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Cesare Zangirolami
Storia delle Chiese dei Monasteri delle Scuole di
Venezia rapinate e distrutte da Napoleone Bonaparte
CHIESA DI
SAN GEMINIANO
Narsete capitano dell'Imperatore Giustiniano contro
Totila, Re dei Goti, che occupava gran parte dell'Italia, radunato un
nuovo esercito nel 552, consultò i Veneti che lo aiutarono, e che con le
loro barche hanno molto giovato al bene dell'impresa. Si dice che per
questo aiuto Narsete fece edificare due chiese in Rialto, l'una sacra a
san Teodoro e l'altra ai Santi Geminiano e Menna.
Si ritiene che siano state fabbricate dal 552 al '54
su quella piazza che fu poi detta di San Marco dal Tempio elevato al
Santo Evangelista. Questa chiesa di San Geminiano si alzò sulla sponda
del canale Batario che traversava la piazza dal ponte del Malpasso, poi
detto dei Dai, al canale che sbocca nel bacino di san Marco, dove è il
ponte che conduce ai Giardinetti. L'incendio del 1105 la distrusse, ma
fu ben presto rifatta nell'antico punto. Sotto il principato del Doge
Vitale Michiel II (1155-1172) volendo ingrandire la piazza, si è
interrato il canale, contrassegnando il punto con una pietra rossa
innestata nel pavimento, e che si trovava al sedicesimo arco delle
Procuratie nove contando dall'angolo dietro il campanile, e, demolita la
chiesa, si è rifatta nel sito dove poi fu sempre. Prima di eseguire il
trasporto della Chiesa, la Republica inviò ambasciatori a Roma per
ottenerne l'assenso, ma il Papa rispose che né la Chiesa né la Santa
Sede potevano concedere che si facesse il male, ma che dopo fatto poteva
venir perdonato.
I veneziani capirono, fecero rovinare la chiesa, indi
mandarono al Papa per l'assoluzione, impegnandosi il Doge di visitare la
nuova chiesa ogni anno, nel lunedì della Pasqua di Risurrezione. Da
questo fatto ebbe origine l'andata annuale del Doge alla visita della
chiesa di San Geminiano. Però la visita invece che al lunedì veniva
fatta la Domenica in Albis, cioè nella ottava di Pasqua.
Passarono i secoli, ed il tempio minacciava di
rovinare; nel 1505, sotto il Doge Leonardo Loredan, sul modello di Cri-
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stoforo dal Legname, fu cominciato a ríalzarlo
internamente, ma, fatta la cappella maggiore, il rimanente della Chiesa
rimase imperfetto fin all'anno 1557 in cui il benemerito piovano
Benedetto Manzini ne procurò il compimento su disegno, sì esterno che
interno, di Jacopo Sansovino. Dice il Temamza "In quest'opera studiò il
Sansovino di superare sé stesso. Unì molto bene nell'interiore la
cornice dell'arco della cappella col sopraornato del principal ordine
della Chiesa, ed ordinò tutte la parti di essa con tal gentilezza e
proporzione che da ogni intendente è sommamente commendato. Con eguale
maestria condusse anche la facciata ripartita in due ordini con bella
porta nel mezzo, e colle finestre proporzionate fra gl'intercolunnj
laterali".
Ed il Paoletti scrive: "E grande studio pose anche in
quella fabbrica quel celebre architetto; unendo bene nell'interno la
cornice dell'arco della cappella sopraornato del principal ordine della
chiesa; e ordinando tutte le parti con gentilezza e proporzione per
nulla dire della bella facciata esteriore divisa in due ordini e
fregiata di bella porta. Fece ancora di più. Siccome da quel lato
l'ordine delle vecchie procuratie era originariamente composto di sole
cinque arcate così quando Sansovino finì la chiesa ne collegò la
facciata con quella delle procuratie medesime aggiungendo una sesta
arcata eguale nelle altre cinque: ma chiusala nel piano terreno la
ridusse ad uso di cappella, che si denominava appunto la cappella di
Sansovino, anche perché in essa fu sepolto insieme ai suoi figli
Francesco e Fiorenza"
[1].
