Messe latine antiche nelle
Venezie
Venezia | Belluno
| Bergamo
|
Bolzano |
Brescia |
Gorizia
| Mantova | Padova
| Pordenone | Treviso
| Trieste | Udine
| Verona | Vicenza
| Vittorio Veneto
Dom Prosper Guéranger, L'anno
liturgico >
Tempo pasquale
> Giovedì di Pasqua
Français
Missale Romanum
74
GIOVEDÌ
DI PASQUA
Dopo aver glorificato l'Agnello di Dio e
salutato il passaggio del Signore attraverso l'Egitto, dove
ha sterminato i nostri nemici; dopo aver celebrato le
meraviglie di quell'acqua che ci libera e ci introduce nella
terra promessa; rivolgiamo adesso lo sguardo verso
75
il nostro Capo divino, il cui trionfo era
annunciato e preparato da tutti questi prodigi. Noi ci
sentiamo abbagliati da tanta gloria! Come il Profeta di Patmos, ci prosterniamo
ai piedi dell'Uomo Dio, finché egli dica a noi pure: "Non temete!
Io sono il Primo e l'Ultimo e il Vivente: e fui morto ed ecco
son vivo per i secoli dei secoli, ed ho le chiavi della morte e degli
Inferi" (Apoc. 1, 17).
Il vincitore della morte.
Effettivamente è ormai il padrone di colei
che l'aveva tenuto prigioniero; le chiavi della tomba sono in
suo possesso; ciò vuoi dire, secondo il linguaggio della
Scrittura, che egli comanda alla morte che ormai gli è sottomessa senza
scampo. Ed ora, per prima cosa, si serve della sua vittoria per
estenderla a tutto il genere umano. Adoriamo questa bontà infinita e,
fedeli ai desideri della Santa Chiesa, meditiamo oggi la Pasqua nei
suoi rapporti con ciascuno di noi.
Il Figlio di Dio disse all' Apostolo
prediletto: "Son vivo, io che fui morto"; per virtù della Pasqua
verrà un giorno in cui anche noi diremo con trionfale accento:
"siamo
viventi, noi che fummo morti".
La morte, retribuzione del peccato.
La morte ci aspetta; è pronta ad afferrarci,
e noi non potremo sfuggire alla sua falce omicida. "La morte
è il soldo del peccato" dice il libro sacro (Rom. 6, 23); e con
questa spiegazione tutto viene compreso: e la sua necessità e la sua
universalità. Non per questo la legge è meno dura; e noi non possiamo
impedirci di vedere un turbamento dell'ordine in questa violenta
rottura del legame che stringeva assieme, in una vita comune,
il corpo e l'anima, uniti da Dio stesso. Se vogliamo comprendere la
morte quale essa è, ricordiamoci che Dio creò l'uomo immortale;
solo così ci renderemo conto dell'orrore invincibile che ci ispira
la sua distruzione, orrore che non può essere sormontato che per
mezzo di un sentimento superiore ad ogni egoismo: per mezzo del
sentimento del sacrificio.
V'è nella morte di ogni uomo un vergognoso
monumento del peccato, un trofeo per il nemico del genere
umano; e vi sarebbe una umiliazione per lo stesso Dio, se non vi
apparisse la sua giustizia, ristabilendo così l'equilibrio.
76
La nostra speranza.
Quale sarà dunque il desiderio dell'uomo
sotto la dura necessità che l'opprime? Aspirare a non morire?
