Missale Romanum
212
VENERDÌ
SANTO
Colletta
in Laterano.
Stazione
a Santa Croce in Gerusalemme.
Gesù aveva detto: non capit prophetam
perire extra Hierusalem [1];
perciò la stazione oggi si celebra nella basilica detta Sancta Hierusalem,
ove altra volta il Papa si recava a piedi scalzi, movendo in processione dal
Laterano. Durante il cammino egli agitava un turibolo fumigante di aromi
preziosi innanzi al legno della santa Croce sostenuto da un diacono, mentre
il coro cantava il salmo 118: Beati immaculati in via. In segno di
profonda mestizia, originariamente questo giorno era aliturgico, come in
genere in Roma tutti i venerdì e sabati dell'anno; cosicché quando, verso il
VI secolo, venne rimesso alquanto il rigore dell'antica disciplina e furono
istituite le stazioni dei venerdì quaresimali, i Papi per più secoli
mantennero inviolato il primitivo uso romano che voleva esclusa in questo
giorno perfino la messa dei Presantificati. L'attuale rito quindi, non
risale che al medio evo e rappresenta appunto quello adoperato nelle chiese
titolari di Roma dove non interveniva il Pontefice.
213
L'adorazione del legno della santa Croce il
venerdì santo deriva, siccome già dicemmo, dalla liturgia gerosolimitana,
dove era già in uso verso la fine del IV secolo. Anzi, per molto tempo, anche
in Occidente quest' adorazione costituì quasi la cerimonia più importante e
caratteristica, il punto centrale verso cui convergeva tutta la liturgia
della santa Parasceve. Ecce lignum Crucis [2]:
è questo l'inizio della parusia del divin Giudice, e all'apparizione
del vessillo trionfale della redenzione, mentre la Chiesa si prostra in atto
di grata adorazione, le potenze infernali inorridite fuggono giù nell'abisso.
Nel medio evo a Roma il reliquiario papale
della santa Croce veniva cosparso di aromi, ad indicare cosi la soavità della
grazia che traspira dal Legno trionfale, come anche l'unzione interiore e la
dolcezza spirituale che il Signore infonde nel cuore di coloro che portano la
croce per amor suo.
Giusta gli Ordini Romani del secolo VIII,
la cerimonia quest'oggi si svolgeva parte nella basilica Sessoriana, parte in
Laterano. Verso le due pomeridiane, il Papa e il clero palatino movevano in
processione a piedi scalzi dal patriarchio alla basilica stazionale, dove
aveva luogo prima l'adorazione della santa Croce, quindi la lettura della Passione
secondo san Giovanni e la grande preghiera litanica per i vari ordini
ecclesiastici e per i bisogni della Chiesa. Indi si ritornava in Laterano
cantando lungo la via il salmo Beati immaculati in via. In questo
giorno di lutto né il Papa né i diaconi si comunicavano: il popolo però era
libero di ricevere la santa Comunione sia in Laterano, dove celebrava uno dei
vescovi suburbicari, sia negli altri titoli della città.
Verso il secolo IX il rito fu alquanto
modificato. L'adorazione della Croce venne differita sin dopo la preghiera
litanica, cui seguiva il Pater noster colla Comunione degli astanti.
La processione delle sacre Specie non aveva ancor luogo, e la funzione
terminava colla benedizione del Papa: In nomine Patris, et Filii et
Spiritus Sancti. Rispondeva l'assemblea: Et cum spiritu tuo. Ognuno
quindi recitava privatamente i salmi dell'ufficio vespertino, dopo di che si
andava a mensa.
Nel secolo XII nella basilica Lateranense
compieva ancora i divini uffici della Parasceve uno dei sette vescovi suburbicari
di turno; il Papa però non interveniva, giacché continuava a recarsi nella
basilica Sessoriana. Dal patriarchio si portavano in processione così il
legno della santa Croce che le sacre Specie Eucaristiche per la
214
messa dei Presantificati; ma non sembra che
il popolo allora usasse più di comunicarsi, come ai primi secoli del medio
evo.
Ai tempi d'Onorio III, il Papa, in sullo
spuntar dell'aurora, soleva cantare l'intero salterio insieme coi suoi
cappellani. Verso mezzodì egli si recava coi cardinali nell'oratorio di San
Lorenzo, ed aperta l'inferriata sotto l'altare di Leone III, ne estraeva i
due reliquiari col legno della santa Croce e i capi degli apostoli Pietro e
Paolo, che, giusta una tarda tradizione la quale non risaliva oltre il mille,
si volevano conservati in quel luogo. I cardinali s'appressavano a baciare le
sacre reliquie, quindi il corteo si disponeva in ordine di processione per
andare alla basilica Sessoriana. Prima di dar principio alla messa, il
Pontefice si ritirava nell'attiguo monastero a lavarsi i piedi e a riprendere
i suoi sandali ordinari; terminato poi l'ufficio, la processione ritornava in
Laterano, dove però non seguiva il solito banchetto nel triclinio, giacché in
questo giorno di lutto e di penitenza, ai ministri del palazzo non si
somministrava che solo pane ed erba, escluso perfino il vino.
