Missale Romanum
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VENERDÌ DOPO LE
CENERI
Colletta a Santa Lucia "in Septizonio".
Stazione ai Santi Giovanni e Paolo.
Santa Lucia in Septizonio è una vetusta diaconia distrutta sotto
Sisto V, e sorgeva all'angolo meridionale del Palatino, presso il Septizonium di Settimio Severo. Il libro
Pontificale la ricorda nelle biografie di Leone III e di Gregorio IV che vi
fecero delle offerte; sappiamo che era assai vasta ed ornata.
La messa stazionale poi è sul
Celio nella basilica di Bizante, eretta da questo
senatore e da suo figlio Pammachio entro la casa
dei Santi Giovanni e Paolo. I due martiri vi avevano incontrato la morte per
la fede, e vi erano stati nascostamente sepolti in un sotterraneo. Così
avvenne che, soli tra tutti i Martiri romani - tumulati regolarmente nei
cimiteri estramurali, come imponeva la legge, -
Giovanni e Paolo riposassero nel cuore stesso della Città Eterna, privilegio
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ticolare che fa ben rilevare il Sacramentario Leoniano nel prefazio
festivo dei due Santi.
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L'introito deriva dal salmo 29:
"Il Signore ascoltò il mio grido ed ebbe compassione di me; Iahvé è venuto in mio aiuto".
La colletta supplica il Signore
che favorisca colla sua grazia l'iniziato digiuno, onde l'astinenza dai cibi
vada altresì congiunta colla purificazione dello spirito.
La lezione di Isaia (LVIII,
1-9) insiste nel mostrare l'inutilità delle cerimonie esteriori, ove queste
non siano accompagnate da un vivo desiderio di piacere a Dio, e dallo spirito
intimo di verace penitenza, che ci allontana dalla colpa, e ci fa ritornare
al Signore. Senza di che i digiuni, il vestir di cilicio, l'andar col capo
chino e col collo torto, come appunto rimprovera Isaia agli Ebrei, sono di
sterile efficacia.
Il responsorio graduale
appartiene al salmo 26: "Una sola cosa chiesi a Iahvé,
e questa bramo: di restare nella casa di Iahvé e di
ripararmi nel suo santo tempio". Il Salmista soffre violenza da parte di
avversari, probabilmente della casta sacerdotale che vorrebbero espellerlo,
siccome indegno, dal servizio del Santuario; come appunto Gesù, che fu
dichiarato blasfemo e reo di morte dai pontefici stessi e dal sinedrio. Il
Salmista in figura di Cristo prega, e Dio l'esaudisce conferendogli un
sacerdozio sempiterno.
La lezione evangelica (Matth. V, 43-48; VI, 1-4) descrive quest'oggi le leggi
supreme dell'amore verso il prossimo e della beneficenza cristiana. Ripagare
il garbo degli altri con egual gentilezza, è buona regola di creanza alla
quale può arrivare anche il pagano; ma per perdonare le ingiurie, per
beneficare chi è impotente a mostrarcisi grato, per sottrarci il necessario e
darlo agli altri senza che nessuno venga a conoscere la nostra beneficenza, è
necessario l'esempio, il comando, la grazia di Gesù Cristo.
Forse, la scelta di questa
pericope di san Matteo, è stata ispirata dai ricordi stessi dell'ambiente nel
quale svolgevasi oggi solenne il sacro rito, Pammachio dedica le sue sostanze ai poveri, e dopo aver
convertito la casa in titolo, fonda a Porto uno dei più antichi ospizi pei
pellegrini e pei malati. I Valerii cristiani lo imitano, e là dove altra
volta sorgevano gli aurei palazzi di Melania, di Piniano,
dei Gordiani, dei Martiri Giovanni e Paolo, sorge nel IV secolo lo Xe-
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nodochium Valerii, che fu unito in seguito a un celebre monastero dedicato a
sant'Erasmo.
L'offertorio deriva dal salmo
118: "Signore, giusta la tua parola, ritornami a nuova vita, affinché io
apprenda le tue verità".
Nella colletta supplichiamo il
Signore, affinché il sacrificio che accompagna il digiuno quaresimale renda
accetti i nostri cuori, e ci impetri la grazia di una santa alacrità di
spirito nell'osservanza della sacra astinenza.
Ecco il verso della Comunione
derivato dal salmo 2, e che ci dimostra come la stazione di ieri non sia
originaria: "Servite il Signore nel timore e tremebondi rendetegli
gloria. Apprendete la disciplina, per non allontanarvi dal retto
sentiero".
La colletta eucaristica
s'ispira a san Paolo. Come il pane è il frutto di tanti chicchi di grano,
che, macinati, impastati, formano un'unica massa, così il cibo eucaristico
simboleggia e produce l'unità della Chiesa, in un identico ideale di fede e
d'amore.
La preghiera sul popolo prima
di dimetterlo, è la seguente: "Proteggi, o Signore, il tuo popolo, e lo
purifica da ogni macchia; perché allora nessuna avversità potrà nuocergli,
quando non sarà più dominato da alcuna passione".
Iddio non ci vuole
semplicemente buoni, ma perfetti; anzi, perfetti giusta l'esemplare
dell'infinita santità divina. Per questo egli ce ne ha procurati largamente
tutti i mezzi, volendo che la redenzione fosse, non semplicemente
sufficiente, ma copiosa ed abbondante; a tal uopo Egli ha sparso tutto il suo
sangue prezioso.
Quale pernicioso errore è
quindi quello di molti, i quali ritengono che alla perfezione sono chiamati,
al più, i religiosi e gli ecclesiastici. Ad un Dio che ci ha amato
infinitamente, sino ad annientare se stesso, giusta l'energica frase di san
Paolo, quale nera ingratitudine, rispondere: io t'amerò sin qui, senza
offenderti gravemente, ma non di più!
da Card. A. I. Schuster O. S. B.,
Liber Sacramentorum.
Note storiche e liturgiche sul Messale Romano - III. Il Testamento
Nuovo nel Sangue del Redentore (La Sacra Liturgia dalla Settuagesima a
Pasqua), Torino-Roma, 1933, pp. 49-51.