Sarebbe una follia. La sentenza è formale, e nessuno potrà
sfuggirla. Lusingarsi nella speranza che un giorno questo corpo, diventato ormai
un cadavere, e distrutto, in seguito, fino a non lasciare
più la minima traccia visibile di se stesso, potrebbe rivivere e sentirsi
di nuovo riunito all'anima per la quale era stato creato? Ma chi
opererà questa riunione, impossibile, di una sostanza che fu unita
un giorno e che in seguito sembra essere disciolta negli elementi dai
quali era stata tratta? O uomo! Pertanto è proprio così. Tu
risusciterai; questo corpo, dimenticato, distrutto, in apparenza
annientato, rivivrà e ti sarà reso. Ma che dico? Oggi stesso esce dalla
tomba nella persona dell'Uomo-Dio; la nostra risurrezione futura si compie
da oggi nella sua; oggi è divenuto altrettanto certo che
noi risusciteremo, quanto è sicuro che moriremo; e questa è ancora la
Pasqua!
Dio, nel suo sdegno salutare, da principio
nascose all'uomo questa meraviglia del suo potere e della sua bontà.
La sua parola fu dura per Adamo: "Con sudore del tuo volto
mangerai il pane, finché tu ritorni alla terra, dalla quale fosti
tratto; poiché polvere sei tu ed in polvere ritornerai" (Gen. 3, 19).
Non una parola, non un'allusione che dia al colpevole la più lieve speranza
su ciò che riguarda questa parte di se stesso, ormai così votata
alla distruzione e alla vergogna del sepolcro. Era necessario
umiliare quell'orgoglio, dimentico di ogni gratitudine, che aveva
voluto elevarsi fino a Dio. Più tardi questo gran mistero fu
manifestato, sia pure con una grande parsimonia. E già lunghi secoli
addietro, un uomo, il cui corpo cadeva a brandelli, divorato da
terribili ulceri, poteva dire: "Io lo so: il mio Redentore è pur
vivo e nell'ultimo giorno mi ergerà sulla polvere. E dopo che della mia
pelle sarà circondata questa spoglia, dalla mia carne vedrò Dio.
Questa speranza è riposta entro il mio seno" (Giob. 19, 25-27).
Ma per realizzare l'attesa di Giobbe
bisognava che questo Redentore così desiderato apparisse sulla
terra, che venisse a combattere la morte, lottando con essa, corpo a corpo,
e, finalmente, abbatterla.
È venuto nel tempo stabilito; non per
impedirci di morire - la sentenza era stata troppo formale - ma
per morire egli stesso e togliere così alla morte tutto ciò che essa
aveva di duro e di umi-
77
liante. Simile a quei medici generosi che
abbiamo visto inoculare su loro medesimi il virus contagioso, egli ha
cominciato, secondo l'energica espressione di san Pietro, per
"ingoiare la
morte" (I Piet. 3, 22).
Ma la gioia di questa nemica dell'uomo è
stata breve, poiché egli è risuscitato per non più morire, e
quel giorno ha acquistato, anche per tutti noi, lo stesso diritto. Da tale momento noi dobbiamo considerare la
tomba sotto un altro aspetto. La terra ci riceverà, ma per
ridarci, poi, come essa rende la spiga, dopo aver ricevuto il seme
del grano. Gli elementi, nel giorno prescritto, saranno costretti,
dalla stessa potenza che li estrasse dal nulla, a restituire quegli
atomi che non avevano ricevuto che in deposito e, al suono della tromba
dell'Arcangelo, tutto il genere umano al completo si solleverà dalla
terra e proclamerà l'ultima vittoria sulla morte. Per i giusti, sarà la
Pasqua: ma una Pasqua che non può essere che il seguito di quella
di oggi.
La gloria del Cielo.
Con quale ineffabile felicità ritroveremo il
vecchio compagno della nostra anima, questa parte essenziale
dell'essere umano, dal quale saremo rimasti per tanto tempo
separati. Molte anime, forse, avranno già passato diversi secoli rapite
nella visione di Dio, ma la nostra natura umana non era completamente
rappresentata nella suprema beatitudine; la felicità, che deve
essere pure felicità del corpo, mancava del suo complemento. E nel
seno di questa gloria, di questa gioia, restava ancora una traccia
non cancellata del castigo che colpì la razza umana, fin dalle prime
ore del suo soggiorno sulla terra.
