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antiche nelle Venezie
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Veneto
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S. Magno
di Giovanni Musolino
Tra la Livenza e il Piave, densa di boschi e intersecata da innumerevoli canali, si estendeva la laguna opitergina. Riparata dai cordoni litoranei, che la proteggevano a guisa di contrafforti, confinava da un lato con la zona acquea altinate e dall'altro con la laguna caprulense. Alle sue spalle le città di Concordia, Opitergio, Treviso e Altino si stendevano a corona, chiuse nella cerchia delle loro mura.
Il nucleo urbano, raccolto ad Eraclea, si era sempre più ingrandito in seguito alle frequenti invasioni barbariche. Dopo l'espugnazione di Oderzo, compiuta da Grimoaldo tra il 665 e il 668, il comando bizantino dell'ultimo baluardo in terra veneta si era trasferito nella nuova città, difesa dalla sua stessa posizione naturale, e ad Eraclea, sede di tribuni e di magistrati, facevano capo le isole rigurgitanti di profughi.
Con i fuggiaschi opitergini aveva trovato scampo nelle isole anche il vescovo s. Magno. Il trasferimento delle sedi episcopali dalla terraferma alle lagune era avvenuto anche in altre città venete occupate dai barbari. Paolino, Patriarca di Aquileia si era rifugiato a Grado, il vescovo di Concordia a Caorle, il vescovo di Altino a Torcello e quello di Padova sul lido di Metamauco.
Ormai il Cristianesimo trionfante si era definitivamente imposto sul vecchio mondo pagano dopo secoli di lotte e di sangue.
Tra il secolo IV e il VII tutte le città venete figurano già col loro Pastore. Oderzo, eretta a sede vescovile forse verso la fine del secolo IV con le città limitrofe di Altino e Treviso, nel 579 era sicuramente retta dal vescovo Marciano, presente al sinodo di Marano, e s. Magno intorno al 630 riceveva l'eredità di s. Tiziano nella guida della diocesi.
Giovinezza del Santo
Secondo una tradizione incontrastata s. Magno nacque ad Altino verso la fine del secolo VI. In quegli anni d'incubi e di terrori la città, che da quasi due secoli a brevi intervalli vedeva scorrere sotto le sue mura le orde barbariche, viveva sotto la minaccia dell'assalto longobardo. La fede cristiana, saldamente trapiantata nella città, aveva raccolto nel
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secolo precedente frutti abbondanti di santità. S. Eliodoro e s. Teonisto, s. Liberale e i martiri Tabra e Tabrata avevano impresso ad Altino il sigillo della fede illustrata dalle loro opere.
S. Magno crebbe nello spirito cristiano e in età giovanile si ritirò in un'isola della laguna per forgiare la propria anima alla santità, lontano dalla dissipazione e dai pericoli del mondo. Nella solitudine visse in penitenza e in preghiera e ne uscì corazzato di fortezza e preparato ad abbracciare il sacerdozio.
Lo zelo del santo giovane si esplicò particolarmente nella predicazione volta a ridestare la fede, a combattere l'eresia ariana e a distruggere le ultime propaggini del paganesimo. Per lui la parola, ispirata alle fonti i evangeliche, fu anche mezzo efficace per recare il balsamo della consolazione ai sofferenti e agli afflitti.
Avvenuta verso il 630 la morte del vescovo s. Tiziano, s. Magno fu preposto alla chiesa di Oderzo.
Oggi, a distanza di lunghi secoli e per l'assenza assoluta di fonti storiche, è impossibile precisare le circostanze e le ragioni che spinsero s. Magno dalla nativa Altino alla città di Oderzo. Tuttavia la tradizione è concorde nell'affermare sia la sua nascita altinate sia il suo episcopato opitergino.
Vescovo a Oderzo
L'attività pastorale di s. Magno trovò fondamento e sostegno nella saldezza delle sue virtù. Viene esaltata in lui la profonda umiltà che lo rendeva inferiore a tutti e che gli consentiva di guadagnare anime a Dio. Per mezzo di tale virtù gli era facile accostarsi ai poveri e sentire nella sua anima gli echi delle sofferenze altrui. Il fuoco della carità, lo spirito della preghiera, la mansuetudine e la operosità sollecita nella cura del gregge facevano di lui il santo pastore modellato sulla immagine viva di Cristo.
