo del padre Coronelli
(Venezia 1722).
La considerazione dell'onomastica come prova di
culto del santo è scienza nuova, su cui si vede un tentativo in C. TAGLIAVINI,
Un nome al giorno, Torino 1955 (p. XVII valutazioni
sull'antroponimia medievale). Mancano, tranne per S. Marco,
studi al proposito: (alcune ricerche condotte dall'istituto di
Glottologia dell'Università di Padova non sono ancora pubblicate),
onde qui si dà solo una presentazione estremamente generica. Pure
per la ricerca iconografica su ciascun santo ci si è limitati agli
aspetti essenziali: anche in questo settore difettano le ricerche
monografiche, tranne per S. Lorenzo Giustiniani (S. TRAMONTIN, San
Lorenzo Giustiniani nell'arte e nel culto della Serenissima, Venezia
1956); eppure è materia suscettibile di amplissimi interessi.
L'ANNUNCIAZIONE
La leggenda del 25 marzo e la presenza dei vescovi a
S. Giacometto di Rialto è data compiutamente dal GALLICCIOLLI, Delle
memorie ..., libro I, Venezia 1795, nn. 22-50, dove discute tutta la
tradizione, e in libro I, nn. 430-431, dà la sua spiegazione
sull'origine delle feste. In antecedenza era stata presentata da A.
DANDULI, Chronica per estensum descripta in RIS n. s. Bologna 1958,
pp. 353, 332, da M. SANUDO, Vitae Ducum Venetiarum, in RIS XXII,
Milano 1733, col. 405; 409; da F. SANSOVINO, Venezia città
nobilissima e singolare, Venezia 1581, pp. 202-203 e Cronico Veneto,
ivi, p. 1, mentre la lapide in S. Giacornetto è in: D. MARTINELLI,
Il ritratto di Venezia, Venezia 1684, p. 323. L'oroscopo di Venezia
è spiegato invece e commentato in L. GAURICO, Opera, Basilea 1575,
pp. 1584-1585, e per tutta l'interpretazione del mito della città
cfr. G. FASOLI, Nascita di un mito, in Studi storici in onore di
Gioacchino Volpe, I, Firenze 1958, pp. 446-476, a cui per il
cinquecento si aggiunga: F. GAETA, alcune considerazioni sul mito
di Venezia, in Bibliothèque d'Humanisme et Renaissance, XXIII
(1961) pp. 57-75.
La Messa di
Alessandro III in S. Marco in F. KEKR,
Italia pontificia, VII, pars II, Berlino 1924, p. 141. Di recente
un'interpretazione della festa è stata avanzata da R. MOROZZO DELLA
ROCCA in una lezione svolta a S. Giorgio Maggiore, non ancora edita.
S. ANTONIO DA PADOVA
Una discreta documentazione sull'origine del
culto in Venezia è in G. BETTIOLO, La Fradaia de Missier Santo
Antonio de Padova alla "Ca' Grande" (1439). Studio di documenti
inediti, Venezia 1912; l'autore stava preparando pure: Il culto di
Sant'Antonio a Venezia, dalle origini ai nostri giorni, ma non lo
rese pubblico. Le vicende della guerra di Candia per il voto e
traslatio delle reliquie a Venezia sono in (V. Piva), Il Tempio
della Salute eretto per voto de la Repubblica Veneta, XXVI-X-MDCXXX,
Venezia 1930, pp. 55-66, e per documentazione d'archivio in: p.
DAVIDE DA PORTOGRUARO O.F.M. CAPP., L'altare votivo della Repubblica
Veneta a S. Antonio di Padova, in: Il Santo, IV (1931), pp. 1-30
dell'estratto.
97
SS. ERMAGORA E
FORTUNATO
Gli studi del Paschini sono: P. PASCHINI,
La chiesa aquileiese ed il periodo delle origini, Udine 1909, pp. 35-41; 71, P. PASCHINI,
Le fasi di una leggenda aquileise, in Rivista di Storia
della Chiesa in Italia, VII (1954) pp. 161-184, dove si discute la
tesi di R. EGGER, Der Heilige Hermagoras. Eine Kritische
Untersuchung, Klagenfurt 1948, di fare del santo un martire della
Pannonia (ora con aggior-namento recente: G. C. MENIS, La lettera XII attribuita a Sant'Ambrogio e la questione Marciana aquileiese,
in Rivista di Storia della Chiesa in Italia, XVIII (1964) pp.
243-244).
