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GENNAIO
Termina
oggi l'Ottava di san Giovanni
[1]:
ma dobbiamo ancor rendere un ultimo tributo di omaggi al
Discepolo prediletto. Il Ciclo sacro ci riporterà
nuovamente la sua gloriosa memoria il 6 maggio, quando,
fra i gaudi della Risurrezione del suo Maestro,
celebreremo la sua coraggiosa Confessione a Roma, in
mezzo ai fuochi della Porta Latina. Oggi, cerchiamo di
soddisfare la nostra riconoscenza verso di lui per le
grazie che ci ha ottenute dalla misericordia del divino
Bambino, considerando alcuni dei favori che ha ricevuti
dall'Emmanuele.
L'Apostolo.
L'Apostolato
di Giovanni fu fecondo di opere salutari per i popoli
verso i quali fu inviato. Il paese dei Parti ricevette da
lui il Vangelo, e fu lui a fondare la maggior parte delle
Chiese dell'Asia Minore, fra le quali sette sono state
scelte con i loro Angeli da Cristo stesso nella divina
Apocalisse, per rappresentare le diverse classi di
pastori e forse anche, come hanno pensato alcuni, le
sette età della stessa Chiesa. Non dobbiamo dimenticare
che le Chiese dell'Asia Minore, ancora ripiene della
dottrina di san Giovanni, inviarono Apostoli nelle Gallie,
e che l'insigne Chiesa di Lione è una delle conquiste di
quella pacifica spedizione. Presto, proprio in questo
santo Tempo di Natale, onoreremo l'eroico Policarpo,
Vescovo di Smirne, discepolo di san Giovanni, e di cui fu
a sua volta discepolo san Potino, che fu il primo vescovo
di Lione.
Il figlio
di Maria.
Ma
le fatiche apostoliche di san Giovanni non lo distolsero
dalle cure che la sua tenerezza filiale e la fiducia del
Salvatore gli
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imponevano riguardo
alla purissima Maria. Fino a quando Cristo la ritenne
necessaria al consolidamento della sua Chiesa, Giovanni
ebbe l'insigne privilegio di vivere con lei, di poterla
circondare dei segni della sua tenerezza, finché, dopo
aver soggiornato in Efeso con lui, essa tornò sempre con
lui a Gerusalemme, donde si elevò dal deserto di
questo mondo fino al cielo, come canta la Chiesa, simile
a una leggera nube di mirra e d'incenso. Giovanni
sopravvisse a questa seconda separazione, e attese, nelle
fatiche dell'apostolato, il giorno in cui sarebbe stato
concesso anche a lui di salire verso la beata regione in
cui il suo divino Amico e la sua incomparabile Madre l'aspettavano.
Il Dottore.
Gli
Apostoli, splendidi lumi posti sul candelabro dalla mano
di Cristo stesso, si spegnevano man mano nella morte del
martirio; rimaneva in piedi solo Giovanni nella Chiesa di
Dio. Le Chiese raccoglievano le parole della sua bocca
ispirata come la regola della loro fede, e la sua
profezia di Patmos mostrava che i segreti dell'avvenire
della Chiesa erano svelati ai suoi occhi. In mezzo a
tanta gloria, Giovanni era umile e semplice come il
Bambino di Betlemme, e ci si sente commossi dagli antichi
racconti che ce lo mostrano mentre stringe fra le sue
sante mani un uccelletto, colmandolo di tenere carezze.
Quel
vegliardo che, nei suoi anni giovanili, aveva posato il
capo sul petto di Colui che trova la sua delizia nello
stare con i figli degli uomini; l'unico fra gli
Apostoli che lo aveva seguito fino alla Croce e che aveva
visto squarciare dalla lancia il Cuore che ha tanto amato
il mondo, provava gusto soprattutto a parlare della
carità fraterna. La sua misericordia per i peccatori era
degna dell'amico del Redentore, ed è noto l'insegnamento
evangelico che intraprese con un giovane la cui anima
egli aveva amato con amore di padre, e che si era
abbandonato, nell'assenza del santo Apostolo, a tutti i
disordini. Malgrado l'età avanzata Giovanni lo raggiunse
sulle montagne, e lo ricondusse pentito all'ovile.
