Messe latine antiche nelle
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La carità della verità
Omelia per il XXXIII Convegno degli Amici
di Instaurare (Fanna, 24 agosto 2005)di don Ivo Cisar (+)
Don Ivo Cisar, mancato l'11 settembre 2005, anche quest'anno avrebbe dovuto celebrare la messa di apertura del Convegno degli Amici di Instaurare a Fanna (Pn) il 24 agosto. Per ragioni di salute don Cisar non poté partecipare al convegno, ma aveva già preparato e inviato in anticipo il testo dell' omelia che avrebbe tenuto. D'accordo con la direzione di Instaurare, pubblichiamo qui postuma questa omelia (cfr. "Instaurare" 3/2005, www.instaurare.org).
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a) Verità è condanna degli errori
È caratteristica del mondo di oggi, anche in quello ecclesiastico, la poca stima della verità, dell'oggettività, della precisione, dell'ammonimento fraterno, della condanna degli errori, necessaria perché altrimenti non emerge la verità. La condanna è degli errori, non dell'errante; non basta una formulazione positiva della verità, occorre escludere anche il suo contrario, per evitare gli equivoci: Non est satis veritatem dicere, nisi detegantur et refellantur errores (Concilio Tridentino, sess. XIII, cap. 8); la formulazione negativa poi di un comandamento esprime la sua assolutezza (ossia esso vale in ogni momento, per tutti i casi). È equivoco voler parlare solo "al positivo", tentare di sostituite i comandamenti c.d. "negativi" di Dio ad esempio con delle beatitudini, "positive". Il male, il peccato è negazione; è positiva la negazione della negazione, come è positiva la negazione della morte che è la vita. Inoltre il precetto religioso vale sempre, ha valore assoluto. Del resto, tutti si riassumono nel comandamento positivo dell'amore di Dio e del prossimo (Mt 22,37-40; Rm 13,9-10). Era abitudine degli ebrei affermare ed insieme negare l'opposto (vedi ad esempio Pr 4,5), perché solo mediante la negazione del contrario si precisa il significato positivo: Io, io sono il Signore, fuori di me non v'è salvatore (Is 43,11). La condanna degli errori si riferisce direttamente ad essi, e solo indirettamente a chi li sostiene.
b) "Si impone il gusto della verità"
Sembra che l'ortoprassia si ponga come il criterio di verità, di norma e di comportamento. Senza tener conto del fatto che, in assenza di idee chiare e sicure, il vero equivale al falso, il bene coincide col male, il bello si identifica col brutto. Non si riesce più a peccare né a diventare santi, né ad essere apostati, eretici o scismatici, né ad essere cattoìici, se lo si vuole. Si impone il gusto della verità. Talvolta si obietta che ciò che conta è l'intenzione, la coscienza, la "buona fede". Forse non ci si rende sufficientemente attenti all'incidenza che il "logos" ha sull' "ethos" (S. Maggiolini, Frasi fatte post-conciliari, Piemme 1987, 14-15).
c) Il pretesto della carità
Oggi si ricorre al pretesto della carità. La verità viene disarmata, mentre è essa stessa proprio l'arma: State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità. ... Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anche l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio (Ef 6,14-17). Questo affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l'inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell'errore (Ef 4,14; cfr. Mt 11,7; Gc 1,6). Frase di san Paolo citata da Benedetto XVI nella famosa ultima omelia prima della sua elezione a Papa. Il demonio è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre detta menzogna (Gv 8,44). Cristo, invece, è la Verità (Gv 14,6; cfr. 18,37). La Chiesa è la colonna e sostegno della verità (1Tm 3,15). La verità dirige la carità: vivendo secondo la verità nella carità (Ef 4,15). La carità non disconosce e non nasconde la verità, sotto il moggio (Mt 5,15). Non è carità nascondere la verità e la carità non può unire al di là della verità, prescindendo da essa: una sola fede (Ef 4,5). Non si ha la carità se non si è nella verità; Gesù regna proprio mediante la verità (Gv 8,12.31-32; 9,39; 14,6; 18,37). Dio è carità (1Gv 4,8.16) e verità, o meglio, il Verbo Incarnato è la Verità in quanto rivela il Padre (cfr. Gv 14,9) e lo Spirito Santo è lo Spirito di verità (Gv 15,26).
d) La carità della verità
C'è la carità della verità (La carità della verità: Ef 4,15; 2Ts 2,10. La carità si fonda sulla verità: Gal 5,6; Ef 4,15; 2Ts 2,10; 1Tm 4,12; 2Tm 1,13; 2Gv 1-2); comunicare la verità è un'opera di misericordia. Essa presuppone l'amore della verità, per farne poi la carità. E l'amore della verità è amore di Cristo. Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più la tenebra che la luce, perché le loro opere erano malvagie... Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio (Gv 3,19.21). Sono dunque diventato vostro nemico dicendovi la verità? (Gal 4,16) Non sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo, è eminente forma di carità verso le anime. (Paolo VI, Enc. Humanae vitae, 25 luglio 1968: EV 3/615; cfr. Persona humana, 29 dicembre 1975: EV 5/1738). È la massima carità annunziare Cristo, denunciare i peccati, dirigere verso Cristo Salvatore: carità verso Cristo e carità verso le anime. Non è fedeltà verso Cristo-Verità una "carità" senza la verità. Non è carità essere "concilianti" e tentando di cancellare le differenze: Non potete bere il calice del Signore e il calice dei demoni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demoni (1Cor 10,21). Quale rapporto infatti ci può essere tra la giustizia e l'iniquità, o quale unione tra la luce e le tenebre? Quale intesa tra Cristo e Beliar, o quale collaborazione tra un fedele e un infedele? Quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli? (2Cor 6,14-16). Cercare quel che unisce suppone che vi sia veramente qualcosa che unisce: se è la natura umana, allora è possibile parlare, annuinciare Cristo; se è il battesimo, allora è possibile, almeno in astratto, l'ecumenismo, ma questo non significa negare le differenze (cfr. UR 11) che possono essere anche sostanziali; se poi vi è una negazione dell'affermazione sullo stesso piano, ad esempio la negazione della Ss. Trinità, da parte dell'islam o la negazione della divinità di Gesù Cristo da parie dell'ebraismo, allora, su quel piano e sotto quell'aspetto l'unione non è possibile.