L'analisi sui problemi della inventio sono in: G. MONTICOLO,
L'inventio e la traslatio dei SS. Ermagora e Fortunato, in Nuovo
Archivio Veneto III (1892), pp. 117 e seg.
Per i decreti sinodali di
Egidio e del Bondumier, cfr: Constitutiones et privilegia
patriarchatus et cleri Venetiarum ..., Venezia 1668 pp. 10; 23 (non
cito l'edizione cinquecentesca del Rampazzetto). Per la chiesa
veneziana: R. APOLLONIO, Dei SS. Ermagora e Fortunato e della chiesa
a loro dedicata, Venezia 1917.
S. FILIPPO NERI
L'unica fonte per
notizie sul culto è nel Kalendarium perpetuum edito dal Gallicciolli:
le altre documentazioni sono date dai repertori già citati ed in
F. CORNER, Notizie ..., Parigi 1758, p. 269.
S. FRANCESCO DI ASSISI
Notizie sul culto in Venezia sono in:
G. BETTIOLO, La Fradaia ..., Venezia 1912, pp. 15-46. Per i
pellegrinaggi ad Assisi: in Guida dei forestieri ..., Venezia (1722)
p. 105; per il nome dell'onomastica: C. TAGLIAVINI, Un nome ...,
Torino 1955, p. 339.
Per l'iconografia ai Frari mi sono servito del
manualetto: A. CACCIN, La basilica dei Frari in Venezia, Venezia
1964.
S. GIOVANNI NEPOMUCENO
Le questioni generali sul suo culto
sono riassunte da S. MAIARELLI, in Encicl. Cattolica, VI, coll.
574-576; pel culto veneziano cfr. anche: Compendio della vita di S. Nepomuceno con divoto ottavario in preparazione alla sua festa che
si celebra nella chiesa parrocchiale e collegiata di S. Paolo
apostolo, Venezia 1795.
S. GIUSEPPE
La fonte principale per i
decreti governativi è in: G. GATTINONI, Il Campanile ..., Venezia
1910, pp., oltre i repertori citati. Per la sua iconografia rimando
al mio saggio di prossima pubblicazione: L'iconografia veneziana di
S. Giuseppe. Saggio previo, in Cahiers d'Josephologie, Montrèal, (Canada).
S. MARINA
Il testo del Sanudo è dato da: M. SANUDO,
I Diari, XIV,
Venezia 1886, p. 417.
Per sue reliquie veneziane si veda: M. C.
ROSS, G. DOWNEY, A reliquary of st. Marina at the Correr, in
Bollettino dei Musei Civici veneziani, VII (1962), pp. 23-28
riportato da Byzantinoslavica, Praga, XXIII (1962) 1.
S. ROCCO
I
problemi spinosi sull'identità del santo vengono riferiti e
riassunti da P. FRUTAZ, in Encicl. Cattol. X, sub voce.
Per le
vicende del culto veneziano in particolare si veda: G. B. GALLICCIOLLI,
Delle memorie ... libro II, Venezia 1795, n. 227, e qui per
consulto Micanzio p. e A. NIERO, I patriarchi di Venezia,
Venezia 1961, p. 119. I dati del Monticolo sono in M. SANUDO, Vite
dei dogi, in RIS, n. s. a c. di G. MONTICOLO, Città di Castello,
1911, p. 85; per lo Zangirolarni si veda: C. ZANGIROLAMI, Storia
delle chiese, dei Monasteri, delle scuole di Venezia rapinate è
distrutte da Napoleone Bonaparte, Venezia 1962, p. 45; per quelli
più obiettivi: [A. MAZZUCCATO], La Scuola Grande e la chiesa di san
Rocco in Venezia, Venezia 1957, p. 6; gli elementi liturgici del
Missale Romanum sono in A. P. FRUTAZ, Due edizioni rare del "Missale Romanum", in
Miscellanea Giulio Belvederi, Città del
Vaticano 1954-55, pp. 63, 72. Per la prova iconografica si
98
veda: Cima da Conegliano, a
c. di L. MENEGAZZI Venezia 1962,
p. 33; Giorgione e i giorgioneschi, a c. di P. ZAMPETTI, Venezia
1955, pp. 136, 164.
S. TEODORO
Le questioni sul culto presso i Greci
sono in sintesi in H. DELEHAYE, Les légendes hagiographiques,
Bruxelles 1955², p. 76; H. DELEHAYE,
Sanctus, essai sur le culte des
saints dans l'antiquité, Bruxelles 1927, pp. 218 (sul non valore
storico della sua legenda) 219 (sull'origine di S. Teodoro
stratelates sdoppiato dal tiro); ed anche: H. DELEHAYE, Les légendes
grecques des saints militaires, Parigi 1909, pp. 11-43; e dello
stesso: AA. SS., Nov. IV, Bruxelles 1952, pp. 11-89.
