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MERCOLEDÌ
DI PASQUA
Liberazione dall'Egitto e dal peccato.
La parola Pasqua, in ebraico, significa "passaggio" e noi ieri abbiamo spiegato come in principio questo
gran giorno divenne sacro, a causa del Passaggio del Signore; ma
nel termine ebraico non se ne esaurisce tutto il significato. Gli
antichi Padri, d'accordo con i Dottori Giudei, ci insegnano che la Pasqua è
anche per il popolo eletto il Passaggio dall'Egitto alla terra
promessa.
Effettivamente questi tre avvenimenti si
riuniscono in una me-
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desima notte: il banchetto religioso dell'Agnello,
lo sterminio dei primogeniti degli Egiziani, e l'uscita
dall'Egitto. Oggi riconosciamo una nuova figura della nostra Pasqua in
questo terzo fatto che continua lo sviluppo del mistero.
Il momento in cui Israele esce dall'Egitto
per avanzare verso la terra predestinata ad essere la sua
patria è il più solenne di tutta la sua storia; ma quella partenza e tutte le
circostanze che l'accompagnano formano un insieme di figure che non vengono
svelate e non si sviluppano che nella Pasqua Cristiana. Il
popolo eletto sfugge a quello idolatra ed oppressore dei deboli;
nella nostra Pasqua abbiamo visto i neofiti uscire coraggiosamente
dall'impero di Satana che li teneva prigionieri e rinunciare
solennemente a quell'orgoglioso Faraone, alle sue opere, alle sue pompe.
Il Mar Rosso e il Battesimo.
Sulla strada che conduce alla terra
promessa, Israele si è imbattuto con l'acqua ed è stato necessario traversare
quell'elemento, sia per sfuggire all'inseguimento
dell'esercito di Faraone, sia per poter penetrare nella patria felice, dove
colano latte e miele. I nostri neofiti pure, dopo aver rinunziato al
tiranno, che li teneva schiavi, si sono trovati di fronte all'acqua; ed
anche essi non potevano sfuggire alla rabbia dei loro nemici, che
traversando quell'elemento protettore, né potevano penetrare nella
regione delle loro speranze, che dopo averlo lasciato dietro di loro,
quale un bastione inespugnabile.
Per mezzo della bontà divina l'acqua, che
arresta sempre il percorso dell'uomo, divenne per Israele
l'alleata soccorritrice e ricevette l'ordine di sospendere le sue
leggi naturali e di servire alla liberazione del popolo di Dio.
Nello stesso modo il Sacro Fonte, divenuto
l'ausiliare della divina grazia, come la Chiesa ci ha insegnato nella
solennità dell'Epifania, è stato il rifugio, l'asilo sicuro di coloro
che, dopo esservisi bagnati, non hanno più avuto da temere il potere che
Satana rivendicava su di essi. Ritto in piedi e tranquillo, il
popolo d'Israele contempla dall'altra riva i cadaveri galleggianti del
Faraone e dei suoi guerrieri, i carri e gli scudi in balia delle onde.
Usciti dal fonte battesimale, i nostri neofiti hanno fissato i loro
sguardi in quell'acqua purificatrice e vi hanno scorto, sommersi per sempre, i
loro peccati, nemici anche più temibili del Faraone e del suo
popolo.
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In cammino verso la terra promessa.
Allora Israele ha gioiosamente avanzato
verso la terra benedetta che Dio aveva destinato di dargli in
possesso. Durante la via udirà la voce del Signore che, egli stesso,
gli darà la sua legge; si disseterà con le acque pure e fresche che
sgorgheranno dalla roccia attraverso le sabbie del deserto; per
nutrirsi mangerà la manna che il cielo gli manderà ogni giorno.
Nello stesso modo i neofiti ora cammineranno
con passo spedito verso la patria celeste che è la loro terra
promessa. Il deserto di questo mondo, che dovranno attraversare,
sarà per loro senza noie e senza pericoli, poiché il divino
legislatore li istruirà sulla sua legge, non più al rombo del tuono, né alla luce dei
lampi, come fece per Israele, ma cuore a cuore e con una voce
dolce, compassionevole come quella da cui furono rapiti i due
discepoli di Emmaus. Le acque zampillanti non mancheranno neppure a
loro: qualche settimana fa noi abbiamo ascoltato il Maestro mentre,
parlando alla Samaritana, le prometteva di aprire una
sorgente viva per coloro che lo adorerebbero in spirito di verità.
