Messe latine antiche nelle
Venezie
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Quale prudenza?
Questo articolo uscito su Panorama del 29 settembre prospetta gli atti che il Santo Padre - a quanto si dice - starebbe per compiere a proposito della messa latina antica: "una breve disposizione con cui Benedetto XVI affermasse che il rito tridentino non è mai stato abolito, perciò chiunque può utilizzarlo senza chiedere più alcuna autorizzazione". È quello che molti cristiani aspettano da anni, che l'associazione Una Voce chiede fin da prima della riforma del messale del 1970. Anche il problema che pone la situazione attuale, e che questo atto del Papa contribuirebbe a superare, è sintetizzato esattamente: "... i fedeli che desiderano partecipare alla messa tridentina hanno bisogno di un permesso: il cosiddetto indulto rilasciato dal vescovo. E a questo proposito i tradizionalisti lamentano arbitrarietà e prevaricazioni in molte diocesi ... L'attesa decisione di Benedetto XVI di riconoscere la validità per tutti del messale di San Pio V metterebbe i tradizionalisti al riparo dalla discrezionalità dei vescovi". Peraltro il pezzo contiene varie inesattezze, per esempio non sembra avere le idee molto chiare sul celebret e non precisa come l'indulto è il permesso che l'ordinario del luogo deve rilasciare a fedeli che chiedono di partecipare a questa messa, e/o a sacerdoti che chiedono di celebrarla per i fedeli e alla loro presenza, cioè pubblicamente. Anche gli elenchi delle messe tridentine in Italia sono inesatti, di solito per difetto. Nel primo (in comunione col Papa) mancano le messe di Firenze, Gorizia, L'Aquila, Padova, Piombino, Poggibonsi (Siena), Pordenone, Rimini, Treviso, Udine, Verona, Vittorio Veneto, praticamente la metà (cfr. www.unavoce-ve.it/messe-italia.htm). Invece non c'è più quella di S. Maria Maddalena a Trieste, che invece è indicata. Anche nell'elenco della Fraternità San Pio X vi sono omissioni: inspiegabile quella del Priorato Madonna di Loreto di Rimini (cfr. Sito della Fraternità in Italia). Incompleto pure l'elenco delle messe dei c.d. sedevacantisti, che poi si riduce a quelle dell'Istituto Mater Boni Consilii. La chiusa dell'articolo è fuorviante. Non può, se non eufemisticamente, definirsi prudenza quella di chi non vuole che il Papa compia la liberalizzazione dell'antico rito. Piuttosto si tratta di chiusura dovuta a evidente faziosità: per costoro quella messa non dovrebbe più esistere. Infine un grazie a mons. Bruno Forte che davvero ci mostra cosa vuol dire essere presidente di una commissione Cei: dire cose scontate, non rispondere alla domanda, non dare soluzione ai problemi... attenzione a non scontentare nessuno.
Fabio Marino
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VATICANO LA PROSSIMA SORPRESA CHE HA SERBO RATZINGER
Quant'è bello dire
messa alla tridentinadi Ignazio Ingrao
I tradizionalisti ne sono convinti: Benedetto XVI ha in serbo una clamorosa sorpresa. Presto in tutte le chiese si potrà tornare a celebrare la messa in latino secondo il vecchio rito del 1570 ("tridentino") in alternativa alla nuova messa in "lingua volgare" introdotta dopo il Concilio Vaticano II. Un ritorno alla tradizione ben più rilevante della liturgia di rito conciliare ma nell'antica lingua della Chiesa che ogni giorno il Pontefice celebra nella sua cappella privata, e che solo saltuariamente i fedeli possono ascoltare in chiesa, assai raramente con quel canto gregoriano che Joseph Ratzinger molto apprezza.
L'annuncio potrebbe arrivare al termine del sinodo dei vescovi sull'Eucaristia (dal 2 al 23 ottobre). O essere contenuto nell'eventuale "esortazione apostolica" che seguirà l'assemblea sinodale. Basterebbe una breve disposizione con cui Benedetto XVI affermasse che il rito tridentino non è mai stato abolito, perciò chiunque può utilizzarlo senza chiedere più alcuna autorizzazione.
Un'altra sorpresa, attesa dai tradizionalisti, potrebbe essere una "riforma della riforma" liturgica, volta a rivedere alcune parti delle celebrazioni: la preghiera eucaristica, l'offertorio e, forse, anche i riti d'inizio. A ridare fiato a queste speranze è stata l'udienza concessa il 29 agosto dal Pontefice a Bernard Fellay, superiore della Fraternità San Pio X che riunisce i seguaci di Marcel Lefebvre. "Si è manifestata la volontà di procedere per gradi e in tempi ragionevoli" ha dichiarato il portavoce vaticano Joaquin Navarro-Valls, al termine dell'incontro durato oltre 40 minuti. Un primo passo potrebbe essere proprio l'apertura sulla messa tridentina.
Attualmente il complesso arcipelago dei tradizionalisti è diviso in tre gruppi: le comunità che sono rimaste in comunione con il Papa, i lefebvriani scomunicati da Giovanni Paolo II e i "sedevacantisti" che negano l'autorità dei papi eletti dopo il Concilio Vaticano II. La Fraternità sacerdotale San Pietro, l'Istituto Cristo Re di Gricigliana (rectius: Gricigliano, ndr) vicino a Firenze, l'amministrazione apostolica di Campos in Brasile, i monaci benedettini dell'abbazia di Le Barroux in Francia sono alcune tra le principali comunità di tradizionalisti fedeli al Papa. Per celebrare la messa i loro sacerdoti hanno bisogno di un'autorizzazione speciale, il "celebret" rilasciata dalla Pontificia commissione Ecclesia Dei. Anche i fedeli che desiderano partecipare alla messa tridentina hanno bisogno di un permesso: il cosiddetto indulto rilasciato dal vescovo. E a questo proposito i tradizionalisti lamentano arbitrarietà e prevaricazioni in molte diocesi: denunciano come l'arcivescovo di Vicenza Cesare Nosiglia abbia rifiutato l'indulto a un gruppo di fedeli che avevano raccolto oltre mille firme.