Per il culto in
Ravenna: Codex pontificalis Ecclesiae Ravennatis. Agnelli Liber
Pontificalis, in RIS. n. s. a c. di TESTI - RASPONI, Bologna 1924,
I, Tom. II, pars. III, p. 217. Sul culto nel tema bizantino
dell'Italia del sud: F. RUSSO, Storia della diocesi di Cassano al Jonio, Napoli 1964, pp. 125, 126, 218, 224.
Per la devozione in
Venezia cfr. F. CORNER, Ecclesiae Venetae ..., II, Venezia 1749, p.
257 e seg. con abbondante narrazione della lipsanologia, dei
miracoli e F. CORNER, De sanctis Theodoro Amaseno et Theodoro
Heracleensi martyribus, Venetiarum patronis, in Nuova raccolta Calogerà: t. XIV, Venezia 1766 p. 1 (su cui cfr. E. CICOGNA,
Delle
iscrizioni ..., VI, Venezia 1853, p. 46). Per il Corner, patrono
primo è l'Amaseno; dopo di lui appaiono tutti e due nel Calendario
veneziano.
Tra i problemi archeologici sulla chiesa teodoriana
preesistente a S. Marco: F. FORLATI, Da Rialto a S. Ilario, in
Storia di Venezia, II, Venezia 1958, pp. 626-632, ed ottimamente,
definendo enigma la chiesa di S. Teodoro di Rialto, R. CESSI,
Alcune osservazioni sulla basilica di S. Maria di Torcello e sulla
chiesa di S. Teodoro di Rialto, in Atti dell'Istituto veneto di S.
L. ed A., CIXX (1960-61), pp. 665-674; con stretta dipendenza da
Bisanzio invece: O. DEMUS, The Church of San Marco in Venice,
History, Architecture, Sculptur, Washington 1960, pp. 19, 21, 22.
Ora sul problema è tornato: A. PERTUSI, Venezia e Bizanzio nel
secolo XI, in La Venezia del Mille, di imminente pubblicazione (p.
119 delle bozze per gentile concessione dell'A., e p. 146 per le
note dense).
Dalla leggenda narsetiana ha fatto giustizia, si spera
definitiva, R. CESSI, in Venezia ducale, Venezia 1963, pp. 30, 178.
Per il Chronicon di Giovanni diacono si dà la consueta edizione in
Fonti per la storia d'Italia a cura di G. MONTICOLO p. 156; pel
testamento del doge Pietro Orseolo II, si vede G. B. GALLICCIOLLI,
Delle memorie ..., libro I, Venezia 1795, n. 440.
Le vicende del
patrocinio nella guerra di Chioggia sono riferite in R. SANSOVINO,
Venetia ..., Venezia 1581, p. 202 e seg., decreti del Senato e del
vescovo Giustiniani, istitutivi della festa vengono dati da F.
CORNER, in Menologium ... p. 399; per i problemi del vessillo teodoriano si veda: A.
GORLATO, Il leone di S. Marco e Istria,
Padova 1959, pp. 10, 14, 15; e meglio H. C. PEYER, Stadt und
Stadpatron irn mittelaiterlichen Italien, Zurigo 1955, p. 11.
Per
gli aspetti della colonna sul Molo: L. SARTORIO, San Teodoro statua
composita, in Arte Veneta, 11, (1947) pp. 132-134; G. MARIACHER,
Postilla a San Teodoro statua composita, ivi p. 230.
Sulla scuola o
confraternita sacra al santo si veda per tutti: G. SCATTOLIN, La
scuola grande di S. Teodoro, Venezia 1961. I sottoscrittori per la
guerra di Chioggia sono in G. B. GALLICCIOLLI, Delle memorie ...,
libro I, Venezia 1795, pp. 99-182.
- da A. NIERO,
I santi Patroni, in Culto dei Santi a Venezia, "Biblioteca
Agiografica Veneziana 2",
Venezia, Studium Cattolico Veneziano, 1965, pp. 77-98.
LINK UTILI
Il Beato Pietro Acotanto, di Silvio Tramontin
|
San Pietro Orseolo, di Antonio Niero
San Pio X, patriarca di Venezia, di
Silvio Tramontin
La Biblioteca Agiografica Veneziana nella
recensione di Paolo Zolli (1968)