Finalmente una celeste manna, ben superiore a quella data ad
Israele, poiché assicura l'immortalità a quelli che se ne nutrono, sarà il loro alimento delizioso e
fortificante.
È qui dunque, ancora una volta, la nostra
Pasqua, il Passaggio, attraverso l'acqua, alla Terra promessa; ma
con una realtà ed una verità che l'antico Israele, anche con le
sue grandi figure, non ha conosciuto. Festeggiamo dunque il nostro
passaggio dalla morte originale alla vita della grazia, per mezzo
del Santo Battesimo; e, se l'anniversario della nostra
rigenerazione non è oggi stesso, non tralasciamo per questo di celebrare la
felice migrazione che abbiamo fatto dall'Egitto del mondo alla Chiesa
Cattolica; ratifichiamo con gioia e riconoscenza la nostra rinuncia a
Satana, alle sue opere, alle sue pompe, in cambio della quale la bontà di
Dio ci ha concesso simili grazie.
Identità con Cristo per mezzo del Battesimo.
L'Apostolo dei Gentili ci rivela un altro
mistero dell'acqua battesimale, che completa questo e viene ad
unirsi ugualmente a quello della Pasqua. Egli c'insegna che noi
siamo scomparsi nell'acqua come Cristo nel sepolcro, essendo morti e
seppelliti con lui
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(Rom. 6, 4). Era la nostra vita di peccatori
che finiva; per vivere in Dio dovevamo morire al peccato. Contemplando
il Sacro Fonte, nel quale siamo stati rigenerati, pensiamo che
esso è la tomba dove abbiamo lasciato il vecchio uomo che non
dovrà più ritornare. Il Battesimo per immersione, che per lungo
tempo fu in uso nei nostri paesi, e che ancora si amministra in tanti
luoghi, era l'immagine sensibile di tale seppellimento; il neofita
spariva completamente sotto l'acqua, sembrando morto alla sua vita
anteriore, come Cristo a quella mortale. Ma, nello stesso modo che
il Redentore non è rimasto nella tomba e che è risuscitato a vita
nuova, così, secondo la dottrina dell'Apostolo (Col. 2, 12) i
battezzati risuscitano con lui nel momento in cui escono dall'acqua avendo
la caparra dell'immortalità e della gloria, essendo membra viventi e
reali di quel Capo che non ha più niente in comune con la morte. E
questa è ancora la Pasqua, ossia il Passaggio dalla morte alla
vita.
La Stazione.
A Roma la Stazione è nella Basilica di San
Lorenzo fuori le mura. È il principale dei numerosi santuari
che la città santa ha consacrato alla memoria del suo martire più illustre,
il corpo del quale riposa sotto l'Altare Maggiore.
I neofiti in questo giorno venivano condotti
presso la tomba di questo generoso atleta di Cristo per
attingervi uno schietto coraggio nella confessione della fede cd una
invincibile fedeltà al loro battesimo. Durante intieri secoli il
riceverlo fu come un impegnarsi al martirio: in tutti i tempi è un
arruolamento nella milizia di Cristo, che nessuno può disertare senza incorrere
nella pena dei traditori.
MESSA
EPISTOLA (Atti 3, 12-19). - In quei giorni:
Pietro incominciando a parlare disse: "Uomini Israeliti e voi tutti che
temete il Signore, ascoltatemi: Il Dio di Abramo, d'Isacco e di Giacobbe,
il Dio dei Padri nostri, ha glorificato il suo Figlio Gesù, che voi avete tradito e
rinnegato davanti a Pilato, mentre lui aveva deciso di liberarlo. Ma voi
rinnegaste il Santo e il Giusto e chiedeste che vi fosse graziato un
omicida, voi uccideste l'autore della vita, che Dio però ha risuscitato dai morti, del
che noi siamo testimoni. Ora io so o fratelli, che lo faceste per ignoranza,
come i vostri capi. Ma Dio ha così adempito quello che aveva predetto per bocca
di tutti i profeti: dover patire il suo Cristo. Pentitevi adunque
e
convertitevi, per cancellare i vostri peccati".
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Ancora oggi noi sentiamo la voce del
Principe degli Apostoli proclamare la Risurrezione dell'Uomo-Dio.
