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LO
STESSO GIORNO
3 GENNAIO
SANTA GENOVEFFA,
VERGINE
PATRONA DI PARIGI
Il
Martirologio della Chiesa Romana ci presenta oggi il nome
d'una santa vergine la cui memoria è troppo cara alla
Chiesa di Parigi e a quelle di tutta la Francia, perché
possiamo passare sotto silenzio i suoi meriti gloriosi.
Insieme con i Martiri e con il Confessore e Pontefice
Silvestro, la vergine Genoveffa brilla d'un soave
splendore accanto a sant'Anastasia, e custodisce con
amore la culla del divino Bambino del quale imitò la
semplicità e meritò di esser la Sposa. In mezzo ai
misteri del parto verginale, è giusto rendere solenni
onori alle Vergini fedeli che son venute dopo Maria. Se
ci fosse possibile esaurire i Fasti della santa Chiesa,
che magnifica pleiade di spose di Cristo dovremmo
glorificare in questi quaranta giorni della Nascita dell'Emmanuele!
Genoveffa
è stata celebre nel mondo intero. Viveva ancora in
questa carne mortale che già l'Oriente conosceva il suo
nome e le sue virtù; dall'alto della sua colonna, Simone stilita la salutava come sorella nella perfezione del
Cristianesimo. Ad essa è affidata la capitale della
Francia: una semplice pastorella protegge i destini di
Parigi, come un povero lavoratore, sant'Isidoro, veglia
sulla capitale della Spagna.
L'elezione
che Cristo si era degnato di fare della fanciulla di
Nanterre quale sua Sposa, fu proclamata da uno dei
maggiori vescovi della Gallia nel V secolo. San Germano d'Auxerre
si recava in Gran
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Bretagna dove il Papa san Bonifacio I
lo mandava per combattere l'eresia pelagiana (verso il
430). Accompagnato da san Lupo, vescovo di Troyes, che
doveva condividere la sua missione, si fermò al villaggio di Nanterre; e siccome i due prelati si
dirigevano verso la chiesa in cui volevano pregare per il
successo del loro viaggio, il popolo fedele li circondava
con una pia curiosità. Illuminato da una luce divina,
Germano distingueva tra la folla una fanciulla di sette
anni, e fu avvertito interiormente che il Signore se l'era
scelta. Chiese agli astanti il nome di quella fanciulla,
e pregò che la conducessero alla sua presenza. Si fecero
dunque avvicinare i genitori, il padre chiamato Severo e
la madre di nome Geruntia. L'uno e l'altra furono
commossi alla vista delle carezze di cui il santo vescovo
colmava la loro figliuola. "È vostra questa
fanciulla?" chiese Germano. - "Sì",
risposero. - "Beati voi che siete i genitori di una
simile figlia!" riprese il vescovo. "Alla
nascita di questa fanciulla, sappiatelo, gli Angeli hanno
fatto gran festa nel ciclo. Questa fanciulla sarà grande
davanti al Signore, e con la santità della sua vita
sottrarrà molte anime al giogo del peccato". -
Quindi, rivolgendosi alla fanciulla: "Genoveffa,
figlia mia!" disse. - "Padre santo",
rispose essa, " la tua serva ti ascolta". - E
Germano: "Parlami senza timore: vorresti essere
consacrata a Cristo in una purezza senza macchia, come
sua Sposa?" - "Siate benedetto, Padre mio!"
esclamò la fanciulla, " ciò che voi mi chiedete è
il desiderio più ardente del mio cuore. È tutto quello
che io voglio: degnatevi di pregare
il Signore che me lo conceda". "Abbi fiducia,
figlia mia" riprese Germano; "sii ferma nella
tua risoluzione; siano le tue opere conformi alla tua
fede, e il Signore aggiungerà la sua forza alla tua
bellezza".
I
due vescovi, accompagnati dal popolo, entrarono nella
chiesa, e si cantò l'Ufficio di Nona, che fu seguito dai
Vespri. Germano aveva fatto condurre Genoveffa presso di
sé, e per tutta la salmodia tenne le sue mani sul capo
della fanciulla. L'indomani, allo spuntar del giorno,
prima di mettersi ih cammino, fece condurre a sé
Genoveffa dal padre. "Salve Genoveffa, figlia mia!"
le disse; "ricordi la promessa di ieri?" -
"O Padre santo!" rispose la fanciulla, "ricordo
quanto ho promesso a Dio; il mio desiderio è quello di
conservare sempre, con l'aiuto del cielo, la purezza dell'anima
e del corpo". A questo punto, Germano vide per terra
una medaglia di cuoio segnata con l'immagine della Croce.
La raccolse e, presentandola a Genoveffa le disse: "Prendila,
mettila al collo, e conservala in ricordo di me. Non
portare mai né collana né anello d'oro o d'argento, né
pietra preziosa; perché se l'attrattiva delle bellezze
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terrene venisse a dominare il tuo cuore, perderesti
subito la tua divisa celeste che deve essere eterna".