Per ricompensare i giusti con la sua
presenza beatifica, Dio si è degnato di non aspettare il momento in
cui i corpi gloriosi saranno riuniti alle anime che li animarono e li
santificarono; ma tutto il cielo aspira a questa ultima fase del
mistero della Redenzione dell'uomo. Il nostro Re, nostro divin Capo, che,
dall'alto del suo trono, pronuncia maestosamente queste parole:
"Sono vivo, io che fui morto", vuole che le ripetiamo anche
noi, a nostra volta, nella eternità.
Maria che, tre giorni dopo il suo
transito, riprese il suo corpo immacolato, desidera vedere intorno a lei,
nella loro carne purificata dalla prova del sepolcro, gl'innumerevoli
figli che la chiamano Madre.
78
La gioia degli Angeli.
I Santi Angeli, di cui gli
eletti della terra devono rafforzare i ranghi, si rallegrano nell'attesa del
magnifico spettacolo che offrirà la corte celeste quando i corpi glorificati
degli uomini, come i fiori del mondo materiale, renderanno smagliante
la regione degli spiriti con il loro splendore. Una delle loro gioie
è di contemplare, intanto, il corpo radioso del divin
Redentore che, nella sua umanità, è tanto il loro Capo che il nostro; di
fissare i loro sguardi abbagliati sull'incomparabile bellezza di cui
risplendono i tratti di Maria, che è anche la loro Regina. Che festa completa
sarà, dunque, per essi quel momento nel quale i fratelli della
terra, le cui anime beate godono già con loro della stessa felicità,
si rivestiranno col manto della carne santificata che non impedirà più
l'irraggiar dello spirito e metterà finalmente, gli abitanti del Cielo in
possesso di tutte le meraviglie e -di tutte le bellezze della Creazione! Al
momento in cui nel sepolcro Gesù liberatosi dai lenzuoli che lo
avvolgevano, risorse levandosi in tutta la sua forza e magnificenza, gli
Angeli che lo assistevano furono pervasi di muta ammirazione alla
vista di quel corpo che, per sua natura, era loro inferiore, ma che
gli splendori della sua gloria rendevano maggiormente rilucente, di
quanto lo siano gli Spiriti celesti più radiosi. Con quali
acclamazioni fraterne essi accoglieranno le membra di questo Capo vittorioso,
rivestite nuovamente d'una livrea che sarà per sempre gloriosa
perché è quella di un Dio!
Il rispetto del corpo.
L'uomo sensuale resta indifferente alla
gloria ed alla felicità del corpo nell'eternità: il dogma della
risurrezione della Carne non lo interessa. Egli si ostina a non voler
vedere che il presente; ed in questa preoccupazione grossolana il suo
corpo non è per lui che un balocco del quale bisogna affrettarsi a
profittare, visto che dura poco. Il suo amore per la povera carne è senza
rispetto: ecco perché egli non ha timore d'insozzarla, nell'attesa
che essa vada in pasto ai vermi, senza aver ricevuto altro omaggio
che una preferenza egoista ed ignobile.
79
Gli onori resi dalla Chiesa al nostro corpo.
Nonostante ciò, l'uomo sensuale rimprovera
alla Chiesa di essere nemica del corpo, mentre ella non
cessa di proclamarne la dignità e l'alto destino. Ciò è veramente
troppo audace e troppo ingiusto!
Il Cristianesimo ci avverte dei rischi che
l'anima corre da parte del corpo; ci rivela il pericoloso male che
la carne ha contratto con la colpa originale, i mezzi che dobbiamo
impiegare per "far servire alla giustizia le nostre membra che
potrebbero prestarsi all'iniquità" (Rom. 4, 19); ma, lungi dal
cercare di staccarci dall'amore per il corpo, ce lo mostra destinato ad una
gloria ed una felicità senza fine.