Quando pronunciò questo discorso era accompagnato da san
Giovanni ed aveva appena compiuto il suo primo miracolo presso una
delle porte del tempio di Gerusalemme: la guarigione di uno
storpio. Il popolo si era radunato intorno ai due discepoli ed era la
seconda volta che Pietro prendeva la parola in pubblico. Il
primo discorso aveva portato al Battesimo ben tremila uomini: con
questo ne conquistò cinquemila. L'Apostolo, nelle due presenti
occasioni, esercitò effettivamente la sua missione di pescatore
di uomini, che il Salvatore gli aveva assegnata fin dal principio,
quando lo vide per la prima volta.
Ammiriamo con quanta carità san Pietro
invita gli Ebrei a riconoscere in Gesù il Messia che essi attendevano;
quegli stessi Ebrei che l'avevano rinnegato. Come cerca di
rassicurarli per il perdono, riversando una parte della colpa di quel delitto sulla loro ignoranza! Essi hanno chiesto la morte di
Gesù, umiliato e debole: consentano almeno oggi, che è glorificato, a
riconoscerlo per quello che è; e il loro peccato sarà perdonato. In
una parola che essi si umilino e saranno salvi.
Dio così chiamava a lui gli uomini retti,
gli uomini di buona volontà; e continua a farlo anche ai nostri giorni.
Gerusalemme ne fornì un certo numero, ma la maggior parte
respinsero l'invito.
Avviene lo stesso al tempo nostro: preghiamo
e chiediamo continuamente che la pesca sia sempre più
abbondante ed il banchetto pasquale sempre più numeroso.
VANGELO (Gv. 21, 1-14). - In quel tempo:
Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul lago di Tiberiade, ed ecco
come. Erano insieme Simon Pietro e Tommaso, detto Didimo, e Natanaele di Cana
in Galilea, i figli di Zebedeo e due altri dei suoi discepoli. Disse loro
Simon Pietro: "Vado a pescare". E gli altri: "Veniamo anche noi con te".
E si mossero ed entrarono in barca, ma quella notte non presero nulla. Or
fattosi giorno Gesù si presentò sulla riva; ma i discepoli non lo riconobbero per
Gesù. E Gesù disse loro: "Figliuoli, avete niente da mangiare?" Gli risposero:
"No". Ed egli a loro: "Gettate le reti a destra delta barca e
troverete". Le gettarono c non potevano ritirarle per la gran quantità di pesci.
Disse allora a Pietro il discepolo da Gesù prediletto: "È il Signore!" E
Simon Pietro, sentito che era il Signore, si cinse la veste (era nudo) e si buttò in
mare. E gli altri discepoli, tirando la rete piena di pesci, vennero con la barca
(non eran lontani da terra che duecento cubiti circa). E quando furono a
terra videro dei carboni accesi sui quali era del pesce e del pane. Disse
loro Gesù: "Datemi dei pesci che avete presi". Simon Pietro montò sulla
barca e tirò a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché
fossero tanti la rete non si strappò. Disse loro Gesù: "Su via, mangiate". Ma
nessuno dei discepoli osava do-
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mandargli: "Chi sei?" sapendo ch'era il
Signore. E Gesù, avvicinatosi, prese il pane e lo dette loro e così fece
del pesce. In questo modo, per la terza volta Gesù si manifestò ai suoi discepoli,
risuscitato che fu da morte.
Il mistero della pesca miracolosa.
Gesù la sera del giorno di Pasqua era
apparso ai suoi discepoli, mentre stavano riuniti insieme; tornò a
mostrarsi otto giorni dopo, come diremo tra poco. Il Vangelo di oggi ci
racconta una terza apparizione, a sette soltanto dei suoi discepoli, che
ebbe luogo sulle sponde del lago di Genczaret, chiamato anche
il mare di Tiberiade per le sue vaste proporzioni.
Nulla di più commovente della gioia
rispettosa degli Apostoli alla vista del Maestro, che si degna di
servir loro quel pasto. Giovanni, per primo, ha sentito la presenza di Gesù:
non ce ne meravigliamo; la sua grande purezza illumina l'occhio
dell'animo. Sta scritto: "Beati i puri di cuore, perché vedranno
Dio" (Mt. 5, 8). Pietro si getta tra le onde per far più presto per
arrivare presso il suo Maestro; si riconosce subito l'Apostolo, impetuoso,
ma che ama più degli altri. Quanti misteri si incalzano in
questo ammirevole avvenimento!
I fedeli.