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a) La Chiesa annuncia non le proprie opinioni, ma Cristo
La verità va praticata nella carità (cfr. Ef 4,15), ma è la verità che va praticata. La carità non è quella che nega la verità, che la nasconde, che ne prescinde, che si colloca in una falsa posizione di "neutralità" superiore, "obiettiva", indifferente, scettica: chi non è con me, è contro di me, dice Gesù (Lc 11,23). Gli atei, negatori della fede, non sono, non possono essere obiettivi, essere al di sopra delle parti, anche perché la fede non è convinzione soggettiva, di parte. L'obiettività sta nel conformarsi a Dio. Essere cristiani è un modo di essere, non un modo di parlare, di atteggiarsi, una forma esteriore soltanto. Si è cristiani parche si è di Cristo, non si può prescinderne, farne a meno. Una sposa non può prescindere dalla sua appartenenza allo sposo e collocarsi in una sfera di neutralità, magari quando i due compaiono insieme in pubblico, perché sarebbe già un tradimento. Quando la Chiesa, sposa di Cristo, annuncia, predica, annuncia non se stessa, non le proprie "opinioni", ma Cristo. Cristo, Dio Incarnato, Cristo non storicizzato, ma sempre uguale (Eb 13,8). Essa si vanta non di se stessa, ma di Cristo: chi si vanta, si vanti nel Signore (1Cor 1,31; 2Cor 10,17); vi ho promessi a un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo (2Cor 11,2). Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell'uomo, quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi (Lc 9,26). Oggi la Chiesa predica se stessa, perciò dialoga e chiede scuse a dritta e a manca. I cristiani, anche confermati, anche certi sacerdoti, si vergognano di Cristo, hanno perso la loro "identità", perché sono cascati nel sofisma della soggettivizzazione della verità. La fede in Cristo non è un' "opinione soggettiva" che non bisogna cercare di "imporre" agli altri, né la legge di Dio è un punto di vista (magari superato) privato, personale. Tutti sono obbligati a obbedire a Dio e ad aderire a Cristo, con una conoscenza e decisione personale, cioè usando il proprio intelletto e volontà, non per costrizione poliziesca, ma per dovere morale a cui non si viene meno senza colpa (DH 2-3). E poi, dove è il nostro apostolato (vedi anche AA)? Uno degli slogan correnti è, come ho già detto qui in una delle prime prediche, che "nessuno ha la verità in tasca" e che la verità "non ci piove dal cielo", mentre è proprio vero che la verità ci piove dal cielo mediante la Rivelazione divina: In verità, in verità ti dico, noi parliamo di quel che sappiamo e testimoniamo quel che abbiamo veduto; ... Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo (Gv 3,11.13) e l'abbiamo "in tasca"; il Consolatore / Assistente, Avvocato /, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto (Gv 14,26); e Lui è in noi come unzione (1Gv 2,27).
b) Il relatismo antropocentrico della continua ricerca della verità
È chiaro segno dell' "orizzontalismo" e relativismo antropocentrico una continua ricerca e "verifica" della verità, come se non fosse acquisita una volta per sempre: Gesù Cnsto è lo stesso di ieri, oggi e sempre! Non lasciatevi sviare da dottrine diverse e peregrine, perché è bene che il cuore venga rinsaldato dalla grazia, non da cibi che non hanno mai recato giovamento a coloro che ne usarono (Eb 13,8-9), sempre in gruppo (equipe), in dibattiti, discussioni e dialoghi a non finire.
c) Le opere di carità nella verità
La carità della verità risulta infine dalle seguenti due semplici considerazioni: la prima: Dio Padre nella Sua carità (Gv 2,16; Rm 8,32; Ti 2,11) ci ha mandato il Figlio che è La Verità (Gv 14,6; 18,37). Inoltre nello Spirito Santo la verità e la carità coincidono. La seconda: tra le opere di misericordia si trovano anche quella di insegnare agli ignoranti, di consigliare i dubbiosi, di ammonire i peccatori: tutte opere di carità della verità, da praticare assiduamente. Per contro, è peccato contro lo Spirito Santo, contro la grazia, e quindi irremissibile, quello di impugnare la verità conosciuta.
d) Benedetto XVI: "tutto crolla, se non c'è la verità"
La carità vuole e opera il vero bene, Perciò Papa Benedetto XVI dice: La verità dà sempre fastidio e non è mai comoda. Le parole di Gesù sono spesso terribilmente dure e formulate senza tanta accortezza diplomatica. Ma Gesù non solo dice la verità, ma afferma che esiste la verità; perciò Benedetto XVI dice ancora: Nel mondo di oggi l'argomento "verità" è quasi scomparso, perché appare troppo grande per l'uomo; e tuttavia tutto crolla, se non c'è la verità (Tosatti, Il diz. Ecc., 122). Ma la verità c'è, ed è Gesù stesso, il Verbo Incarnato, il Rivelatore del Padre, Testimone fedele (Ap 1,5) e noi, battezzati nella fede in Lui e nel suo nome (cfr. At 19,5), lo professiamo.
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Inserito il 17 gennaio 2006
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