Questo cerimoniale durò in Roma sino quasi
al secolo XV, quando cioè i rituali cominciarono a prescrivere che il Papa
nella sua camera da letto recitasse dapprima il salterio insieme coi
cappellani, indi si dovesse affacciare ad un balcone per concedere al popolo
l'indulgenza. Ad ora poi determinata, il Pontefice si recava in coro per
recitare l'Ufficio, e dopo mezzo giorno, prima cioè di dar principio alla
processione stazionale a Santa Croce, ricompariva nuovamente sul balcone,
ammantato questa volta di pluviale rosso e colla mitra in capo, per concedere
alle turbe di popolo che si accalcavano sulla piazza, nuovamente
l'indulgenza.
Terminata questa cerimonia, deponeva i
sandali e insieme coi cardinali movevano tutti in processione a piedi nudi
alla basilica Sessoriana.
Seguiva la messa dei Presantificati coi
riti già descritti; solo che, durante il periodo avignonese, invalse l'uso
che le sacre Specie venissero recate sull'altare, non già da uno dei
cardinali che precedeva il Papa quando dal secretarium faceva il suo
ingresso nel tempio, ma dal Pontefice stesso, e precisamente dopo compiuta
l'adorazione della Croce. È appunto questo il rito descritto nell'odierno
Messale Romano.
Con tutto questo complicarsi di cortei e di
cerimonie durante il medio evo, non è difficile tuttavia di rilevare che
l'attuale messa dei Presantificati, quale ci hanno trasmesso gli Ordini
Romani del secolo XVI e quale noi ancora celebriamo, consta di tre parti
distinte,
215
che si sovrappongono come tre successive
stratificazioni: la così detta messa dei Catecumeni, l'adorazione della santa
Croce e la sacra Comunione.
La messa dei Catecumeni conserva quasi
intatto il tipo delle antiche sinassi aliturgiche, e della così detta messa
dei Catecumeni. Non v'è introito né Kyrie, ma solo si leggono tre
lezioni scritturarie, due cioè dell'Antico Testamento, una del Vangelo. Alle
prime due, segue il canto responsoriale d'un salmo terminato da una colletta
del preside; dopo la terza lezione, la Passione secondo san Giovanni, segue
la grande preghiera litanica per i diversi bisogni della Chiesa (Oremus,
dilectissimi nobis, etc.), che originariamente segnava appunto il termine
dell'Ufficio domenicale vigiliare e serviva quasi d'introduzione alla
liturgia eucaristica. Anche oggi alla messa, dopo il Vangelo, il sacerdote
saluta il popolo (Dominus vobiscum) e lo invita alla preghiera
collettiva (Oremus); però essendo andata in disuso l'antica litania,
almeno siccome rito ordinario della messa, di fatto né il sacerdote, né il
popolo a questo momento dell'azione eucaristica pregano più, ed unicamente il
coro dei cantori eseguisce le melodie dell'offertorio. Il solo venerdì santo
conserva ancora intatto il rito primitivo romano; in modo che l'antichissima
preghiera litanica dopo il Vangelo, attestataci fin dal II secolo da
Giustino, non si può dire punto che sia stata interamente sbandita dalla
liturgia della Sede Apostolica, essendo rimasta a suo luogo almeno in questo
giorno solenne della Parasceve pasquale.
Dopo la litania di cui abbiamo detto, nelle
messe ordinarie seguiva regolarmente il canone eucaristico e la Comunione.
Siccome tuttavia oggi non ha luogo alcuna consacrazione, perciò nel secolo IX
il Papa saltava a pié pari il canone e passava subito al canto del Pater che
precedeva immediatamente la Comunione. Era questo il modo più regolare. Però
qualche secolo dopo troviamo invece che l'adorazione della Croce, la quale da
principio aveva luogo prima della messa, era venuta, non si sa come, ad
incastrarsi arbitrariamente tra la litania e la Comunione; onde il ritmo
primitivo della cerimonia essendone rimasto alquanto turbato, ne seguì una
complicazione di riti. Taluni Papi ritornando all'altare dopo la adorazione
della santa Croce, ritennero che allora propriamente cominciasse la messa, e
vollero si recitasse, giusta il consueto delle altre messe, il salmo 42 colla
confessione. Posteriormente, dopo che i Pontefici avignonesi ebbero
introdotto per loro particolare devozione la processione delle sante Specie,
un po' per volta seguirono anche l'incensazione delle Oblate e dell'altare,
la lavanda delle mani, le preghiere secrete e l'elevazione. Nel secolo XV
quest'ultima cerimonia si compieva allor-
216
quando il Papa recitava il Pater,
alle parole cioè sicut in coelo ... ; in seguito tuttavia l'ostensione
della santa Ostia venne differita sin dopo l'orazione domenicale ed
immediatamente prima della sua frazione, precisamente come si faceva da
principio.