Sul nostro letto funebre la Chiesa gli offre
l'onore del Sacramento dell'Olio Santo, segnando, per
l'immortalità, tutti i suoi sensi; presiede all'addio che l'anima indirizza al
compagno delle sue lotte fino alla futura ed eterna riunione; brucia
rispettosamente l'incenso intorno a quelle spoglie mortali, divenute
sacre dal giorno in cui l'acqua del Battesimo cadde su di
esse; ed a coloro che sopravvivono ella, con dolce autorità, indirizza le
parole: "Non vi rattristate come gli altri che non hanno speranza" (I Tess. 4, 13). Orbene, qual è la nostra speranza se non la stessa
che consolava Giobbe: dalla mia carne vedrò Dio?
Fede nella Risurrezione della carne.
È così che la santa fede ci rivela
l'avvenire del nostro corpo e favorisce, elevandolo, quell'amore istintivo
che l'anima porta a questa parte essenziale dell'essere umano.
La fede allaccia indissolubilmente il dogma della Pasqua a quello della
risurrezione della carne e l'Apostolo ci dice senza difficoltà
che "se Cristo non fosse risuscitato, la nostra fede sarebbe vana:
nello stesso modo che se la risurrezione della carne non avesse
luogo, quella di Gesù Cristo sarebbe stata superflua" (I Cor. 15); il
legame tra queste due verità è così stretto che, per così dire, esse non
ne formano che una sola.
Perciò noi dobbiamo vedere un segno doloroso
dell'indebolimento della fede, in questa specie di dimenticanza
in cui sembra caduto, per un gran numero di fedeli, il
dogma fondamentale della risurrezione della carne. Certo
essi vi credono, poiché il Simbolo
80
glielo impone; non hanno su di esso neppur
l'ombra di un dubbio; ma la speranza di Giobbe raramente forma
l'oggetto dei loro pensieri e delle loro aspirazioni. Ciò che importa,
per se stessi e per gli altri, è la sorte dell'anima dopo questa
vita, e ne hanno pienamente ragione; ma anche il filosofo predica
l'immortalità dell'anima e la ricompensa per i giusti in un mondo
migliore. Lasciategli dunque ripetere la lezione che ha imparato da voi,
e mostrate che siete cristiani e confessate arditamente la
risurrezione della carne, allo stesso modo che fece Paolo nell'Areopago.
Forse vi si dirà, come fu detto a lui: "Di questo ti udiremo
un'altra volta" (Atti, 17, 32); ma che v'importa? Voi avete reso omaggio a
colui che ha vinto la morte, non solamente in se stesso, ma in
voi; e non siete a questo mondo per rendere testimonianza della verità
rivelata, con le vostre parole e con le vostre azioni?
L'esempio dei primi cristiani.
Quando si vedono le pitture murali delle
Catacombe di Roma, si rimane colpiti d'incontrarvi ovunque i
simboli della risurrezione dei corpi; questi, con l'altro del Buon
Pastore, sono quelli che si trovano più spesso tra gli affreschi della
Chiesa primitiva; tanto il dogma fondamentale del cristianesimo
occupava profondamente lo spirito, all'epoca in cui non ci si poteva
presentare al Battesimo senza avere spezzato violentemente ogni legame con
la sensualità. Il martirio era la sorte, almeno probabile, di
tutti i neofiti; e quando arrivava l'ora di confessare la fede, mentre
le membra erano maciullate o slogate nelle torture, si udiva proclamare
il dogma della risurrezione della carne, quale speranza atta a sostenere
il coraggio: i loro atti lo attestano ad ogni pagina.
Molti di noi hanno bisogno di istruirsi, seguendone l'esempio, affinché il
nostro cristianesimo sia completo e si allontani sempre più da quella
filosofia che pretende di fare a meno di Gesù Cristo, pur
spigolando, qua e là, qualche brano dei suoi divini insegnamenti.
Il sensualismo conduce al naturalismo.