Accadevano intanto fatti nuovi che spingevano s. Magno ad abbandonare la sua sede e a cercare un luogo più sicuro per sé e per il suo popolo.
I Longobardi all'inizio del secolo VI avevano iniziato la conquista delle città venete soggette ancora ai Bizantini. Erano già cadute Padova, Monselice, Concordia e Altino. L'ultimo contrafforte era rappresentato da Oderzo. Rotari la conquistò nel 638, provocando l'esodo della città
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di s. Magno e di molti cittadini. Causa principale della migrazione collettiva, pur dopo la conversione dei Longobardi avvenuta circa quaranta anni prima per opera di papa Gregorio Magno e di Teodolinda, era che Rotari appoggiava l'eresia ariana.
I vescovi della terraferma soggetti ai dominatori si erano ormai staccati dalla dipendenza del patriarca gradense, fedele alla sede romana, e avevano eletto un nuovo patriarca aquileiese, protetto dai Longobardi e aderente alle posizioni dello scisma dei Tre Capitoli. La sottomissione all'invasore importava non solo la perdita della libertà politica, ma anche il distacco dalla Chiesa romana.
Vescovo e popolo, all'avvicinarsi dei Longobardi, lasciarono la città e si diressero verso le isole della laguna opitergina, dove da tempo numerosi nuclei di profughi avevano fissato la loro dimora.
Tramontava definitivamente la potenza di Roma sotto l'urto della violenza barbarica, ma tra acque e canneti, come un giorno Roma sulle sponde solitarie del Tevere, sorgeva Venezia irraggiata dallo splendore della fede. Incrollabile muro di difesa era la distesa della laguna e il mare era la grande strada che si apriva a tutte le conquiste.
L'operosità del santo Vescovo in quegli anni di lotta contro la natura e l'indigenza dovette essere intensa. Alla città abbandonata in mezzo alla opulenza della pianura si opponevano in contrasto stridente le capanne squallide fra gli acquitrini, dove ogni giorno la vita induriva nella fatica, in lotta con la terra scarsa e povera.
Fra l'accozzaglia dei casolari dovettero sorgere le chiese. Anche a Eraclea, come a Torcello, fu innalzata, forse fin dai primi anni dopo la peregrinazione di s. Magno, una chiesa che la tradizione vuole dedicata a s. Pietro. Le altre erano chiesuole di legno e paglia, a somiglianza di quelle che alcuni secoli più tardi sarebbero state erette nella zona realtina. Erano i tabernacoli che il nuovo popolo del Signore levava nel suo esodo verso un deserto di sabbia e di fango.
San Magno si prodigò nel sorreggere con la sua parola consolatrice e illuminata la turba stretta dal disagio, mentre l'autorità civile, rappresentata dal Maestro dei militi, dipendente dall'Esarca di Ravenna, dispiegava tutta la sua opera per il riordinamento e il consolidamento delle nuove popolazioni sotto l'autorità di Bisanzio.
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La "leggenda" di s. Magno
Secondo la tradizione 1'opera di s. Magno non si limitò alle isole della laguna opitergina, ma si estese più lontano. Lo zelo pastorale spinse il s. Vescovo alle isole realtine. "La leggenda di s. Magno", che nelle sue pagine racchiude gli echi di istituzioni, luoghi e avvenimenti posteriori, espressione di una fede semplice, che fa pensare agli scritti ingenui del Trecento.
Secondo la "leggenda", a s. Magno, mentre era in orazione, sarebbero apparsi in successive visioni s. Pietro, l'angelo Raffaele, il Salvatore, la Vergine, s. Giovanni Battista, s. Giustina e i dodici Apostoli, che gli avrebbero ingiunto di innalzare delle chiese in loro onore. Il Battista inoltre avrebbe richiesto la erezione di una chiesa dedicata al padre san Zaccaria. E il s. Vescovo avrebbe degnamente compiuto l'opera.