Anche il vescovo di Pordenone, Ovidio Poletto, avrebbe negato i funerali in rito tridentino a un sacerdote defunto. Altrove sarebbe stata rifiutata la comunione ai fedeli che avevano chiesto di riceverla in ginocchio. E l'elenco potrebbe continuare. L'attesa decisione di Benedetto XVI di riconoscere la validità per tutti del messale di San Pio V metterebbe i tradizionalisti al riparo dalla discrezionalità dei vescovi.
Diversa la situazione dei seguaci di monsignor Lefebvre che fanno capo alla Fraternità San Pio X. Scomunicati nel 1988, quando Lefebvre ordinò quattro vescovi senza il permesso del Papa, ora sono presenti in tutto il mondo con 453 sacerdoti, 178 seminaristi, 108 suore, 7 seminari, due università, scuole e centri di formazione. A Ratzinger, in occasione del recente incontro a Castel Gandolfo, hanno chiesto il ritiro della scomunica e la riapertura del dibattito sul ruolo della tradizione nella Chiesa.
"Non è solo il problema della messa in latino, ma soprattutto di aiutare la Chiesa a uscire dalla crisi in cui è precipitata negli ultimi decenni" spiega a Panorama, don Marco Nély, superiore del distretto italiano dei lefebvriani. I membri della Fraternità hanno stampato una biografia su Lefebvre a 100 anni dalla nascita (1905-1991) in cui si contesta la legittimità della scomunica. L'edizione italiana sarà presentata il 19 novembre in un albergo a due passi dal Vaticano.
Le aperture di Benedetto XVI ai tradizionalisti dividono la Curia. Schierati a favore sono i cardinali Jorge Arturo Medina Estevez, Bernard Francis Law, Dario Castrillon Hoyos, Julian Herranz e l'anziano Alfons Maria Stickler. Fanno muro invece i vescovi francesi guidati dal cardinale parigino Jean-Marie Lustiger, e quelli tedeschi, guidati dal cardinale Karl Lehmann. Nemico giurato dei tradizionalisti è poi il cardinale Walter Kasper per le sue aperture ecumeniche. Un invito alla prudenza giunge anche dal presidente della Commissione Cei per la dottrina della fede, Bruno Forte. Interpellato da Panorama, Forte ricorda che "la Chiesa non ha mai rinnegato, né poteva farlo, quanto nei secoli ha maturato per pregare in maniera pubblica e ufficiale il Dio vivente". Tuttavia, raccomanda il teologo "il riferimento all'autorità del Papa e dei vescovi è indispensabile alla liturgia e ai suoi riti. Ogni uso diverso rischierebbe di esporsi ad arbitri e manipolazioni".
C'è attesa per vedere se Ratzinger presterà ascolto agli inviti alla prudenza oppure tenderà una mano anche ai tradizionalisti più decisi.
Dove ancora sopravvive il rito di san Pio V
Tra scismatici e papalini, tutti gli estimatori (e i relativi indirizzi) di una funzione vecchia di 5 secoli.
Messe celebrate dalle comunità tradizionaliste rimaste in comunione con il Papa (cosiddette "messe dell'indulto"):
- TORINO - chiesa della Misericordia
- MILANO - chiesa di San Rocco al Gentilino
- MANTOVA - Beata Vergine Maria del terremoto
- VENEZIA - chiesa dei Ss. Simeone e Giuda
- TRIESTE - chiesa di Santa Maria Maddalena
- GENOVA - cappella delle suore di Nostra Signora della Misericordia
- PARMA - chiesa abbaziale di San Giovanni Evangelista
- GRICIGLIANA (Firenze) - Istituto di Cristo Re Sommo sacerdote
- ROMA - chiesa dei santi nomi di Gesu e Maria - San Giuseppe a Capo Le Case -San Gregorio dei Muratori
- NAPOLI - chiesa delle Crocelle al Chiatamone
Messe celebrate dalle comunità che non riconoscono l'autorità dei papi
eletti dopo il concilio vaticano il ("comunità sedevacantiste"):
- VERRUA SAVOIA (Torino) - Istituto Mater Boni Consilii
- MILANO - oratorio Sant'Ambrogìo
- FERRARA - chiesa San Luigi
- MARANELLO (Modena) - Villa Senni
- RIMINI - oratorio San Gregorio Magno
- ROMA - oratorio di San Gregorio VII
- CHIETI - oratorio dei Preziosissimo Sangue
Messe della Fraternità San Pio X (i cosiddetti "Lefebvriani"):
- MONTALENGHE (Torino) priorato di San Carlo Borromeo
- SEREGNO (Milano) - Maria Ss.ma Immacolata
- SPINGA (Bolzano) - chiesa parrocchiale
- TRENTO - oratorio San Pio V
- LANZAGO DI SILEA (Treviso) - oratorio della beata Vergine di Lourdes
- BOLOGNA - oratorio San Domenico
- FERRARA - oratorio Sant'Ignazio di Loyola
- LUCCA - cappella di San Giuseppe
- ROMA - cappella Santa Caterina da Siena
- ALBANO (Roma) - Distretto della Fraternità San Pio X
- CHIARAVALLE (Ancona) - chiesa di San Benedetto
da "Panorama", 29 settembre 2005
www.panorama.it
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