L'anima vale più del corpo; ma nell'uomo il
corpo non è né un estraneo, né una superfetazione
passeggera. Sta a noi di conservarlo con sovrano rispetto per il suo alto
destino; e se allo stato presente dobbiamo tenerlo castigato, affinché non si
perda insieme al-
81
l'anima, non lo facciamo per disprezzo, ma
per amore. I martiri ed i santi, che facevano penitenza, hanno
amato il corpo più di quanto l'amano i voluttuosi; immortalandolo, per
preservarlo dal male, lo hanno salvato; gli altri, adulandolo, lo
espongono alla sorte più triste.
Che si faccia attenzione: l'alleanza del
sensualismo col naturalismo è facile a concludersi. Il sensualismo
pretende che il destino dell'uomo sia ben diverso da quello che è,
per poterlo corrompere senza rimorsi; il naturalismo teme le verità
della fede; ma solo per mezzo della fede l'uomo può approfondire il
suo avvenire e la sua fine. Che il cristiano si tenga, dunque,
avvertito; e se in questi giorni il suo cuore non esulta di amore e di
speranza alla vista di ciò che il Figlio di Dio, risuscitando
gloriosamente, ha fatto per i nostri corpi, sappia che la fede è debole in lui,
e, se non vuole perire, si attenga d'ora in avanti con completa
docilità alla parola di Dio, che sola può rivelargli ciò che egli è al
presente e ciò che è chiamato a divenire.
La Stazione.
A Roma la Stazione è nella Basilica dei
dodici Apostoli. Oggi i neofiti venivano convocati in questo
santuario dedicato ai testimoni della Risurrezione, dove riposano due di
essi: San Filippo e San Giacomo. La Messa è piena di allusioni
relative alla missione sublime di questi coraggiosi araldi del
Divin Risorto, che hanno fatto sentire, fino all'estremità della
terra, la loro voce, la cui eco, senza indebolirsi, si ripercuote attraverso
tutti i secoli.
MESSA
EPISTOLA (Atti 8, 26-40). - In quei giorni
l'Angelo del Signore parlò a Filippo e gli disse: "Alzati e va' in
direzione del mezzogiorno, sulla strada che mena da Gerusalemme a Gaza; questa è
deserta". E si alzò e partì. Ed ecco un Etiope, un eunuco, ministro di
Candace, regina degli Etiopi, sopraintendente di tutti i suoi tesori, il
quale era stato ad adorare in Gerusalemme ed ora se ne tornava seduto sul suo cocchio,
leggendo il Profeta Isaia. Allora lo Spirito disse a Filippo:
"Accostati e segui quel cocchio". E Filippo, avvicinatosi, sentì che l'eunuco
leggeva il Profeta Isaia e gli disse: "Intendi quello che leggi?" Quello
rispose: Ma come posso capirlo, se nessuno me lo spiega". E pregò Filippo di
montare a sedere con lui. Il passo della Scrittura da lui letto era
questo: Come pecorella è stato condotto al macello; e come agnello muto davanti a
chi lo tosa, così egli non aprì la sua bocca. Nella sua umiliazione fu
cancellata la condanna. Chi descriverà
82
la sua generazione, poiché sarà tolta dalla
terra la sua vita? L'Eunuco prese a dire a Filippo: "Ti prego, il Profeta
di chi dice questo? di sé o di qualche altro?" E Filippo cominciò a parlare e,
rifacendosi da quel passo della Scrittura, gli fece conoscere Gesù. E seguitando la
strada giunsero ad una cert'acqua e disse l'eunuco: "Ecco dell'acqua; che mi
impedisce di essere battezzato?" E Filippo a lui: "Se credi di tutto
cuore, è permesso". E l'eunuco rispose: "Credo che Gesù Cristo è il
figlio di Dio". E, fatto fermare il cocchio, discesero tutti e due, Filippo e l'eunuco,
nell'acqua; e Filippo lo battezzò. E usciti che furono dall'acqua, lo Spirito
del Signore rapì Filippo e l'eunuco non lo vide più. E seguitò allegramente il
suo viaggio. Filippo, invece, si trovò in Azoto, e di là arrivò a Cesarea,
evangelizzando per tutte le città dove passava il nome del Signore Gesù
Cristo.
