Messe latine antiche nelle
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Pordenone 13 settembre 2010: Requiem nel V anniversario di don Ivo Cisar
Un prete che aspettava
"Summorum Pontificum"
Il 13 settembre 2010 ricorreva il quinto anniversario della scomparsa di don Ivo Cisar Spadon, incaricato dal vescovo di Concordia-Pordenone di celebrare la messa tridentina nella chiesa della Santissima a Pordenone.
Don Cisar è morto l'11 settembre 2005, i suoi funerali sono stati il 13 seguente, presieduti dal vescovo Poletto non secondo il rito tridentino che il Defunto aveva desiderato ed espressamente richiesto (cfr. www.unavoce-ve.it/uv-pn12-09-05.htm).
Nella stessa chiesa della Santissima il 13 una messa di requiem con assoluzione al tumulo in suffragio di don Cisar è stata cantata da don Vittorino Zanette del clero pordenonese che ha tenuto l'orazione funebre.
Una Voce Pordenone ha fatto celebrare questa messa e intende commemorare la figura del sacerdote, del teologo, del pubblicista.
Il Coordinamento di Una Voce delle Venezie ricorda don Cisar innanzi tutto quale suo assistente ecclesiastico, e come collaboratore di questo sito web, ove pubblicò un buon numero di scritti che si possono vedere nella pagina a lui dedicata (Pagina don Ivo Cisar). Per far questo volle imparare in breve tempo a usare il computer e la posta elettronica.
Fu sempre disponibile a celebrare messe tridentine ove c'era bisogno, anche fuori e lontano da Pordenone, senza curarsi della fatica procuratagli dall'età e dalle sue condizioni di salute.
Don Ivo Cisar non poté vedere il Motu proprio Summorum Pontificum, in quanto morì nel 2005, nei primi mesi del pontificato di Benedetto XVI, ma lo aspettava da anni, aspettava la libertà di rendere culto a Dio - come scriveva nell'Appello ai Vescovi esitanti - con "la santa messa celebrata in un rito scevro di qualsiasi errore dogmatico, ricco, bello, pastoralmente edificante e fecondo, perché nutre la vera pietà". Lo aspettava per se stesso, perché desiderava celebrare la messa tridentina il più possibile, lo aspettava per i fedeli che chiedevano di partecipare a questa messa e spesso ricevevano un rifiuto, unito a emarginazione, disprezzo, addirittura odio derivante da faziosità ideologica, ma lo aspettava soprattutto per la Chiesa, per il bene comune e la salvezza delle anime.
Nel citato appello ai vescovi, con la consueta efficacia delle argomentazioni e delle allegazioni, don Cisar chiedeva ai vescovi di non aver paura di permettere la messa con l'antico rito secondo le disposizioni allora in vigore di Giovanni Paolo II, a non temervi una contestazione alla loro autorità né una violazione dell'unità della Chiesa. Ecco un passaggio determinante: "Nessuno viola l'unità della Chiesa, minacciata non dalla varietà e ricchezza dei riti, nello spirito del Concilio Vaticano II che esprime stima per tutti i riti legittimamente riconosciuti (SC 4), ma dagli errori nella fede e dalla disobbedienza nella morale; non sono i riti, ma le eresie che dividono la Chiesa e disorientano i fedeli".
Se chi doveva applicarla - cioè appunto i vescovi - lo avessero fatto correttamente, probabilmente la legislazione di Giovanni Paolo II sarebbe bastata, e i vescovi stessi come corpo avrebbero tutelato maggiormente la propria autorità e dignità, rendendosi gli artefici del buon risultato raggiunto. Invece si è reso necessario Summorum Pontificum e, a tre anni dalla sua entrata in vigore (14 settembre 2007-14 settembre 2010), tutti capiscono che i maggiori problemi della sua applicazione sono creati sempre da loro, i vescovi. Per questo riteniamo che le considerazioni di don Cisar siano ancora più che attuali al giorno d'oggi.
Fabio Marino
LINK UTILI
In morte del Professor Don Ivo Cisar Spadon 1928-2005, di Giordano Brunettin
Inserito il 16 settembre 2010
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