C'è prima di tutto la pesca: è la missione
di apostolato che svolge la Santa Chiesa. Pietro è il grande
pescatore ed è lui che deve decidere quando e come si devono gettare le reti. Gli
altri Apostoli si uniscono a lui; e Gesù è con tutti: segue
con l'occhio la pesca, la dirige, poiché il risultato ne è per lui.
I pesci sono i fedeli. Come abbiamo già rimarcato altrove, nel
linguaggio dei primi secoli il cristiano è spesso rappresentato da un pesce
che esce dall'acqua, dove ha attinto la vita. Abbiamo visto poco
fa quanto fu propizia agli Israeliti l'acqua del Mar Rosso. Nel
nostro Vangelo troviamo ancora una volta il "Passaggio":
passaggio dall'acqua del lago di Genezaret alla mensa del Re del Cielo. La
pesca fu abbondante; e qui v'è un mistero che non ci è ancora
dato di penetrare. Solamente nel giorno che segnerà la fine del mondo,
quando la pesca sarà completa, capiremo cosa simboleggiavano quei
centocinquantatré grossi pesci.
Questo misterioso numero significa, senza
dubbio, altrettante frazioni della razza umana, successivamente
convertite al Vangelo
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per mezzo dell'apostolato: ma non essendo
ancora giunti alla fine del tempo, il libro rimane suggellato.
Gesù Cristo.
Ritornati sulla riva, gli Apostoli si
riuniscono al Maestro; ma ecco che trovano il pasto preparato per
loro: un pane con un pesce arrostito sui carboni accesi. Qual è questo
pesce che essi non hanno pescato, che è sottoposto al calore del
fuoco e che dovrà servir loro di nutrimento all'uscire dall'acqua?
L'antica tradizione cristiana ci spiega
quest'altro simbolo: il Pesce è Cristo, che è stato provato dai
cocenti dolori della Passione, durante i quali l'amore, simile a fuoco, lo
ha divorato. Egli è divenuto il divino alimento di coloro che sono stati
purificati attraverso l'acqua. Abbiamo spiegato altrove perché i
primi Cristiani avessero tenuto quale segno di riconoscimento la
parola pesce scritta in greco: le lettere che la compongono, in quella
lingua, riproducono le iniziali dei nomi del Redentore.
Ma Gesù vuole unire nella stessa mensa se
medesimo, il Pesce divino, e gli altri pesci dell'umanità, che
la rete di san Pietro ha pescato dalle acque. Il banchetto pasquale
ha il potere di fondere in una medesima sostanza, per mezzo
dell'amore, il cibo e i convitati, l'Agnello di Dio e gli Agnelli fratelli
suoi; il Pesce divino e quegli altri pesci cui egli s'è unito in
una indissolubile fraternità.
Immolati con lui, lo seguono soprattutto
nella sofferenza e nella gloria. Testimonio ne è il grande diacono
Lorenzo, che oggi vede radunato attorno alla sua tomba il felice
stuolo dei fedeli. Imitando il suo Maestro fino sui carboni della
graticola infuocata, ora divide in una Pasqua eterna gli splendori
della sua vittoria e le gioie infinite della sua felicità.
La benedizione degli Agnus Dei.
A Roma il mercoledì di Pasqua è celebre per
la benedizione degli Agnus Dei. Questa cerimonia viene
compiuta dal Papa nel primo anno del suo pontificato e, dopo, ogni
sette.
Gli Agnus Dei sono dischi di cera sulla
quale è impressa da una parte l'immagine dell'Agnello di Dio e
dall'altra quella di qualche santo. L'uso di benedirli durante le feste
di Pasqua è antichissimo; si crede averne trovate le tracce nei
monumenti liturgici, fin dal V secolo; ma i primi documenti autentici
rimontano solamente al IX secolo. Il cerimoniale che si usa
adesso è del XVI secolo.
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Si ha avuto dunque torto di dire che tale
istituzione avvenne in memoria del battesimo dei neofiti,
all'epoca in cui si cessò di amministrare questo Sacramento in occasione della Pasqua.
Sembra anche dimostrato che i nuovi battezzati
ricevevano ciascuno un Agnus Dei dalle mani del Papa, nel Sabato di
Pasqua; d'onde si deve concludere che l'amministrazione
solenne del Battesimo e la benedizione degli Agnus Dei sono due riti
che sono coesistiti durante un certo tempo.