Docilità dell' anima alla grazia.
Questo brano degli Atti degli Apostoli era
destinato a ricordare ai neofiti la sublimità della grazia che
avevano ricevuto nel battesimo, e la condizione alla quale erano stati
rigenerati. Dio aveva messo sul loro cammino l'occasione della
salvezza, come aveva inviato Filippo sulla strada che doveva percorrere
l'eunuco. Ispirando loro il desiderio di conoscere la verità,
aveva pure posto nel cuore di quell'ufficiale della Regina d'Etiopia la
fortunata curiosità che lo condusse a sentir parlare di Gesù
Cristo. Ma non è ancora tutto qui: quel pagano avrebbe potuto
ascoltare la spiegazione dell'inviato da Dio, con diffidenza e aridità di animo:
invece egli apriva il suo cuore, permettendogli di riempirsi di
fede. Lo stesso avviene per i nostri neofiti: essi sono stati
docili, e la parola di Dio li ha illuminati; da una luce sono saliti ad un'altra, finché
la Chiesa ha riconosciuto in loro dei veri discepoli della fede.
Allora son venuti i giorni della Pasqua, e la madre delle anime ha
detto a se stessa: "Ecco dell'acqua, l'acqua che purifica, l'acqua che è uscita
dal costato dello Sposo, aperto dalla lancia sulla Croce; chi
impedisce di battezzarli?". E dopo aver confessato che Gesù Cristo è il
Figlio di Dio, essi sono stati immersi, come l'Etiope, nella fonte
della salute; adesso, seguendo il suo esempio, essi continueranno ad
avanzare nel cammino della vita, ora riempito di gaudio, poiché sono
risuscitati con Cristo, che si è degnato associare la gioia della loro
novella nascita, a quella del suo stesso trionfo.
VANGELO (Gv. 20, 11-18). - In quel
tempo: Maria stava di fuori a piangere vicino al sepolcro. E mentre
piangeva s'affacciò alla tomba, vi scorse due Angeli vestiti di bianco, seduti l'uno
al capo e l'altro ai piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le
dissero: "Donna, perché piangi?". Rispose loro: "Perché han portato via il
mio Signore e non so dove l'abbiano
83
messo". E detto questo si voltò indietro e
vide Gesù in piedi, senza però conoscere che era Gesù. Gesù le disse:
"Donna, perché piangi? Chi cerchi?" E lei, pensando che fosse l'ortolano, gli
disse: "Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove lo hai messo ed io lo
prenderò". Gesù le disse: "Maria!" Essa rivoltasi, esclamò:
"Rabboni (che
vuol dire Maestro". Le disse Gesù: "Non mi toccare; perché non sono ancora
asceso al Padre mio; ma ritorna dai miei fratelli e comunica loro: Ascendo
al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro". Maria Maddalena
andò dai discepoli ad annunziare che aveva visto il Signore e che le
aveva
detto queste cose.
L'Apostola degli Apostoli.
Siamo nella Basilica degli Apostoli; e la
Santa Chiesa oggi, invece di farci ascoltare il racconto di una delle
apparizioni del Salvatore risorto ai suoi Apostoli, ci legge quello in
cui è registrata la grazia che Gesù fece alla Maddalena. Perché una
tale apparente dimenticanza del carattere e della missione conferita a
questi ambasciatori della nuova legge? La ragione è facile a
comprendersi. Onorando oggi in questo santuario la memoria di colei che
Gesù Cristo scelse per essere l'Apostola dei suoi Apostoli, la
Chiesa finisce di riferire in tutta la loro realtà i molti avvenimenti
susseguitisi nel giorno della Risurrezione. Ed è per mezzo della
Maddalena e della sue compagne che cominciò l'apostolato del maggiore dei
misteri del Redentore; esse hanno, dunque, veramente diritto a
riceverne oggi l'omaggio in questa Basilica dedicata ai Santi
Apostoli.