Ma
quest'uomo così meraviglioso nella carità, era
inflessibile contro l'eresia che distrugge la carità
nella sua stessa sorgente, guastando la fede. Da lui la
Chiesa ha ricevuto l'insegnamento di fuggire l'eresia
come la peste: Non rivolgetegli nemmeno il saluto,
dice l'amico di Cristo nella sua seconda Epistola, perché
colui che lo saluta partecipa alle sue opere di malizia.
Un giorno, entrato in un bagno pubblico, seppe che vi si
trovava anche l'eresiarca Cerinto, e ne uscì
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all'istante
come da un luogo maledetto. I discepoli di Cerinto
tentarono di avvelenarlo con un bicchiere del quale si
serviva, ma avendo il santo Apostolo fatto il segno della
croce sulla bevanda, ne venne fuori un serpente che
dimostrò la malizia dei settari e la santità del
discepolo di Cristo. Questa fermezza apostolica nella
custodia del deposito della fede fece di lui il terrore
degli eretici dell'Asia, e giustificò in tal modo il
profetico nome di Figlio del Tuono che gli aveva
dato il Salvatore, come l'aveva dato anche al fratello
Giacomo il Maggiore, l'Apostolo della Spagna.
A
ricordo del miracolo che abbiamo riferito, la tradizione
delle arti cattoliche ha dato come emblema a san Giovanni
un calice dal quale esce un serpente, e in parecchie
province della cristianità, particolarmente in Germania,
nel giorno della festa dell'Apostolo si benedice
solennemente del vino con una preghiera che ricorda quell'avvenimento.
Vi è anche, in quelle regioni, l'usanza di bere, alla
fine del pasto, un ultimo bicchiere chiamato il bicchiere
di san Giovanni, come per porre sotto la sua
protezione il pasto che si è fatto.
Ci
manca lo spazio per narrare in particolare varie
tradizioni sull'Apostolo: si possono vedere nei
leggendari e noi ci limiteremo a dire qui qualche cosa
riguardo alla sua morte.
Il
brano del Vangelo che si legge alla Messa di san Giovanni
è stato spesso interpretato nel senso che il Discepolo
prediletto non dovesse morire; tuttavia bisogna
riconoscere che il testo si spiega anche senza ricorrere
a tale interpretazione. La Chiesa Greca professa la
credenza nel privilegio dell'esenzione dalla morte
concesso a san Giovanni; e questo sentimento di parecchi
Padri antichi è riprodotto in alcune Sequenze o Inni
delle Chiese d'Occidente. La Chiesa Romana sembrerebbe
propendervi nella scelta delle parole che compongono un'Antifona
delle Laudi della Festa; bisogna tuttavia riconoscere che
essa non ha mai favorito tale sentimento, benché non
abbia ritenuto opportuno riprovarlo. D'altra parte, il
sepolcro del santo Apostolo è esistito in Efeso, i
monumenti della tradizione ne fanno menzione, come fanno
menzione dei prodigi d'una manna miracolosa che vi si è
raccolta per parecchi secoli.
È
sorprendente tuttavia il fatto che il corpo di san
Giovanni non sia stato oggetto di alcuna traslazione;
nessuna Chiesa si è mai gloriata di possederlo, e quanto
alle reliquie particolari di questo Apostolo, sono in
numero limitatissimo nella Chiesa, e la loro natura è
rimasta sempre abbastanza vaga. A Roma, quando si
chiedono delle reliquie di san Giovanni, se ne ottengono
solo del suo sepolcro. È impossibile, dopo tutti questi
fatti, non riconoscere qualche cosa
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di misterioso nella
sparizione totale del corpo d'un personaggio cosi caro a
tutta la Chiesa, mentre i corpi di tutti gli altri suoi
colleghi nell'Apostolato hanno una storia più o meno
continua e tante Chiese se li disputano, tutti o in parte.