La cera che si adopera nella confezione
degli Agnus Dei è quella del cero pasquale dell'anno
precedente, alla quale se ne aggiunge molta altra; anticamente vi si mischiava
anche il Sacro Crisma. Nel Medio Evo l'incombenza di impastare
la cera e di stamparvi le sacre impronte era affidata ai suddiaconi
ed agli accoliti di palazzo; oggi appartiene ai religiosi dell'
ordine dei Cistercensi, che abitano a Roma nel monastero di San
Bernardo.
La cerimonia ha luogo nel palazzo
pontificio, in una sala, dove si è preparato un grande bacile riempito di
acqua benedetta. Il Papa si appressa e, per prima cosa, recita
questa preghiera:
"Signore Iddio, Padre Onnipotente, Creatore
degli elementi, conservatore del genere umano, autore della
grazia e della salute eterna, voi che avete ordinato alle acque che uscirono dal Paradiso di
bagnare tutta la terra; voi il cui unico Figlio ha camminato a pie'
fermo sulle acque e ricevuto il battesimo nel loro seno; ha poi sparso acqua
mista a sangue dal suo sacratissimo costato, ed ha comandato ai suoi discepoli
di battezzare tutte le nazioni: Voi siateci propizio e spargete la vostra
benedizione su noi che celebriamo tutte queste meraviglie, affinché siano
benedetti c santificati, per mezzo vostro, questi oggetti che noi immergeremo in queste
acque, e che l'onore e la venerazione che porteremo loro meritino a
noi, vostri servi tori, la remissione dei peccati, il perdono e la grazia,
finalmente la vita eterna con i vostri santi e i vostri eletti".
Il Pontefice, dopo queste parole, versa il
balsamo e il Sacro Crisma sull'acqua del bacino, domandando a
Dio di consacrarla per l'uso al quale essa deve servire. Poi,
girandosi verso i cesti nei quali sono accumulate le impronte di cera,
pronuncia questa preghiera:
"O Dio, autore di ogni santificazione, la
cui bontà ci accompagna sempre; Voi che quando Abramo, il padre della nostra
fede, si disponeva ad immolare il suo figliuolo Isacco per ubbidire al
vostro ordine, avete voluto che consumasse il sacrificio per mezzo dell'offerta di un
montone che un cespuglio aveva trattenuto; Voi che avete comandato,
per mezzo di Mosè vostro servitore, il sacrificio annuale degli agnelli
senza macchia, degnatevi, per la nostra preghiera, benedire queste forme di
cera che portano l'impronta del-
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l'innocentissimo Agnello, e santificarle
mediante invocazione del vostro santo nome; affinché, per mezzo del loro contatto
e della loro vista, i fedeli siano invitati alla preghiera, i temporali e
le tempeste allontanate, e gli spiriti maligni messi in fuga in virtù della Santa
Croce che vi è impressa, davanti alla quale si piega ogni ginocchio, ed ogni
lingua confessa che Gesù Cristo, avendo vinto la morte per mezzo del
patibolo della croce, regna nella gloria di Dio Padre. È lui che essendo stato
condotto alla morte come la pecora al macello, vi ha offerto, a Voi suo Padre,
il sacrificio del suo corpo, affinché egli potesse ricondurre la pecora
smarrita che era stata sedotta dalla frode del demonio, e riportarla sulle sue
spalle per riunirla al gregge della patria celeste. Dio onnipotente ed eterno,
istitutore delle cerimonie e dei sacrifici della Legge, che acconsentiste a
placare la vostra collera, nella quale era incorso l'uomo prevaricatore quando vi
offriva le ostie d'espiazione; Voi che avete gradito i sacrifici di Abele,
di Melchisedech, di Abramo, di Mosè e di Aronne; sacrifici che non erano
che delle figure, ma che, per vostra benedizione, erano resi santi e salutari per
quelli che ve li offrivano umilmente; degnatevi di fare che, nella medesima guisa
che l'innocente Agnello, Gesù Cristo vostro Figliuolo, immolato per
volontà vostra sull'altare della Croce, ha liberato il nostro primo padre dal
potere del demonio, così questi agnelli senza macchia che noi presentiamo
alla benedizione della vostra maestà divina ricevano una virtù benefica.
Degnatevi di benedirli, di santificarli, di consecrarli, di dar loro la virtù di
proteggere quelli che li porteranno devotamente su di loro contro la malizia del
demonio, contro le tempeste, la corruzione dell'aria, le malattie, i
pericoli del fuoco, e le insidie dei nemici e fare che essi siano efficaci per
proteggere la madre ed il suo frutto nei pericoli del parto.