Il Signore e le pie donne.
Essendo onnipotente, Dio ama di
manifestarsi in ciò che è di più debole; allo stesso modo che, nella sua
bontà, si gloria di riconoscere l'amore di cui è oggetto. Ecco perché il
Redentore prodigò, prima che agli altri, tutte le prove della
sua Risurrezione e tutti i tesori della sua tenerezza, a Maddalena e alle
sue compagne. Esse erano anche più deboli dei pastori di
Betlemme: per questo ebbero tale preferenza. Anche gli Apostoli lo
erano, e più della minore delle potenze del mondo che dovevano sottomettere:
ed ecco perché, a loro volta, vi furono iniziati. Ma
Maddalena e le sue compagne avevano amato il Maestro fin presso la Croce
e la tomba; mentre gli apostoli l'avevano abbandonato. Era,
dunque, ad esse, e non ai secondi, che Gesù doveva i primi favori
della sua bontà.
Sublime spettacolo della
Chiesa, in quel momento in cui s'in-
84
nalza, poggiando sulla fede della
Risurrezione che forma la sua base! Dopo Maria, la Madre di Dio, per la quale la
luce mai vacillò, ed a cui era dovuta la prima manifestazione, sia
perché mamma, sia perché perfettissima, chi vediamo noi illuminati da
questa fede, vita e respiro della Chiesa? Maddalena e le sue
compagne.
Durante parecchie ore Gesù si compiace della
vista dell'opera sua, debole allo sguardo umano, ma in realtà
così grande. Ancora un po' di tempo e questo piccolo gregge di
anime scelte assimileranno gli stessi Apostoli. Che dico? Il mondo
intero verrà a loro. Per tutta la terra in questi giorni, la
Chiesa canta le parole: "Che hai veduto al sepolcro, Maria? Diccelo!" e
Maria Maddalena risponde alla Santa Chiesa: "Ho visto il sepolcro
di Cristo vivente e la gloria di lui Risorto".
La donna che ha peccato per prima,
per prima viene riabilitata.
E non ci meravigliamo che siano state delle
sole donne a formare questo primo gruppo di credenti, intorno al
figlio di Dio, in quella Chiesa, effettivamente primitiva, che
risplendeva dei primi raggi della Risurrezione; poiché è qui la continuazione
dell'opera divina sul piano irrevocabile, di cui abbiamo già
riconosciuto l'inizio.
In principio l'opera di Dio venne sconvolta
dalla prevaricazione della donna: ed è proprio nella donna che
comincerà ad essere restaurata. Nel giorno dell'Annunciazione ci siamo
inchinati davanti alla nuova Eva che, con la sua ubbidienza,
riparava la trasgressione della prima: ma nel timore che Satana,
sbagliandosi, non volesse vedere in Maria che l'esaltazione della
persona, e non la riabilitazione del sesso, Dio vuole che oggi gli stessi
fatti dimostrino la sua suprema volontà. "La donna - ci dice
Sant'Ambrogio - aveva per la prima gustato la bevanda della morte;
sarà dunque lei che, per la prima, contemplerà la Risurrezione.
Predicando questo mistero riparerà la sua colpa
[1]; ed è con ragione che essa
è inviata per annunziare agli uomini la buona novella della salvezza,
per manifestare la grazia che viene dal Signore: colei che
altra volta aveva annunciato il peccato all'uomo"
[2].
Gli altri Santi Padri rilevano con non
minore eloquenza questo piano divino che dà alla donna la primizia
nella distribuzione dei doni
85
della grazia, e ci fanno riconoscere in essi
non soltanto un atto del potere del sovrano Maestro, ma anche, nello
stesso tempo, la legittima ricompensa dell'amore che Gesù trovò nel
cuore di queste umili creature e che non aveva riscontrato negli
Apostoli, ai quali, durante tre anni, aveva prodigato le più tenere
cure, avendo così diritto di attendersi, da loro, un coraggio più virile.