S. Magno trascorse gli ultimi anni di vita in profonda angustia per le tristi ed estreme vicende di Oderzo. La città dopo l'occupazione di Rotari aveva lentamente ripreso un nuovo ritmo di vita. Alcuni profughi erano forse tornati alla vecchia patria e furono forse frequenti i contatti tra gli Isolani e la terraferma. Tali fatti suscitarono i sospetti di Grimoaldo, re dei Longobardi, che tra il 665 e il 667 assalì la città e la distrusse dalle fondamenta.
Dopo la morte
Alcuni anni dopo, forse intorno al 670, all'età di circa novant'anni moriva s. Magno e le sue spoglie venivano deposte nella cattedrale di Eraclea.
Nel 1206, al tempo del doge Pietro Ziani (1205-1229), poiché la città era ormai distrutta dalle acque e abbandonata, i resti del Santo furono trasferiti a Venezia nella chiesa di s. Geremia.
Ivi s. Magno riposò per lunghi secoli.
Nella vecchia chiesa di s. Geremia l'urna era collocata in una cappella che fu restaurata nel 1610 e nel 1681. Ricostruita la chiesa tra il 1753 e il 1760, le spoglie del Santo trovarono riposo in un'urna collocata sopra l'altare laterale eretto a destra della porta d'ingresso che si apre sul campo di s. Geremia.
Tale chiesa non fu scelta a caso per il riposo delle spoglie del Santo. Secondo la tradizione s. Magno apparteneva al casato dei
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Frizier, trasferitosi pin tardi in quella parrocchia, e nel palazzo che sorgeva dov'è ora l'Istituto Manin veniva mostrata la camera già abitata da s. Magno. Ma la ragione che indusse a scegliere la chiesa di s. Geremia per la sepoltura del Santo va più verosimilmente ricercata nel fatto che il doge Pietro Ziani, sotto il quale avvenne la traslazione, aveva voluto rendere un devoto omaggio alla pietà del padre, il doge Sebastiano Ziani, che nel 1174 aveva fatto ricostruire la chiesa cadente.
NOTA LITURGICA
Il culto di s. Magno fu sempre vivo a Venezia e la festa veniva celebrata il 6 ottobre, giorno della traslazione delle sue reliquie. Un decreto del Senato emesso il 15 agosto 1423, concedeva che nella chiesa di s. Geremia venisse istituita una confraternita in onore di s. Magno. Un altro decreto del 21 dicembre 1459 considerava la festività del Santo tra le più solenni della città. In essa infatti i Consigli e le Magistrature si astenevano dal lavoro, anche se la popolazione continuava lo svolgimento della sua attività quotidiana.
Anche la Scuola dei Mureri riconosceva come suoi protettori s. Tommaso Apostolo e s. Magno.
Nel 1563 un nuovo decreto del Senato permetteva che la reliquia di un braccio, staccata dai resti di s. Magno, fosse devotamente custodita nella basilica di s. Marco. La reliquia fu processionalmente portata a s. Marco dal Patriarca Giovanni II Trevisan, dal Capitolo, dal clero e da una folla di popolo ed ogni anno nel giorno della festa veniva esposta alla pubblica venerazione. L'insigne reliquiario, che è fatto a forma di braccio ed era ricco di smalti e pietre preziose ora quasi totalmente scomparsi, è custodito nel Tesoro della Basilica.
I1 nome di s. Magno era pure inserito nelle litanie patriarchine, un tempo recitate quotidianamente in s. Marco. Nella quarta campana di s. Marco, quella detta dei Pregadi, il nome del Santo è posto accanto a quello di sant'Isidoro e di s. Nicola. Dal 1454 viene recitato nel Patriarcato l'ufficio proprio del Santo: la festa è celebrata nelle chiese di s. Geremia, di s. Maria Formosa, di s. Salvador, dove un altare prende il nome del Santo, e di Eraclea.
Per sette secoli e mezzo le spoglie del santo Vescovo riposarono nella chiesa di s. Geremia, ma il 22 aprile 1956 s. Magno tornò nella nuova Eraclea e i suoi resti sono ora custoditi nella chiesa parrocchiale di s. Maria Immacolata.