_____________
La sinassi del venerdì santo non ha
introito, come in antico, prima cioè che papa Celestino istituisse i canti
antifonici alla messa. Perciò, dopo una prima preghiera privata che i sacri
ministri recitano ciascuno per suo conto e prostrati nella polvere innanzi
all'altare, il lettore ascende all'ambone e dà subito principio al canto d'un
brano d'Osea (VI, 1-6). Il Signore, dice il Profeta, a tutti i riti e
purificazioni legali dell'Antico Testamento, preferisce il culto del cuore,
che consiste essenzialmente nella intelligenza delle verità divine per mezzo
della santa fede, e nell'adempimento dei suoi sacri voleri. Ad inaugurare il
Nuovo Patto d'amore, egli distruggerà l'Antico; ma Israele non ha motivo di
temere: flagellata e castigata per due giorni dalla giustizia santa di Dio in
pena dei suoi delitti, ella risorgerà a vita nuova il terzo giorno e servirà
a Iahvé nella chiesa dei redenti.
Segue il responsorio tratto dal Cantico di
Habacuc. Dio mai apparisce più santo, tremendo e glorioso, come sul Calvario.
È là che l'augusta Triade accoglie l'olocausto perfetto che Gesù le offre a
nome dell'umanità. È là che viene infranta la potenza del diavolo.
"Ho inteso, o Signore, quanto m'hai
fatto comprendere e ne sono rimasto intimorito; ho meditato sulle tue opere e
m'hanno riempito di terrore. V). Tu ti rivelerai tra due animali, a tempo suo
sarai riconosciuto, e quando sarà giunto il momento, ti manifesterai. V).
AIlorché il mio spirito sarà turbato, allora anche nel tuo sdegno non ti
dimenticherai d'essere misericordioso. V). Il Signore arriverà dal Libano, e
il Santo verrà dal monte ombroso e ricoperto di arbusti. V). La sua gloria
ricopre tutto il cielo, e la terra risuona della sua lode".
La preghiera sacerdotale pone termine alla
salmodia responsoriale. Il diacono, come di consueto, premette l'invito:
"Pieghiamo il ginocchio".
E dopo una breve orazione privata, il
suddiacono soggiunge:
"Sorgete".
Il presidente dell'assemblea prende la
parola a nome di tutti e dice: "O Signore, che a Giuda desti il castigo
del suo delitto, e al ladro il premio della sua confessione, ci concedi la
grazia di speri-
217
mentare gli effetti della tua misericordia;
affinché, come nella sua passione nostro Signor Gesù Cristo diede a ciascuno
la meritata ricompensa, così, tolto via l'antico errore, Egli accordi anche a
noi la grazia di partecipare della sua resurrezione".
Segue la lezione del libro dell'Esodo (XII,
1-11): L'agnello pasquale disteso in forma di croce sopra due bastoni ed
arrostito, simboleggiava Gesù Crocifisso. Esso, più che mangiato, veniva
divorato in fretta, colla tunica succinta e col bastone in mano, in atto di
partire. Il che significa che il cielo è assai elevato dalla terra, la vita è
breve e non c'è troppo tempo d'arrestarsi durante il cammino verso
l'eternità. Condivano l'agnello delle lattughe amare e il pane senza lievito,
a indicare che nella divina Eucaristia noi commemoriamo la morte di Gesù, e
che la penitenza e la mortificazione dello spirito sono tra le migliori
disposizioni per ben comunicarsi.
