Omelia di mons. Athanasius Schneider alla
Rettoria di S. Toscana, Verona
il 20 ottobre 2013
In
questa santa Messa vogliamo in modo particolare esprimere la nostra
fede cattolica, rinnovare la nostra fedeltà alla immutabile fede
cattolica e la nostra gioia di poter credere in modo cattolico.
L'espressione
più sublime della immutabile fede cattolica è la liturgia tale quale
ci è stata trasmessa in modo organico dai santi apostoli. Ci
dovrebbe commuovere oggi il fatto che possiamo celebrare la Messa
così come era celebrata da tanti santi durante più di un millennio e
come era celebrata ai tempi dei nostri nonni e padri.
Credo in sanctam
ecclesiam catholicam. Quando professiamo
la fede nella Chiesa cattolica, professiamo la verità che Cristo ha
creato la Chiesa, e che essa è una e unica, e che questa chiesa è la
Chiesa cattolica. Cristo ha creato la Chiesa non soltanto sul
fondamento che Egli stesso è, ma anche sulla roccia visibile, che è
l'apostolo Pietro e ciascuno dei suoi successori.
Nello sfondo degli innumerevoli scismi tra i
discepoli di Cristo e tra gli stessi vescovi durante tutta la storia
della Chiesa, san Pietro e suoi successori, i Romani Pontefici,
mostrano al mondo tutta la verità delle parole divine: "Su questa
pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non
prevarranno contro di essa" (Мt 16, 18).
Sin dai tempi antichi si udivano queste parole: ubi
Petrus, ibi ecclesia, parole di sant'Ambrogio. Chi è con Pietro
e con il suo successore si trova senza dubbio nell'unica Chiesa di
Cristo. Per questa ragione tutti i persecutori della Chiesa e tutti
gli scismatici di tutti i tempi hanno tentato di separare i fedeli
dalla roccia di Pietro, che è la Cattedra romana.
Ciò che dava ai martiri e ai confessori la forza di
patire, e soprattutto la forza della pace dell'anima in mezzo alle
condizioni disumane delle carceri e dei campi di concentramento, era
la santissima Eucaristia. Quando leggiamo le testimonianze della
loro vita, scopriamo per noi oggi l'esempio della loro fede
profondissima nel mistero della santissima Eucaristia, del loro
ardente amore e della loro delicata riverenza verso questo massimo
mistero della nostra fede, giacché sapevano che l'Eucaristia è il
Signore: Dominus
est. E questo dice tutto.
Vogliamo citare alcuni dei confessori di Cristo di
uno dei più orribili campi di concentramento stalinisti, dalle isole
Solovetski nel mare nordico. Padre Donato Nowitsky scriveva: "A
lungo celebravamo la santa Messa nel sottotetto in soffitta, tutto
il tempo in ginocchio, poiché era impossibile stare in piedi. Il
sacerdote Nikolaj andava ogni giorno nella cappella. Dopo una
giornata di estenuanti lavori forzati, si alzava alle 5 di mattina,
prendeva una piccola quantità di vino, mescolata con una goccia
d'acqua e un pezzetto di pane e correva alla cappella. Nelle nostre
riunioni attorno all'Eucaristia c'erano momenti di gioie spirituali.
Ringrazio Dio che potevo essere nelle isole Solovki. Non di rado ho
sperimentato in quell'orribile luogo il soffio del paradiso e rare e
grandi gioie. Abbiamo seguito il principio di guardare tutte le cose
con gli occhi della fede e rallegrarci sempre nella coscienza di
servire la verità e di goderne in ogni momento".
Padre Donato Nowitsky ha lasciato la seguente
commovente testimonianza della sua propria ordinazione, avvenuta lì
segretamente: "C'era la situazione delle catacombe, e nella povera
cappella era seduto su di un semplice banco al posto della cattedra
il giovane vescovo Boleslaw Sloskans. Il vescovo officiava senza
mitra e bacolo. Il suo volto irradiava una grande perfezione
spirituale e sostituiva in un certo modo questi ordinari segni del
potere episcopale. Nella cappella si sentiva il profumo della
grazia. Abbiamo sperimentato, che qui in questa terribile isola, le
parole di Cristo erano piene di un significato reale: ‘sono con voi
tutti i giorni', ‘le porte degli inferi non prevarranno contro la
Chiesa'.
