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2 GENNAIO
Abbiamo
terminato ieri l'Ottava della Nascita del Salvatore; termineremo
oggi quella di santo Stefano[1];
ma non perderemo di vista nemmeno per un istante il divino Bambino di
cui Stefano, Giovanni il Prediletto, e gl'Innocenti formano la coorte.
Presto vedremo i Magi arrivare alla culla del neonato Re. In queste ore
d'attesa, glorifichiamo l'Emmanuele, proclamando le grandezze di coloro
che egli ha scelti come i suoi più cari favoriti, e ammiriamo ancora
una volta Stefano in quest'ultimo giorno dell'Ottava che la Chiesa gli
ha dedicata. In un'altra parte dell'anno, lo ritroveremo con gioia; il 2
agosto infatti, egli apparirà ad allietare la Chiesa con la miracolosa
Invenzione delle sue Reliquie, e riverserà su di noi nuovi favori.
Un
antico Sermone attribuito per lungo tempo a sant'Agostino ci riferisce
che santo Stefano era nel fior d'una brillante giovinezza quando
fu chiamato dagli Apostoli a ricevere, con l'imposizione
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delle
mani, il carattere sacro del Diaconato. Gli furono dati sei compagni;
Stefano era il capo della santa compagnia; e il titolo di Arcidiacono
gli viene attribuito da sant'Ireneo fin dal secondo secolo.
La
Fedeltà.
Ora,
la virtù del Diacono è la fedeltà, e per questa ragione gli vengono
affidati i tesori della Chiesa, tesori che non consistono soltanto nei
denari destinati al sollievo dei poveri, ma in ciò che vi è di più
prezioso in cielo e in terra: il Corpo stesso del Redentore, di cui il
Diacono, per l'Ordine che ha ricevuto, è il dispensatore. Anche
l'Apostolo, nella sua prima Epistola a Timoteo, raccomanda ai Diaconi di
custodire il mistero della Fede con coscienza pura.
Essendo
dunque il Diaconato un ministero di fedeltà, era giusto che il primo
Martire appartenesse all'ordine dei Diaconi, poiché il martirio è una
prova di fedeltà; e questo è proclamato in tutta la Chiesa dalla
gloriosa Passione dei tre magnifici atleti di Cristo che, coperti della
dalmatica trionfale, compaiono alla testa dell'armata dei Martiri:
Stefano, la gloria di Gerusalemme; Lorenzo, la delizia di Roma e
Vincenzo, l'onore della cattolica Spagna.
Per
onorare il Diaconato nel suo primo rappresentante, vi è in molte Chiese
l'usanza di far compiere ai Diaconi, nella festa di Santo Stefano, tutti
gli uffici che non sono incompatibili con il loro carattere. Così, in
parecchie cattedrali, il Cantore cede a un Diacono il suo bastone
cantorale, altri Diaconi assistono come coristi con le dalmatiche, e la
stessa Epistola della Messa è cantata da un Diacono, perché contiene
il racconto del martirio di santo Stefano.
Antichità
della festa.
L'istituzione
della festa del primo tra i Martiri, e la sua assegnazione al giorno che
segue la Nascita del Salvatore, si perde nella più sacra e remota
antichità. Le Costituzioni Apostoliche, raccolta siriaca compilata nel
IV secolo, ce la mostrano già istituita, e fissata appunto al giorno
che segue il Natale. San Gregorio Nisseno e sant'Astero di Amasea,
entrambi anteriori all'epoca (415) in cui furono rivelate in mezzo a
tanti prodigi le reliquie del grande Diacono, celebrano la sua
solennità con speciali Omelie e la distinguono fra le altre per il
fatto che ad essa spetta l'onore di essere celebrata nel giorno stesso
che segue la Nascita di Cristo. Quanto alla sua Ottava, è meno antica;
tuttavia, non si è in grado di stabilire la data dell'i-
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stituzione. Amalario, nel IX secolo, ne parla come se fosse già istituita, e il
Martirologio di Notkero, nel X secolo, la porta espressamente.
Non
si deve stupire che la festa d'un semplice Diacono abbia ricevuto tanti
onori, mentre la maggior parte di quelle degli Apostoli restano prive d'un'Ottava. La regola della Chiesa, nella Liturgia, è quella di
graduare le distinzioni del suo culto in proporzione dei servigi che ha
ricevuto dai Santi. Così onora san Girolamo, semplice sacerdote, d'un
culto superiore a quello che attribuisce a molti santi Pontefici. Il
posto e il grado di elevazione che concede sul Ciclo, sono in rapporto
con la sua gratitudine verso gli amici di Dio che vi riunisce; è così
che essa dirige la devozione del popolo fedele verso i celesti
benefattori che dovrà venerare nei ranghi della Chiesa trionfante.
Stefano, aprendo la via ai Martiri, ha dato il segnale di quella sublime
testimonianza del sangue che costituisce la forza della Chiesa, e
ratifica le verità di cui essa è depositarla e le eterne speranze che
poggiano su tali verità. A Stefano dunque gloria e onore fino alla
consumazione dei secoli, sulla terra fecondata dal sangue che egli ha
unito a quello di Cristo!
Santo
Stefano e san Paolo.