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NOTA ICONOGRAFICA
Un sarcofago del secolo XIV infisso nel muro del campanile di s. Maria Formosa ed ora incluso nel corpo della sacrestia, mostra s. Magno in abiti pontificali in atto di benedire. Nel Catalogus Sanctorum di Pietro de Natali il Santo è raffigurato in piedi, ravvolto nel piviale, con mitra e pastorale. Nel Legendario de' Santi di Jacopo da Varazze, pubblicato a Venezia nel 1493 dallo stampatore Matheo de Codegha da Parma, il Santo è presentato come costruttore di chiese. Nello stesso Legendario, stampato a Venezia dai fratelli N. e D. del Jesus nel 1518, s. Magno benedicente tiene con la sinistra il pastorale; a destra c'e la facciata d'una chiesa e dal lato opposto alcune abitazioni. Nell'atrio della basilica di s. Marco, sotto l'arco che copre la lunetta murale opposta alla Porta dei Fiori, un medaglione mostra il Santo a mezzo busto, che regge col braccio sinistro una chiesa. Cima da Conegliano nella Incredulità di Tomaso, che è all'Accademia di Venezia, ha raffigurato il Santo ritto a sinistra, con folta barba bianca, ravvolto in un ricco piviale istoriato, con un libro nella destra e il pastorale nella sinistra. Un grande quadro di Giulia Lama, già sull'altar maggiore di s. Maria Formosa ed ora custodito nella sacrestia superiore, mostra al centro la Madonna, s. Magno in piedi e al basso Venezia inginocchiata in abito di dogaressa. Nella chiesa di s. Geremia la pala dell'altare di s.Magno, opera di Palma il Giovane, rappresenta nella parte superiore la Vergine col Bambino e nel mezzo il Santo e la Fede che incoronano Venezia simboleggiata da una nobildonna. Zoppo Dal Vago, nella pala che è sull'altar maggiore della chiesa di s. Canciano, raffigura san Magno con altri Santi. Nel quadro che è alla Madonna dell'Orto il Santo è raffigurato in abiti pontificali. Nella chiesa parrocchiale di Portegrandi (Venezia) un quadro secentesco con s. Magno e Santi, già sull'altar maggiore ora conservato in sacrestia. Nella sacrestia di s. Salvatore a Venezia è custodito un piccolo quadro del Santo; recentemente ripulito ha svelato un tardivo adattamento d'un quadro anteriore che rappresentava un prelato. In una Croce astile di s. Maria Formosa in legno policromato del secolo XVIII ai piedi del Crocifisso vi il busto di s. Magno. Una incisione di Giovanni Contarini del 1822 ripete l'iconografia della Madonna dell'Orto. Da pochi anni sulla facciata della chiesa di s. Magno a Portegrandi è stata fissata la figura del Santo in mosaico nel tradizionale atteggiamento di costruttore di edifici sacri mentre sostiene con la mano la chiesa di s. Maria Formosa da lui fondata. Andarono disperse due tele già appartenenti alla chiesa di s. Giustina, una con s. Magno e Santi di Giovanni Contarini e l'altra con s. Magno costruttore della chiesa di Alessandro Varotari.
Il Santo figura pure ai Tolentini in una tela del Forabosco.
NOTA BIBLIOGRAFICA
La Cronaca Veneta detta Altinate, in Archivio stor. Ital., tomo VIII (pp. 91-126).
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P. DE NATALI, Catalogus Sanctorum et gestorum eorum, Venezia 1530.
F. PORTA, Libro delle vite de' Santi li corpi de' quali riposano nella Città di
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Venezia, Ms. Ital. Cl. VII, 361 della Biblioteca Marciana di Venezia.
F. MANFREDI, Predica di s. Magno, Venezia 1605.
A. GASPARINI, La Vita ovvero Memorie dell'opere mirabili di s. Magno nobile di Altino e Vescovo di Eraclea, Venezia 1736.
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da G. MUSOLINO - A. NIERO - S. TRAMONTIN, Santi e Beati Veneziani. Quaranta profili,"Biblioteca Agiografica Veneziana 1", Venezia, Studium Cattolico Veneziano, 1963, pp. 87-93
LINK UTILI
Il Beato Pietro Acotanto, di Silvio Tramontin | San Pietro Orseolo, di Antonio Niero
I patroni di Venezia, di Antonio Niero
San Pio X, patriarca di Venezia, di Silvio Tramontin
La Biblioteca Agiografica Veneziana nella recensione di Paolo Zolli (1968)
Inserito il 6 ottobre 2011
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