L'apparizione alla Maddalena.
Maddalena si eleva in mezzo alle sue
compagne, come una regina della quale le altre formano la corte. È la
prediletta di Gesù, quella che egli ama di più, quella che ha avuto il
cuore maggiormente spezzato dalla dolorosa passione, quella che insiste
con maggior forza per rivedere e imbalsamare, con le sue
lacrime e i suoi profumi, il corpo del Maestro. Quale delirio nelle sue
parole mentre lo ricerca! Quale slancio di tenerezza nel riconoscerlo
vivo e sempre pieno di affetto per lei! Gesù, nondimeno, si sottrae
alle manifestazioni di una gioia troppo terrestre: "Non mi toccare -
le dice - poiché non sono ancora asceso al Padre mio".
Gesù non è più nelle condizioni di vita
mortale; in lui l'umanità resta eternamente unita alla divinità: ma la
sua Risurrezione avverte l'anima fedele che i rapporti che ella d'ora
in avanti avrà con lui, non sono più gli stessi. Nel primo periodo
lo si trattava come si tratta un uomo; la sua divinità traspariva appena;
adesso è il Figlio di Dio, il cui splendore eterno si rivela
radiosamente anche attraverso la sua umanità. D'ora in avanti, dunque, è il
cuore più dell'occhio che deve cercarlo; l'affetto rispettoso, più
che la tenerezza sensibile. Egli si è lasciato toccare da Maddalena
quando lei era debole e lui stesso apparteneva ai mortali: bisogna che
adesso aspiri a quel supremo bene spirituale che è la vita dell'anima,
Gesù nel seno di suo Padre. Maddalena, nel suo primo stato d'animo, ha
fatto abbastanza per servir di modello all'anima che comincia a cercar
Gesù; ma chi non vede che il suo amore ha bisogno di una
trasformazione? A forza di essere ardente, la rende cieca; ella si ostina a
"cercare tra i morti colui che vive" . È arrivato il momento in cui deve
elevarsi ad una vita superiore e cercare spiritualmente colui che è
spirito: "Non sono ancora asceso al Padre mio" dice il Salvatore. Ed
è come se dicesse: "Serba, per il momento, queste carezze troppo
sensibili che ti fermerebbero sulla mia umanità. Lasciami prima salire
alla gloria; un giorno vi sarai ammessa vicino a me, e allora ti
sarà concesso di prodigarmi
86
tutti i segni del tuo amore, perché, allora,
non sarà più possibile che la mia umanità ti nasconda la
vista della mia natura divina".
Maddalena ha compreso la lezione del suo
amatissimo Maestro. Un rinnovamento si opera in lei; e ben
presto, sola con i suoi ricordi, che vanno dalla prima parola di Gesù, che
toccò il suo cuore, strappandolo agli amori terreni, fino alla grazia di cui
oggi ha avuto l'onore della preferenza sugli Apostoli, ella si
slancerà, ogni giorno di più verso il suo bene supremo; finche,
purificata dall'attesa, divenuta emula degli Angeli che la visitano e la
consolano nel suo esilio, ascenderà finalmente per sempre presso Gesù,
stringendo in un abbraccio eterno quei sacri piedi, su cui ella ritrova
la traccia incancellabile dei suoi primi baci.
__________________________
[1]
Comm. su San Luca, c. XXIV.
[2]
Dello Spirlto Santo, c. XII.
da: P. GUÉRANGER, L'anno liturgico.
- II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. ROBERTI,
P. GRAZIANI e P. SUFFIA, Alba, Edizioni Paoline, 1959, pp. 74-86.
LINK UTILI
Dom
Guéranger, L'Année Liturgiques (Abbaye Saint Benoît de Port-Valais)
Dom Guéranger, L'eresia antiliturgica
Inizio
Pagina
Torna a dom Guéranger
|