Messe latine antiche nelle Venezie
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Calendario liturgico
e governo ducale a Venezia

 

Nelle stampe de' calendari fu adoperata molta attenzione del Governo perché non fosse dato ingresso a novità alcuna. Impercioché questi libri ordinando di anno in anno la forma di celebrare i Divini Uffizi potrebbero somministrare alla corte di Roma una via molto facile per togliere a poco a poco in ogni parte del Mondo Cattolico quelle consuetudini che a Lei non piacciono, sebben lodevoli e buone, e sostituirvi quell'altre che sono più accomodate ai suoi particolari rispetti. Il diritto delle Liturgie e de' Riti propri si custodisce dalle Chiese e dalle Nazioni con somma gelosia, ne (sic) potrebbe farvi alterazione senza pericolo di rumori e di gravissimi inconvenienti. Qui a Venezia due volte ne fu promosso il tentativo: la prima nel 1628 quando essendo emanato certo Editto della Congregazione de' Riti il Patriarca d'allora Giovanni Tiepolo, uomo per altro d'innocenti costumi, era entrato in opinione di dover mutare molte cose nel suo Calendario ed agitato da questa vertigine mandò alcuni Quesiti alla medesima Congregazione da cui ebbe risposte tali che miravano ad abolire molte pie costumanze della città e il culto stesso che da rimotissimi tempi si prestava a qualche Santo o Reliquia insigne. Così per esempio non si dava luogo alla festa dell'Apparizione di S. Marco né alla Venerazione del corpo di S. Rocco perché la prima non si trovava nel Calendario Romano e perché il secondo non era stato riconosciuto per Santo colle forme nuove e coi dispendii che si usano in Roma. Non si voleva parimenti che più fossero tollerate le feste dei Santi Titolari di queste Chiese con Offizio di nove Lezioni sebbene tale uso era antichissimo e fondato in un Sinodo tenuto da Bartolomeo Querini Vescovo di Castello, il quale viveva nel 1274 e nelle Costituzioni d'Egidio Patriarca di Grado nel 1306 (sic: la data di quelle costituzioni è però il 1296).

Il qual uso era rimasto in pieno vigore senza alcuna difficoltà e interruzione anche dopo il Concilio di Trento e dopo la Bolla vigorosissima pubblicata nel 1568 da S. Pio V in materia di Messali e Breviarii. Volendo pertanto il Senato ovviare a questi e ad altri arbitrii e mantenere nel loro Stato gli antichi Privilegii e consuetudini della Città fece sapere al Patriarca che dovesse far seguire l'impressione del Calendario senz'alterazione o innovazione alcuna ma secondo l'uso antico ed inveterato. Il che fu anche seguito prontamente da lui e mantenuto dal suo successore Cardinale Federico Cornaro.

Il secondo tentativo seguì nel 1652 quando al Patriarca Giovanni Francesco Morosini venne in animo di far stampare improvvisamente fuori dello Stato il suo Calendario per l'anno 1653 con molte alterazioni che offendevano le ragioni di più Chiese Secolari e Regolari della Città e di queste stesse che sono di regio Jus Patronato del Principe. Li Pubblici Consultori le raccolsero in un foglio distinto in 4 capi mostrando li pregiudizi che ne sarebbero derivati e li Riformatori dello Studio di Padova, udito il rumore generato nel Clero e conosciuto il pericolo che quel piccolo foro potesse far maggiore apertura negli anni avvenire, ne fecero inteso il Senato senza dilazioni.

A ciò si aggiungeva che quella stampa era stata fatta in Città Estera ed introdotta poi nello Stato senza revisione alcuna contro i metodi delle Leggi e che non portava nome né di Città né di Stampatore contro le stesse regole dell'Indice Romano. Inoltre in luogo dello Stemma del Prelato vivente che suol imprimersi nella prima facciata si vedeva collocato quello de' Padri Gesuiti allora esclusi dallo Stato il che dimostrava e faceva presumere che quel Calendario fosse stato mandato a qualche Gesuita confidente a Ferrara, Bologna o altra Città vicina. E taluno sospettava che quel segno fosse stato posto a bello studio per far risorgere nel miglior modo che si potesse la memoria della Compagnia, accioché li Religiosi dovendo giornalmente avere per le mani questo Calendario s'inducessero a pregare Iddio che le mandasse un qualche cavallo per il ritorno.

Mosso adunque il Senato da tutte queste considerazioni ordinò con decreto 24 Genaro 1652 al Patriarca di dover abolire un tal Calendario e di farne subito imprimere un'altro dallo stampatore Ducale sulla norma vecchia e sempre usata, avvertendolo che così richiedeva la pietà cristiana e l'osservanza delle pubbliche leggi altre volte significate a suoi antecessori e che non promovesse mai più simili novità.

 

da "Scrittura intorno alla Proibizione de' Libri e Stampe, diretta dall'Ecc. Signor Alvise Valaresso, Savio all'eresia", 3 febbraio 1767, riportata da Silvio Tramontin, Il "Kalendarium" veneziano, in Culto dei Santi a Venezia, "BAC 2", Venezia, Studium Cattolico Veneziano, 1965, p. 281-283

 

 

 

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Inserito il 16 agosto 2011

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