Testimonianza per don Siro
di Federico Fontanella
"Solus enim honorat Deus
animam beatam faciens in occulto coram se juste et pie viventem".
Sant'Agostino
Ho avuto modo di conoscere Don
Siro Cisilino soltanto dal 1977, quando Egli era già avanti con
l'età.
Il nostro incontro fu
determinato non da motivi professionali, o legati alla sua attività
che intensamente lo occupava, cioè lo studio della musica religiosa
polifonica, ma semplicemente perché, essendo io desideroso di poter
seguire la Santa Messa nel Rito di sempre, cioè nel Rito che, per
praticità di linguaggio, chiamiamo Tridentino, non mi restava che
rivolgermi a Lui, unico sacerdote cattolico in Venezia, che
ostinatamente ed appassionatamente continuasse a celebrarla, nella
Chiesa di San Simon Piccolo.
Debbo dire che, fin dai primi
incontri, ebbi la sensazione di trovarmi di fronte ad un sacerdote
che credeva sul serio a quello che era il suo ministero, che credeva
nelle cose che diceva e che costituivano la sua essenza sacerdotale.
La sua fede cattolica era non
solo incrollabile, completa e totale, ma costituiva, per così dire,
parte integrante della sua anima e della sua personalità.
Mai l'affiorare di un dubbio o
di una perplessità sulle eterne verità, mai un movimento spirituale
che non fosse in sintonia con la sua costante e naturale
consapevolezza di essere alla presenza di Dio, anzi di essere
immerso nella Divinità, secondo la espressione di San Paolo nel
discorso all'Areopago. Donde il suo modo ed il suo stile di
comportarsi, di parlare, di giudicare gli uomini e le azioni,
sempre da un punto di vista trascendente, "habens in intimo Deum,
ubi certum est et incommutabile omne quod amamus".
Figlio della terra friulana,
aveva e ne conservava intatte le caratteristiche più salienti:
lavoratore indefesso, instancabile; uomo dalle intuizioni immediate
e lampeggianti, di profondo buon senso, anzi di senso pratico
campagnuolo, deciso e preciso nel comprendere e nel giudicare, fu
l'uomo che incarnava concretamente il divino comandamento: "...Sit enim sermo vester Est, Est; Non, Non; quod autem his abundantius est,
a malo est".
Quindi nemico istintivo ed
acerrimo di ogni compromesso, di ogni adattamento furbesco, di ogni
ambiguo patteggiamento con i suoi principi e con la sua fede.
Un sacerdote del genere non
poteva quindi trovarsi a suo agio nel clima presente, ove le verità
della Fede e le regole morali sono sfumate, adattate secondo le
convenienze, ed interpretate e stravolte con prolisse e fumose
discettazioni, che avvelenano il cuore e confondono lo spirito.
Il suo attaccamento e la sua
fedeltà alle Verità di sempre, alla Teologia cattolica di sempre,
alla Tradizione cattolica di sempre, alla Santa Messa di sempre, al
culto della Santissima Vergine e dei Santi, sono stati continui e
profondi, ed hanno attinto il grado dell'eroismo, se è vero che il
reggere ed il sopportare l'isolamento, la incomprensione, la
derisione, la emarginazione, per non dire la persecuzione vera e
propria, e ciò per più di venti anni, richiedono una forza d'animo
ed una pienezza e fermezza di convinzioni, che non sono certo
frequenti, anzi rarissime, forse sempre, ma sicuramente nel mondo
odierno.
Se don Siro Cisilino avesse
accettato comode transazioni con le sue convinzioni, dati i suoi
grandissimi meriti di studioso e di musicologo ed anche di compositore, sarebbe da molto tempo
divenuto una "star" internazionale nel mondo dei "prelati
eccellenti".
Avrebbe partecipato, con
accorto e sapiente battere di grancassa, ad innumerevoli tavole
rotonde, avrebbe scritto articoli e saggi dottamente illeggibili,
sarebbe stato popolare così nelle riviste scientifiche, come nei
rotocalchi, sarebbe stato un uomo famoso ed ascoltato, nel senso
effimero e mondano della parola.
Nulla di tutto questo, invece.
Certo don Siro non è mai stato un prete carrierista, anzi tutto
l'opposto. E queste due parole di "prete carrierista" gli avrebbero
fatto solo fastidio e pena, ché per lui l'unica carriera possibile
ed auspicabile per un prete era l'itinerarium mentis in Deum.
In verità, l'abbiamo visto
vivere in una povertà incredibile, in un totale nascondimento, che
solo i pochi amici e gli estimatori riuscivano, in piccola parte e
per poco tempo, a dissipare ed a vincere.
Vivere con Dio gli bastava.
Nell'assoluto silenzio viveva e si dispiegava la musica eterna cui
aveva dedicato le sue forze, e che era il suo colloquio con Dio.
Nell'occasione del suo funerale,
parteciparono due Arcivescovi ed un Vescovo. Mai tanta Ufficialità
era venuta incontro alla tonaca logora e stinta di don Siro.
Ufficialità però non vuol dire
amore. Tant'è che il suo desiderio e la sua preghiera di venire
accompagnato alla tomba con la "vera" Messa cattolica, non furono
esauditi.
Poi il corteo funebre si mosse
per le strade campestri del suo paese natio, verso il camposanto. La
giornata era fredda e bellissima.
Il corteo procedeva cantando il
salmo "Miserere mei, Deus", come una villotta friulana, alternandosi
le voci.
E come sembravano profondamente
vere per don Siro le parole: "Auditui meo dabis gaudium et laetitiam,
et exsultabunt ossa humiliata".
Federico Fontanella
da "Instaurare Omnia in Christo",
1987, 2-3, p. 7.
LINK UTILI
Don Siro Cisilino (1903-1987) e la messa tridentina
a Venezia, di Paolo Zolli