Ha voluto il Salvatore glorificare, prima del giorno del
giudizio, il corpo del suo amico? Lo ha sottratto a tutti
gli sguardi, come quello di Mosè, negli imperscrutabili
disegni della sua sapienza? Queste domande non avranno
probabilmente mai una risposta sulla terra, ma non si
può fare a meno di riconoscere, con molti santi dottori,
nel mistero di cui il Signore ha voluto circondare il
virgineo corpo di san Giovanni, come un nuovo segno della
mirabile castità di questo grande Apostolo.
* * *
Noi
ti salutiamo oggi con il cuore pieno di riconoscenza, o
beato Giovanni, che ci hai assistiti con sì tenera
carità nella celebrazione dei misteri della Natività
del tuo divino Re. Mettendo in risalto le tue ineffabili
prerogative, rendiamo gloria a Colui che te ne ha onorato.
Sii dunque benedetto, tu che sei l'amico di Gesù, il
Figlio della Vergine! Ma prima di lasciarci, ricevi
ancora le nostre preghiere.
Apostolo
della carità fraterna, fa' che i nostri cuori si fondano
tutti in una santa unione; che cessino le divisioni e
rinasca nel cuore dei cristiani di oggi la semplicità
della colomba di cui tu sei stato un mirabile esempio. Si
conservi pura nelle nostre Chiese la fede, senza la quale
non può esservi carità; sia schiacciato il serpente
dell'eresia, e le sue velenose bevande non siano più
offerte alle labbra d'un popolo complice o indifferente;
sia fermo ed energico nei cuori dei cattolici l'attaccamento
alla dottrina della Chiesa; le contaminazioni profane, la
vile tolleranza degli errori non vengano più a
corrompere i religiosi costumi dei nostri padri, e i
figli della luce si allontanino dai figli delle tenebre.
Ricorda,
o santo Profeta, la sublime visione nella quale ti fu
rivelato lo stato delle Chiese dell'Asia Minore: ottieni
per gli Angeli che custodiscono le nostre, quella
fedeltà inviolabile che è l'unica a meritare la corona
e la vittoria. Prega anche per le regioni che tu stesso
hai evangelizzate e che meritarono il terribile castigo
di perdere la fede. Hanno sofferto per troppo tempo la
schiavitù e la degradazione: è tempo che siano
rigenerate in Gesù Cristo e nella sua Chiesa. Dall'alto
del cielo, manda la pace alla tua Chiesa di Efeso, e alle
sue sorelle di Smirne, di Pergamo, di Tiatira, di Sardi,
di Filadelfia e di Laodicea; fa' che si ridestino dal
loro sonno, che escano dai loro sepolcri,
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che l'Islamismo
si avvii presto al suo malaugurato destino, si spengano
lo scisma e l'eresia che degradano l'Oriente, e tutto il
gregge si riunisca in un unico ovile. Proteggi la santa
Romana Chiesa che fu testimone della tua gloriosa
Confessione e l'ha registrata fra i suoi più splendidi
titoli di gloria insieme a quella di Pietro e di Paolo.
Fa' ch'essa riceva in questi giorni in cui la messe
biancheggia da ogni parte, una nuova effusione di luce e
di carità. E infine, o Discepolo prediletto del
Salvatore degli uomini, fa' che siamo ammessi un giorno a
contemplare la gloria del tuo virgineo corpo; e dopo
averci presentati su questa terra a Gesù e a Maria in
Betlemme, presentaci allora a Gesù e a Maria negli
splendori dell'eternità.
da: P. GUÉRANGER, L'anno liturgico.
- I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad.
it. P. GRAZIANI, Alba, Edizioni Paoline, 1959, pp. 191-195.