Per Gesù Cristo vostro Figliuolo, Signor nostro".
Dopo queste preghiere, il Papa, cingendosi
di un telo, si siede presso il bacino. I suoi assistenti gli
portano gli Agnus Dei; egli li immerge nell'acqua, raffigurando così il
battesimo dei nostri neofiti. Alcuni prelati ve li ritirano poi e li
depongono su tavoli coperti di teli bianchi. Allora il Pontefice si alza
e pronuncia quest'altra preghiera:
"Spirito Divino, che fecondate le acque e
le fate servire ai vostri più grandi misteri, voi che loro togliete
l'amarezza e le rendete dolci e che, santificandole, col vostro soffio, vi
servite di esse per cancellare tutti i peccati per mezzo dell'invocazione della Santa
Trinità; degnatevi benedire, santificare e consacrare questi Agnelli che sono stati
gettati nell'acqua santa, e imbevuti del balsamo e del Sacro Crisma; che
essi ricevano da voi la virtù contro gli sforzi della malizia del diavolo;
che tutti quelli che li porteranno su di loro restino al sicuro; che non
abbiano a temere alcun pericolo; che la cattiveria degli
uomini non sia a loro
nociva; e degnate essere la loro forza e la loro consolazione.
Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio Vivente,
che siete l'Agnello innocente, sacerdote e vittima; Voi che i Profeti hanno
chiamato la Vigna e la Pietra angolare, voi che ci avete riscattati nel
vostro Sangue e che di questo sangue avete marcato i nostri cuori e le nostre
fronti, affinché il nemico, passando vicino alle nostre case, non ci colga col
suo furore; Voi che siete l'Agnello senza macchia, la cui immolazione è
continua; l'Agnello Pasquale divenuto,
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sotto le specie del Sacramento, il rimedio
e la salvezza delle nostre anime; che ci conducete attraverso il male del
secolo presente alla risurrezione e alla gloria dell'eternità; degnatevi
benedire, santificare e consacrare questi agnelli senza macchia, che in vostro onore
noi abbiamo formato di cera vergine e imbevuti dell'acqua santa, del balsamo e
del sacro Crisma, onorando in essi la vostra divina concezione che fu
l'effetto della Virtù divina. Difendete quelli che li porteranno su di loro dalle
fiamme, dalla folgore, dalla tempesta, da ogni avversità; liberate, per mezzo loro
le madri che sono nei dolori del parto, come voi avete assistito la
vostra, quando vi dette alla luce; e nella stessa guisa che avete salvato Susanna dalla
falsa accusa, la beata Vergine e Martire Tecla dal rogo e Pietro dai ceppi
della prigionia, degnatevi di liberarci dai pericoli di questo mondo e fate che noi
meritiamo di vivere con voi eternamente".
Gli Agnus Dei sono poi raccolti con rispetto
per la distribuzione solenne che dovrà farsene il sabato
seguente. È facile scorgere il legame che c'è tra questa cerimonia e la
Pasqua: l'Agnello Pasquale vi è continuamente ricordato; allo stesso
tempo l'immersione degli agnelli di cera offre una allusione
evidente con l'amministrazione del Battesimo, che formò, durante tanti
secoli, l'interesse della Chiesa e dei fedeli in questa ottava
solenne. Le preghiere che abbiamo dato più sopra, abbreviandole un
poco, non sono molto antiche; ma i riti che le accompagnano
mostrano sufficientemente l'allusione al Battesimo, anche se non vi
si trova espressa direttamente.
Gli Angus Dei, per il loro significato, per
la benedizione del Sommo Pontefice e la natura dei riti
impiegati nella loro consacrazione, sono uno degli oggetti più venerati dalla
pietà cattolica. Da Roma vengono distribuiti in tutto il mondo;
e, molto spesso, la fede di coloro che li conservano con rispetto,
è stata ricompensata con dei prodigi.
Sotto il Pontificato di san Pio V, il Tevere
straripò in una maniera spaventosa, minacciando di inondare
parecchi quartieri della città un Agnus Dei fu gettato nelle acque
che si ritirarono subito.
Tutta la città fu testimone di questo
miracolo; esso, più tardi, venne discusso durante il processo di
beatificazione di questo grande Papa.