Missale Romanum
64
FERIA
IV DEI IV TEMPI DI QUARESIMA
Colletta
a San Pietro in Vincoli.
Stazione
a Santa Maria Maggiore.
Veramente il parlare di IV Tempi in
quaresima, sembra cosa del tutto superflua, perché i tre giorni di questa
settimana consacrati al digiuno IV Temporum rientrano semplicemente
nella serie della sacra quarantena e non se ne distinguono punto. Infatti, le
antiche fonti romane ci parlano del digiuno del IV, VII e X mese, ed il
Pontificale narra di papa Callisto: Hic constituit ieiunium die sabbati
ter in anno fieri [1] senza
dir nulla dei tre digiuni delle Tempora di Marzo.
65
La quaresima era un digiuno a parte e non
rientrava punto nel ciclo III Temporum, a meno che la prima settimana
di questi Quattro Tempi non si fosse fatta coincidere colla quinquagesima, o
che l'attuale fissazione del digiuno nella sesta settimana prima di Pasqua
non dati da un tempo quando il digiuno pasquale cominciava solo tre settimane
prima della grande solennità. In conclusione, o il digiuno di queste Tempora
in quaresima è un'appiccicatura priva di speciale significato, o bisogna
trovar loro un posto fuori del digiuno pasquale.
Anche le ordinazioni mense martio non
sono primitive; la prima volta che se ne discorre è in una lettera di papa
Gelasio I ai vescovi della Lucania [2],
mentre ai tempi di Leone I erano permesse il primo giorno di Pasqua [3].
Comunque sia, a Roma è di rito che nella
feria IV precedente la sacra cerimonia, gli scrutini dei candidati al
sacerdozio si compiano nella basilica Liberiana, ove si tiene perciò la
stazione, quasi a porli sotto il patrocinio di colei che Proclo di
Costantinopoli salutò: O templum, in qua Deus sacerdos factus est.
La basilica Liberiana sulla cima
dell'Esquilino, in origine venne adattata da papa Liberio dentro un'aula classica,
che toglieva il nome da Sicinino; onde Ammiano Marcellino la chiama
senz'altro: basilica Sicinini. A tempo di Damaso, essa fu occupata
dagli scismatici del partito d'Ursicino. Sisto III la fece restaurare e
decorare di mosaici rappresentanti la vita della Vergine; e forse data anche
dal suo tempo l'erezione dell'oratorio del Presepe, minuscola riproduzione
romana del santuario della natività di Betlehem. Sotto l'altare maggiore è il
corpo di san Mattia e quello di sant'Epafra, discepolo di san Paolo a
Colossi.
_____________
L'introito è oltremodo mesto, ma pieno di
fiducia, e l'arte del compositore gregoriano ha saputo trasfondere
stupendamente questo stato d'animo nella melodia dell'antifonario. Il testo è
derivato dal salmo 24: "Ricordati delle tue misericordie, o Signore, e
dell'eterna tua compassione. Deh! che non prevalgano mai i nostri nemici. O
Dio d'Israel, ci libera da ogni angustia".
Dopo la prece litanica, il diacono invita
l'assemblea a prostrarsi a terra: - flectamus genua -; indi, dopo una
breve preghiera che ognuno fa per suo conto, il medesimo levita avverte di
levarsi, - levate - perché il sacerdote possa riassumere nella
colletta - ecco il vero significato di questa parola - i voti di ciascuno
per presen-
66
tarli a Dio. Ecco il testo della colletta
d'oggi: "Accogli pietosamente, o Signore, le nostre preci, e distendi la
tua potente destra contro tutti i nostri avversari".
Il digiuno della sacra quarantena e la
catechesi agli aspiranti al battesimo rievocano il ricordo dell'Oreb (Ex. XXIV,
12-18), quando cioè Mosè si trattenne quaranta giorni in digiuni e colloqui
con Iahvè sulle vette granitiche del Sinai, affine di ricevere da lui le
tavole della Legge.
Solitudine, preghiera, digiuno, nubi,
fuoco, lampi dovevano purificare colla penitenza e l'umiltà l'animo del
grande duce degli Israeliti, ed incutere in questi un gran timore di Dio ed
un altissimo concetto della trascendenza e santità di Iahvè. Eppure, sul
Sinai fu solo un angelo che sostenne l'ufficio di nunzio di Dio. Quale santità
non richiederà dunque da noi il ministero del sacro altare, dove non già
l'ombra, ma si contiene la realtà stessa dei misteri prefigurati nell'Antica
Legge?
Il responsorio graduale è tratto dal salmo
24, come l'introito: "Sono accresciute le ambascie del mio cuore;
toglimi, o Signore, dalle mie pene. Riguarda la mia pochezza e i miei stenti,
e mi perdona le mie colpe".
Segue la seconda colletta, che però fa
un'unica cosa colla lezione precedente e col graduale, di cui è come la
conclusione: "Riguarda benigno, o Dio, la pietà del tuo popolo; onde
l'anima rinvigorisca, arrecando copioso frutto di buone opere, mentre il
corpo dimagrisce per il digiuno".