Abbiamo
messo in risalto il carattere del Protomartire, che perdona ai suoi
carnefici sull'esempio di Cristo, e abbiamo visto la santa Chiesa
attingere in questo avvenimento la materia del suo più alto elogio
verso santo Stefano. Ci fermeremo oggi a considerare una circostanza
particolare del dramma così commovente che si svolse sotto le mura di
Gerusalemme. Fra i complici della sanguinosa morte di Stefano, c'era un
giovane chiamato Saulo. Focoso e minaccioso, custodiva gli abiti di
coloro che lapidavano il Diacono e, come dicono i Padri, lo lapidava con
le mani di tutti. Poco dopo, lo stesso Saulo veniva rovesciato da una
forza divina sulla via di Damasco, e si rialzava discepolo di quel Gesù
che la voce risonante di Stefano aveva proclamato Figlio del Padre
celeste, fin sotto i colpi dei carnefici. La preghiera di Stefano non
era stata inutile e tale conquista preannunciava quella della gentilità,
della quale il sangue di Stefano diede alla luce l'Apostolo. "Sublime
quadro! - esclama sant'Agostino. - Potete vedervi Stefano che viene
lapidato e Saulo che custodisce gli abiti di coloro che lo lapidano.
Ora, ecco che Saulo diventa Apostolo di Gesù Cristo, mentre Stefano è
servo di Gesù Cristo. Tu sei stato rovesciato, o Saulo, e ti sei
rialzato predicatore di Colui che perseguitavi. In ogni luogo si leggono
le tue
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Epistole; in ogni luogo, converti a Cristo i cuori ribelli; in
ogni luogo, diventato buon Pastore, formi numerosi greggi. Tu regni con
Cristo, insieme a Colui che hai lapidato. Entrambi ci vedete, sentite
entrambi quello che noi diciamo e pregate entrambi per noi. E vi esaudirà
Colui che vi ha incoronati entrambi. Prima, uno era agnello e l'altro
lupo; ora ambedue agnelli. Ci proteggano essi dunque con il loro
sguardo, ci raccomandino nelle loro preghiere, e ottengano una vita
pacifica e tranquilla alla Chiesa del loro Maestro!". Il tempo di
Natale non terminerà, inoltre, senza che abbiamo riunito nel nostro
culto Stefano e Paolo. Il 25 gennaio celebreremo la Conversione
dell'Apostolo delle Genti: tocca alla sua gloriosa vittima presentarlo
alla culla del comune Salvatore.
Infine,
la pietà cattolica, commossa dalla morte del primo fra i Martiri, da
quella morte che lo scrittore sacro chiama un sonno, e che è in così
forte contrasto con il rigore del supplizio che la provoca, la pietà
cattolica, dicevamo, ha designato santo Stefano come uno dei nostri
intercessori per la grazia di una buona morte. Imploriamo dunque l'aiuto
del santo Diacono per l'ora in cui dovremo rendere al nostro Creatore
quell'anima che egli ci ha affidata, e disponiamo fin d'ora il nostro
cuore a offrire, quando il Signore lo richiederà, tutto il sacrificio
di questa fragile vita che ci è data come un deposito, e che dobbiamo
essere pronti a restituire quando ci sarà richiesta.
Ti
siano rese grazie, o glorioso Stefano, per l'aiuto che ci hai arrecato
nella celebrazione della Nascita del nostro Salvatore. Spettava a te
iniziarci al sublime e meraviglioso mistero d'un Uomo-Dio. Il celeste
Bambino ci appariva in tua compagnia, e la Chiesa ti incaricava di
rivelarlo ai fedeli, come lo rivelasti un tempo ai Giudei. La tua
missione è compiuta: noi lo adoriamo, quel Bambino, come il Verbo di
Dio; lo salutiamo come il nostro Re; ci offriamo a lui per servirlo come
te, e riconosciamo che questo impegno va fino a dare il nostro sangue
per lui, se lo vuole, o santo Diacono; che gli consacriamo fin da oggi
il nostro cuore, che facciamo in modo di piacergli sempre, e di mettere
tutta la nostra vita e tutti i nostri affetti in armonia con i suoi
voleri. Meriteremo così di combattere la sua battaglia, se non
nell'arena sanguinosa, almeno nella lotta contro le nostre passioni. Noi
siamo i figli dei Martiri, e i Martiri hanno vinto il mondo, come il
Bambino di Betlemme. Che il mondo non riporti più la vittoria nemmeno
su di noi. Ottieni per il nostro cuore quella carità fraterna che tutto
perdona, che prega per i nemici, che produce la conversione delle anime
più ribelli. Veglia su di noi,191
o Martire di Dio, nell'ora del nostro
trapasso; assistici quando la nostra vita sarà sul punto di spegnersi;
mostraci allora quel Gesù che ci hai fatto vedere Bambino; mostracelo
glorioso, trionfante, e soprattutto misericordioso, mentre reca fra le
mani divine la corona a noi destinata. E che le nostre ultime parole, in
quell'ora estrema, siano come le tue: Signore Gesù, ricevi il mio
spirito.
[1]
L'ottava di santo
Stefano fu soppressa col decreto della Congregazione dei Riti del 23 marzo
1955. Lasciamo intatte queste belle considerazioni del Guéranger, che
potranno sempre essere utili. La Messa, tuttavia, come per i giorni
successivi, fino al 5 gennaio compreso, è quella del giorno della
Circoncisione, fino a che la nuova riforma generale in corso sarà
promulgata (N. d. Tr.).
da: P. GUÉRANGER, L'anno liturgico.
- I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad.
it. P. GRAZIANI, Alba, Edizioni Paoline, 1959, pp. 187-191.