Questa chiesa di San Geminiano era una delle preziose
sì per la struttura quanto per la ricchezza dei marmi: essa era di
dentro e di fuori tutta incrostata di pietra d'Istria: aveva colonne,
statue e cinque altari, oltre quello della Cappella Sansovina.
Nella facciata interna v'era la statua pedestre del
Generale Marchiò
[2] Michiel; sull'altar maggiore tre belle figure di
marmo scolpite da Bartolomeo Bergamasco; una testa al naturale del
piovano
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Matteo, opera di Cristoforo dal Legname, ed un'altra
del benemerito piovano Manzini, di Alessandro Vittoria. In quanto a pitture v'era: alla parte
sinistra entrando dalla porta
maggiore, una tavola con Santa Cattarina con l'Ange1o che
le annunzia il martirio, opera di Jacopo Tintoretto
(1518-1594); alle portelle dell'organo: al di sopra due Santi Vescovi, e dalle
parti i Santi Giovanni Battista e San
Menna Cavaliere, il tutto opere bellissime di Paolo Caliari
detto il Veronese (1530-1588);
la figura di San Menna è la
più pronta e leggiadra che facesse l'autore (Marco Boschini); nella
Cappella del Santissimo, la cena di Gesù, di
Francesco Santacroce (1516-15S4); e dello stesso autore
alla mezzaluna al disopra era
il quadro con la Risurrezione;
ai lati dell'altare erano due
quadri con azioni della vita di Cristo, opere di Giuseppe
Scolari. La cupola di questa Cappella con adornati e figure, opera di Giovambattista
Grone. Dalle parti dell'altar
della Madonna, vi era l'Annunziata, della scuola del Veronese.
Vicino al detto altare v'era
un quadro con la Visita dei
Re Magi, di Alvise del Friso
(1554-1609), e dello stesso la
mezzaluna al di sopra, con Angeli che adorano lo Spirito Santo. Nella mezza luna
sopra il Deposito, verso la
Frezzaria, con la Beata e diversi Angeli, era pure della
scuola del Veronese. La palla
che seguiva con Sant'Elena,
San Geminiano Vescovo
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e San Menna Cavaliere, opera
rara di Bernardino da Murano.
Nella Cappella del Cristo,
pure verso la Frezzeria, il primo quadro con Gesù morto
in braccio alla Madre, di mano di Antonio Balestra (1666-1740), ed il secondo con la
Risurrezione di Lazzaro, del
Girolamo Brusaferro (1700-1760); ed il terzo con il cieco
nato, di Gregorio Lazzarini
(1665-1730). Passata la finestra,
il quadro con: L'adultera, di
Girolamo Brusaferro; il seguente con il Transito di San Giuseppe, di mano di Antonio
Pellegrini (1675-1741); e l'ultimo con l'apparizione di Cristo alla Maddalena,
opera del
cav. Nicolò Bambini (1651-1736).
Il soffitto di mezzo aveva la
Resurrezione dal Cristo, del
Sebastiano Ricci (1659-1734).
Le due Sante Maria Maddalena e Barbara, opere di Bartolomeo Vivarini (1432-1499),
ch'erano in questa Cappella,
sono state poste vicino alla
Sagrestia. Ma altri antichi
pezzi che vi erano, nel 1797
non si videro più.
Nella Cappella del Sansovino v'era un Crocifisso assai bello, scolpito in legno dal Faentino
(sec. XVI).
Fra le Reliquie vi era il
corpo di San Geminiano, portato da Roma nel 1693. In
questa Chiesa vi erano le
Scuole: del Santissimo, di
Santa Cattarina Vergine e Martire,
della Beata Vergine,
di San Geminiano (dei vaginai) che era all'altar dei tornitori. V'era il busto in bronzo di Tommaso Rangone
(medico e filologo); questo busto
venne portato all'Ateneo
[3].