Nell'inno notturno di quaresima noi
cantiamo a proposito del sacro digiuno:
Lex et Prophetae primitus
Hoc praetulerunt ...
Dopo Mosè, la Legge, viene Elia, il Profeta
per eccellenza. - Elia, in un momento d'ineffabile angoscia, sente tutto lo
sconforto dell'isolamento e delle persecuzioni di Iezabel; ma, rinvigorito
dal pane subcinericius del digiuno e dalla grazia, sostiene la fatica
d'un'intera quarantena, che trascorre sul sacro monte donde prima fu
promulgata la legge (III Reg. XIX, 3-8). Questo cibo portentoso che
rinfrancò il Profeta, prefigurava il pane Eucaristico, vero azzimo di
mortificazione, che fa germinare, come dice la Scrittura, dei pensieri
verginali e solleva l'anima sulla vetta del Calvario.
Il tratto è tolto dal medesimo salmo 24,
come di regola nelle messe più antiche, in cui un identico salmo fornisce
tutti i canti, sia antifonici, che responsoriali.
67
È da notarsi che oggi il tratto,
separato dal responsorio graduale, è veramente a suo posto, dopo, cioè, la
seconda lezione: "Liberami, o Iahvè, dalle mie angoscie; vedi la mia
miseria e i miei travagli, e perdona tutte le mie colpe. Iahvè, a te sollevo
l'animo mio; Dio mio, in te m'affido, deh! che io non sia disonorato e che
non esultino sopra di me i miei nemici. Non saranno confusi, no, quelli che
sperano in te; saranno invece svergognati tutti quei che indarno si
ribellano".
Oggi che la stazione è nella principale
basilica mariana di Roma, il santo Vangelo (Matth. XII, 38-50) con
un'allusione assai delicata e molto profonda alla Madonna, fa rilevare la sua
santità e l'unione intima che congiunge il cuore della Madre a quello del suo
divin Figlio. Questi era intento ad ammaestrare le turbe, quando l'avvertono
che fuori c'era la Madre e i cugini che lo cercavano. Gesù approfitta della
circostanza, per insinuare che le virtù interiori e l'assoluta soggezione al
beneplacito divino, ci uniscono a Dio assai meglio, che non i semplici legami
d'una parentela carnale.
L'offertorio è tratto dal salmo 118:
"Mediterò i tuoi comandamenti, dei quali sommamente mi diletto. Porrò
mano ad eseguire i tuoi precetti, nei quali ritrovo tanto conforto".
La secreta sull'oblazione è la medesima che
nella V domenica dopo l'epifania.
L'antifona per la Comunione è derivata dal
50 salmo: "Intendi al mio grido; rivolgiti alla voce del mio dolore, mio
re e mio Dio; perché io a te supplico, o Iahvè".
Ecco la bella colletta eucaristica:
"La partecipazione del tuo Sacramento, o Signore, valga a purificarci
dalle più intime colpe e a liberarci dalle ostili insidie".
La colletta sul popolo torna ad insistere
sulla necessità del lume divino per scoprire tutta la malizia che si cela
nelle latebre della nostra coscienza: "Il raggio del tuo splendore
illumini le nostre menti, onde possiamo conoscere ciò che è a farsi, ed
abbiamo vigore d'eseguire quanto è retto".
È proprio d'ogni età frivola ed incredula,
com'è la nostra, di manifestare una certa qual curiosità d'esperienza
religiosa, come la chiamano; la quale però, a cagione delle cattive
disposizioni d'animo, se 'pur rammollisce il cuore, non giunge però mai a ricondurlo
sinceramente a Dio. Simili generazioni incredule che, al pari d'Erode
68
nella passione di Gesù, cercano il
supersensibile, l'emozionante - oggi è tornato di moda lo spiritismo, il
teosofismo ecc. -, il miracolo, quasi a sfogo del loro morboso prurito di
curiosità religiosa, la sbagliano interamente. Iddio si cela ai curiosi e
alle indagini superbe dello scienziato, che pretende di voler scrutare le
orme divine sul terreno della creazione, nascondendo la sua gloria sotto il
velo dell'umiltà, dell'annientamento della Croce, del sepolcro. Ecco il segno
prefigurato dal profeta Giona, che solo viene accordato, come attesta oggi il
santo Vangelo, ad una generazione sorridente di scetticismo e d'incredulità.
__________________________
[1] Ed. DUCHESNE, I, 141.
[2] Patr. Lat., MIGNE, LIX, col.
47.
[3] Ep.
ad Diosc., Patr. Lat., LIV, col. 626.
da A. I. SCHUSTER, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale
Romano - III. Il Testamento Nuovo nel Sangue del Redentore (La Sacra
Liturgia dalla Settuagesima a Pasqua), Torino-Roma, Marietti, 1933, pp.
64-68.