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DELL'INCENSO
di Cristina Campo
L'incenso, gomma odorifera in cristalli
proveniente dall'Arabia, spesso mischiato a mirra,
limiamo, cassia od altri aromi, fu usato nelle cerimonie
liturgiche cristiane sin dal secolo IV.
Tra i molteplici significati dell'offerta d'incenso
il più antico è forse il simbolo scritturale della
preghiera che, a somiglianza della colonna profumata dell'incenso,
si leva dalla terra verso il cielo al cospetto di Dio.
Questo sacrificio di adorazione è palese nella chiesa
bizantina, nelle funzioni dette dei Presantificati, nelle
quali, durante il canto del Salmo 140 ("Salga a te
la mia preghiera come incenso / l'elevazione delle mani
come sacrificio vespertino"), il turibolo fumante
viene deposto e lasciato sull'altare, mentre il sacerdote
leva alte le mani.
L'offerta d'incenso all'imperatore, questo atto
d'idolatria che costò al cristianesimo tanti martiri, fu
presto tradotto anch'esso nei termini cristiani di
omaggio all'Onnipotente. Ha questa origine l'incensazione
liturgica dell'altare, del libro dei Vangeli, delle
Oblate all'Offertorio e, ogni qualvolta sia esposto, del
Santissimo Sacramento. I bizantini in-
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censano persino il
velo del calice prima che questo ne venga ricoperto e
tutti i paramenti del vescovo, via via che egli li
indossa. Il tempio bizantino viene del resto incensato
completamente, icona per icona, all'inizio e nel corso di
molte cerimonie. Le persone dei celebranti e degli
assistenti sono anch'esse incensate in entrambe le Chiese.
Ai Vespri conventuali latini si incensa l'altare della
Vergine al canto del Magnificat. Nelle antiche
abbazie benedettine l'incensazione si ripeteva tre volte,
a ogni Notturno dell'ora canonica di Mattutino.
L'interpretazione mistica tradizionale dà all'offerta
dell'incenso ulteriori significati. Esso si brucia:
1) per rendere omaggio a Dio col distruggere una
creatura in suo onore;
2) per imitare in terra ciò che gli Angeli
fanno in cielo, dove san Giovanni li vide offrire a Dio
molti incensi bruciati in turiboli d'oro;
3) per profumare lo spazio sacro in odore di
soavità e allontanare ogni ricordo del mondo profano
prima che vi discenda Iddio;
4) per insegnare ai fedeli a bruciare e
consumare anch'essi la loro vita per la gloria di Dio e
diffondere ovunque il buon odore del Cristo.
Se la Chiesa incensa, oltre al tempio e alle
cose sacre, anche i vivi ed i morti, essa fa questo:
1) per onorare quei corpi che col Battesimo
divennero membra del Cristo e templi dello Spirito Santo;
2) per rivolgere ai vivi, nel modello visibile,
l'invito a far ascendere la loro mente a Dio;
3) per mostrare che, come i fedeli morti hanno
già fatto olocausto della loro vita al Signore, così i
viventi debbono farne olocausto ogni giorno nel servizio
di Dio.
È noto infine che la presenza degli spiriti del
male è segnalata o simboleggiata da sgradevole odore. L'incenso,
fragrante e benedetto dal celebrante col segno della
Croce, si oppone a questa presenza,
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creando
un cerchio di benedizione e operando nel regno dell'olfatto
quello stesso esorcismo che la campana opera nel regno
dell'udito, l'acqua benedetta in quello del tatto. Tale
potere esoreistico è dimostrato dalla triplice
incensazione circolare della salma nella cerimonia dell'assoluzione
e in quella della sepoltura, e dichiarato esplicitamente
da papa Innocenzo III in De sacrificio missae: "Fumus
incensi valere creditur ad effugando daemones".
da C.
CAMPO, Sotto falso nome, a cura di M. FARNETTI,
II ed., Milano, Adelphi, 1998, pp. 209-211.
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