Germano disse alla fanciulla di pensare spesso a lui in
Cristo, e raccomandatala a Severo come un deposito
doppiamente prezioso, si mise in cammino per la Gran
Bretagna con il suo pio compagno.
Abbiamo
voluto riprodurre questa graziosa scena quale ci è
narrata negli Atti dei Santi per mostrare la
potenza del Bambino di Betlemme che agisce con tanta
libertà nella scelta delle anime che ha risoluto di
legare a sé con un legame più stretto. Egli si comporta
da maestro, nulla gli è di ostacolo, e la sua azione non
è meno visibile in questo secolo di decadenza e di
tiepidezza di quanto lo fosse ai giorni di san Germano e
di santa Genoveffa. Alcuni, purtroppo, ne provano
dispiacere; altri stupiscono; la maggior parte non riflette affatto; gli uni e gli altri si trovano
tuttavia di fronte a uno dei segni più evidenti della
divinità della Chiesa.
VITA. - Genoveffa nacque a Nanterre verso
il 419. A sette anni, fu consacrata vergine dal
vescovo san Germano di Auxerre. Con la sua preghiera
e con i suoi miracoli protesse contro gli attacchi
dei Normanni, e nutrì durante l'assedio la città di
Parigi che la invoca quale patrona. Dopo una vita
trascorsa nella pratica delle più eminenti virtù, s'addormentò
nel Signore il 3 gennaio del 512. La sua tomba, resa
insigne da numerosi miracoli, è diventata la meta di
un pellegrinaggio nazionale.
O
Genoveffa, vergine fedele, noi vogliamo renderti gloria
per i meriti che il divino Bambino si è compiaciuto di
radunare in te. Tu sei apparsa sulla Francia come un
Angelo tutelare; le tue preghiere sono state per lungo
tempo oggetto della fiducia dei Francesi, e ti sei
onorata, in cielo e in terra, di proteggere la capitale
del regno di Clodoveo, di Carlo Magno e di san Luigi.
Sono giunti tempi degni di esecrazione, durante i quali
il tuo culto è stato sacrilegamente abrogato, i tuoi
templi sono stati chiusi, e le tue preziose reliquie
profanate. Tuttavia, tu non ci hai abbandonati; hai
implorato per noi giorni migliori; e possiamo riprendere
una certa fiducia nel vedere il tuo culto rifiorire in
mezzo a noi, malgrado le profanazioni più recenti
venute ad aggiungersi alle antiche.
In
questo periodo dell'anno che illustra e consacra il tuo
nome, benedici il popolo cristiano. Apri i nostri cuori
all'intelligenza del mistero del Presepio. Ritempra
quella nazione che ti è stata sempre cara alle pure
sorgenti della fede, e ottieni dall'Emmanuele che la sua
Nascita, rinnovantesi ogni anno, divenga un giorno di
salvezza e di vera rigenerazione. Noi siamo malati,
periamo, perché le verità sono scemate presso di noi,
secondo le parole di David; e la verità
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si è oscurata
perché l'orgoglio ha preso il posto della fede, l'indifferenza
quello dell'amore. Solo Gesù conosciuto e amato nel
mistero della sua ineffabile Incarnazione può ridarci la
vita e la luce. Tu che l'ha ricevuto e l'hai amato nella
tua lunga e casta vita, conduci anche noi alla sua
culla.
Veglia, o potente pastora, sulla città
che ti è stata affidata. Guardala dagli eccessi che
sembrano talora renderla simile a una grande città
pagana. Dissipa le tempeste che si formano nel suo seno,
e da apostola dell'errore, consenta a diventare
finalmente discepola della verità. Nutrì ancora il suo
popolo che muore di fame, ma solleva soprattutto le sue
miserie morali. Calma quelle febbri ardenti che bruciano
le anime e sono ancor più terribili di quel brutto male
che bruciava solo i corpi. Accanto al tuo sepolcro vuoto,
dall'alto del Monte che domina il grandioso tempio che si
eleva sotto il tuo nome e rimane tuo per volere della
Chiesa e dei padri nostri, a dispetto dei reiterati
attacchi della forza bruta, veglia su quella gioventù di
Francia che si stringe attorno alla cattedra della
scienza umana, gioventù così spesso tradita dagli
stessi insegnamenti che dovrebbero dirigerla, e assicura
alla patria generazioni cristiane. Brilli sempre la croce,
a dispetto dell'inferno, sulla cupola del tuo santuario
profanato, e non permettere mai che ne sia tolta. Che
quella croce immortale regni di nuovo presto e pienamente
su di noi, e stenda le sue braccia, dalla sommità del
tuo tempio, su tutte le case della città peccatrice
restituita alla sua antica fede, al tuo culto, alla tua
antica protezione.
da: P. GUÉRANGER, L'anno liturgico.
- I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad.
it. P. GRAZIANI, Alba, Edizioni Paoline, 1959, pp. 195-198.