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Oltre al padre e figli Sansovino, fra altri illustri
sepolti in questa chiesa erano: Marchiò Michele, Giampaolo Stella,
Tommaso Rangone da Ravenna, Giovanni Laro, Stefano barone di Lottinger,
ecc.
Scrive Emanuele Cicogna:
"Da un manoscritto Giornale tenuto da Antonio
Gelli, si legge:
- 20 gennaio 1798 - In questo giorno fu consacrata
(cioè riconciliata) la Chiesa di S. Geminiano in fondo alla piazza S.
Marco che dalli Francesi fu fatta un quartiero di soldati prima che si
facesse la gran Guardia alla Piazzetta.
- Adì 18 aprile 1807 - Fu sospeso in quest'oggi l'officiatura
della Chiesa di S. Geminiano, e chiuse le porte, ed il piovano
[4]
con il capitolo fu trasportato alla Chiesa di S. Gallo in campo Rusolo,
e poi getta giù la Chiesa per fare una scala per introdursi nel Regio
Palazzo che si deve costruire.
- Adì 15 novembre 1814 - Alle 11 pomeridiane di
quest'oggi si rende il passaggio libero alle Procuratie ove era la Chiesa di S. Geminiano
ora Palazzo Regio".
E così demolita la Chiesa
e le arcate delle vecchie Procuratie, su disegno del cav.
Giuseppe Soli da Modena
professore nel1'I. R. Accademia di Milano si eresse la fabbrica come tuttora si vede, la
quale dalla parte che prospetta la Piazza non è altro che
una continuazione delle Procuratie nuove.
Uno degli altari fu trasportato nel palazzo Patriarcale. -
L'altar maggiore venne portato nella sagrestia di San
Giorgio Maggiore - Le pitture furono depositate nell'ex
Priorato di Malta.
E così il sig. Bonaparte
compì l'opera di distruzione,
infischiandosene della Religione e dell'Arte.
Ah! questi dittatori.
__________________________
[1]
Il Prof. Eugenio Musatti nei suoi Monumenti di Venezia, ediz. Ongania,
1893,
scrive "Eppure quell'insigne
monumento sansoviniano fu
demolito nel 1810 a fine d'erigere, al suo posto, la Scala
del palazzo reale ed unire le
Procuratie vecchie con le nuove mediante una fila di stanze e l'aggiunta di alcuni archi.
Col tempio scomparve,
per conseguenza, la splendida cappella eretta dallo stesso
Sansovino, che volle essere
quivi sepolto, non mai supponendo che un giorno le di lui
ceneri avrebbero trasmigrato
per cagione di servile ossequenza".
[2]
Marchiò (Melchiorre).
[3]
Tommaso Rangone da
Ravenna lasciò Commissari in
perpetuo della sua eredità i
piovani di San Geminiano, San Giuliano e san Giovanni
in Bragora, con l'obbligo che
in alcuni anni nel giorno di
San Geminiano (31 gennaio)
venissero imbossolati i nomi di
sei donzelle per ognuna delle
tre parochie, delle quali ne
venissero favorite soltanto sei e premiate di ducati venti ognuna per maritassi o monacarsi. Più lasciò che venissero
accolti gratuitamente nel Collegio Ravenna in Padova alcuni studenti che aspiravano
alla laurea dottorale.
[4]
Ultimo piovano di San
Geminiano fu don Antonio de
Paoli.
da: C. ZANGIROLAMI, Storia delle Chiese dei Monasteri delle Scuole di
Venezia rapinate e distrutte da Napoleone Bonaparte, Mestre, Vianelli,
1962 (rist. Venezia, Filippi, 2007), pp. 139-143.
LINK UTILI
Cesare
Zangirolami, Storia delle Chiese dei Monasteri delle
Scuole di Venezia rapinate e distrutte da Napoleone
Bonaparte - Chiesa di Santa Giustina