Era il giorno sette dicembre del 1928. Non potevo
contenermi dalle silenziose e gioiose lacrime, quando il vescovo
Boleslaw ha imposto le mani sul mio capo dicendo: Accipe
Spiritum Sanctum, e quando anche gli altri sacerdoti confessori
hanno toccato il mio capo. Sentivo che la principale forza, con la
quale potevo servire Dio nel carcere, era il santo Sacrificio della
Messa. Sentivo che Cristo è per sempre mio, e che io sono suo servo
per sollevare le sue sofferenze. La mia anima sentiva e diceva
soltanto una cosa: Signore mio e Dio mio!".
Carissimi fratelli e sorelle, questi esempi devono
commuoverci e incoraggiarci nell'esercizio della nostra santa fede.
Per i nostri fratelli martiri e confessori l'Eucaristia era il
centro di ogni giornata e il vero fine di tutta la loro vita.
Persino nelle condizioni miserevoli delle catacombe essi hanno
dimostrato la massima attenzione e riverenza per l'Eucaristia.
Nemmeno un dettaglio del rito della Messa e dei gesti esteriori
venivano considerati secondari. Quale esempio per noi, che viviamo
nella libertà, avendo tante possibilità di celebrare la santa Messa
con solennità e tutta la ricchezza del culto, degno della maestà
divina!
Vogliamo competere con loro nel modo di celebrare e
venerare l'Eucaristia. Quale esempio della fede sarebbe, se nel
mezzo della crisi liturgica della Chiesa latina ai nostri giorni in
tutte le sante Messe in tutto l'orbe, i cattolici ricevessero la
santa Comunione inginocchiati ed in bocca; se durante la liturgia
della Messa fossero sempre più grandi i segni di adorazione, di
silenzio, di sacralità nella musica; se il sacerdote e i fedeli
fossero rivolti con l'anima e il corpo al Signore, guardando insieme
il volto del Crocifisso o il volto di Cristo nel tabernacolo al
centro della chiesa.
In tal modo la fede crescerà e diventerà sempre più
cattolica, sempre più eucaristica. Quando sentiamo le parole del
sacerdote Introibo
ad altare Dei, quando seguiamo interiormente ed esteriormente
tutto il rito della Messa, sperimenteremmo che la liturgia è
l'adorazione amorevole e redentrice di Cristo, che la liturgia è il
volto stesso di Cristo, al quale tutti devono essere rivolti.
In ogni vero cattolico dovrebbe rispecchiarsi la
preghiera adorante di Cristo. Il vero rinnovamento della Chiesa ai
nostri giorni ci sarà solamente quando i fedeli, ed in primo luogo
il clero, aspireranno sinceramente alla santità che è la perfezione
della carità. Ma la santità e la carità verso il prossimo non c'è, e
mai ci sarà senza l'adorazione riverente di Dio, cioè senza una
liturgia riverente e cristocentrica. La santità e la vera carità
verso il prossimo non ci sarà senza che la Chiesa dei nostri giorni
si inginocchi con amore e tremore davanti a Cristo, realmente e
sostanzialmente presente nel mistero eucaristico.
Tutta la vita della fede e tutta la liturgia siano
permeate dalla riverenza davanti alla maestà di Dio, nella coscienza
che tutto viene da Lui, e siano allo stesso tempo permeate dalla
gioia dell'Ad Deum qui laetificat
iuventutem meam, del Misericordias
Domini in aeternum cantabo. La santità e la bellezza celeste
della liturgia della Messa proclama questa verità e ci conforta in
essa: Credo
in ecclesiam catholicam, apostolicam et Romanam. Amen.
Omelia di mons. Athanasius Schneider tenuta alla messa
tridentina presso la Rettoria di S. Toscana a Verona il 20 ottobre
2013. Cfr.
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Verona, Rettoria di S. Toscana