Messe latine antiche nelle
Venezie
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La risposta di Paolo Granzotto a una lettera al direttore del Giornale
Su "Il Giornale" del 30 ottobre, Paolo Granzotto ha dato la risposta che riportiamo qui sotto alla lettera di una lettrice in merito al tentativo di "oscurare il messaggio del Papa" che elogia le bellissime preghiere del messale di san Pio V, contenuto nella Lettera del 21 settembre 2001 alla Plenaria della Congregazione del Culto Divino.
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A proposito della lettera del Papa alla Congregazione del Culto
Censurato il Pontefice a vantaggio di una liturgia da villaggio vacanze
Ho letto con interesse l'articolo di Andrea Tornielli sul Giornale di martedì 16 ottobre. Il tentativo di oscurare il messaggio del Papa, che elogia le bellissime preghiere del messale di san Pio V e incoraggia le pratiche di religiosità popolare, mi ha fatto comprendere meglio perché sia così difficile ottenere la celebrazione della messa antica.
Nel 1988 Giovanni Paolo II ha concesso l'indulto, ma molti vescovi non accolgono ancora l'invito del Santo Padre a concedere generosamente, ai fedeli che ne fanno richiesta, la messa tridentina. Chi ha la grazia di potere assistere alla messa antica è spesso mal tollerato o guardato con sospetto. Perché disprezzare il rito antico, quando la massima autorità della Chiesa ne elogia i contenuti? Oltre alla smania di novità, lo spirito dei tempi prevede anche un colpo di spugna sul passato della Chiesa cattolica?
Editta Pirone Vittorio Veneto (Treviso)
Gentile Signora, forse allertata dall'articolo di Andrea Tornielli, la Curia è corsa ai ripari e la lettera del Papa è stata finalmente pubblicata, nel Bollettino della Santa sede, il 17 scorso. Vale a dire un mese dopo essere stata letta ai membri della Congregazione per il culto divino. Ritardo sospetto, tenendo conto che sia il Bollettino sia "L'Osservatore Romano" danno sollecito riscontro di ogni iniziativa papale.
Che nella Chiesa prosperi una attiva fronda nei confronti della tradizione a tutto vantaggio d'un cristianesimo sociologico, per usare le parole di Giovanni Paolo II, senza dogmi definiti e senza morale oggettiva oltre che da una liturgia da villaggio delle vacanze, è cosa risaputa. Che quella fronda faccia di tutto per rendere inosservato l'indulto del 1988 che dà libertà ai vescovi di autorizzare, ove i fedeli ne facciano richiesta, la messa in latino è cosa che lascia perplessi. Ma che si arrivi a censurare la parola del Pontefice quando sarebbe doveroso diffonderla, rende sgomenti. Perché lascia intendere che il clero postconciliare non solo non intende piegarsi all'autorità, ma la contesta apertamente. Probabilmente in nome di una Chiesa "democratica", assembleare, tutta un dialogo e un fermento. Come se in fermenti producessero sempre e comunque il bene, la vita, dimenticando che anche la putrefazione è un pullulare di fermenti. In quanto al dialogo, va bene, ma a condizione che esso sia altresì strumento di confutazione, non solo di resa.
In questi giorni abbiamo assistito a una sorta di festival del dialogo. Mai visti assieme, e sotto l'egida della Chiesa apostolica romana, tutti quei ministri di culti diversi. Non dico tanto, ma una volta che è una i mullah nigeriani o sudanesi, prima durante o dopo avere menato strage di cristiani, hanno mai dialogato con un sacerdote cattolico?
Paolo Granzotto
da "Il Giornale", 30 ottobre 2001
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Inserito il 31 ottobre 2001
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