Dopo la lezione, si canta il salmo (tractus)
139, nel quale si descrivono i sentimenti di Gesù in croce. Tutta
1'umanità ha congiurato contro Gesù, giacché peccando, tutti gridammo: Reus
est mortis. Egli si sente solo innanzi ad un odio ed un'ira universale;
onde si volge al Padre, perché lo soccorra. La sua preghiera è umile, ma la
informa un senso di incrollabile speranza, in modo che, spirando Gesù sulla
Croce, Egli già intona il cantico della sua resurrezione:
"Salvami, o Iahvé, dall'empio, dal
violento tu mi proteggi. V). I quali in cuor loro tramano sventure, ogni
giorno fomentano battaglie. V). Acuta hanno la lingua come serpi,
veleno d'aspide è sul loro labbro. V). Guardami tu, Iahvé, dalle mani
dell'empio, dal violento tu mi proteggi. V). I quali tramano a rovesciare i
miei piedi; i superbi di nascosto m'hanno teso un laccio. V). Con un calappio
hanno teso un laccio sui miei passi; lungo la strada m'hanno preparato degli
ostacoli. V). Dico a Iahvé; mio Dio tu sei; ascolta, o Signore, il grido
della mia preghiera. V). Iahvé, Signore e forza di mia salvezza, ripara tu
all'ombra il mio capo nel giorno del combattimento. V). Non far paghe su di
me le voglie dell'empio; tramarono contro di me; non mi abbandonare, perché
non trionfino. V). Non esaltino il capo intorno a me; li avvolga la
sciagura che m'hanno augurato col loro labbro. V). I giusti, invece,
celebreranno il tuo nome, e i retti risiederanno a te d'innanzi".
Con quanta riverenza e commozione non
dobbiamo noi recitare questa preghiera di Gesù moribondo, adattandoci ai suoi
sentimenti, in modo che il salmo non sia semplicemente la prece storica del
divin Crocifisso, ma l'elevazione a Dio di ciascun'anima cristiana, la quale
rivive in sé tutti i misteri della nostra redenzione!
218
Per terza lezione segue la Passione del
Signore giusta il Vangelo di san Giovanni (XVIII, 1-40 XIX, 1-42), il quale,
a preferenza degli altri evangelisti, pone in rilievo l'insegnamento di Gesù
nei suoi colloqui col preside romano. Giusta il vaticinio del Salmista, et
vincas cum iudicaris, la divinità di Gesù risplende fulgida dalle stesse
risposte che Egli dà a Pilato. Non è un imputato che risponde a un giudice,
ma un maestro che, perfin nel pretorio del preside romano, predica ed
insegna. Egli è la verità, ed è venuto al mondo per rendere testimonianza a
questa verità; onde non tralascia occasione alcuna per rivelarsi agli uomini,
ed attrarli a sé colla semplice manifestazione del suo fulgore.
La messa del venerdì santo ci
ha conservata, come dicemmo, intatta l'antica preghiera litanica di cui parla
già Giustino Martire, e che originariamente seguiva ogni giorno la lettura
del Vangelo, là appunto dove ancor oggi il sacerdote, prima dell'offertorio,
invita il popolo alla preghiera: Oremus. Questa prece a forma
litanica, cui cioè tutto il popolo intercalava un'acclamazione a mo' di
ritornello, (per es.: Domine miserere; Kyrie, eleison, etc.)
trovasi ancora a suo posto nelle liturgie orientali, ma è scomparsa dal
Sacramentario Romano forse fin dai tempi di san Gregorio Magno.
Il primo fondo di questa prece
va rintracciato nella liturgia delle Sinagoghe, dove dopo le lezioni
scritturali si pregava per i vari membri della comunità Israelitica e pei
diversi bisogni dei suoi componenti. Ma il testo, quale c'è conservato nel
Messale, a cagione della sua speciale terminologia, rivela i tempi di san
Leone Magno. Infatti sono ancora in uso gli ostiari, il cui ufficio
posteriormente fu attribuito ai mansionari; i monaci, come nel Sacramentario
Leoniano, vengono chiamati Confessores, le religiose Virgines,
e non sanctimoniales; si prega che l'Imperatore Romano soggioghi tutti
i barbari, e si ritiene il Romanum Imperium, precisamente come san
Leone, siccome l'unica potenza depositaria legittima del potere. È ancora in
vigore la disciplina del Catecumenato; il mondo è disseminato d'eresie,
travagliato d'epidemie, afflitto da carestie; le prigioni trattengono ancora
molti innocenti; la schiavitù forma tuttavia l'obbrobrio dell'antica civiltà
romana; circostanze tutte che ci richiamano subito alla mente il V secolo, e
ci fanno attribuire appunto al periodo aureo della liturgia romana la
redazione definitiva di questa prece tanto solenne, e che potremmo
indubbiamente considerare d'origine apostolica.
In antico la si recitava anche
fuori della sinassi Eucaristica, e nulla vieta che i fedeli anche ai nostri
giorni la recitino privata-
219
mente per i vari bisogni
spirituali e temporali della famiglia cattolica. Ricorrendo ad una preghiera
così venerabile e tanto arcaica, nel recitarla ci sembra d'essere in più
intima relazione spirituale coll'anima di quelle primitive generazioni di
Martiri e di eroi della fede, i quali la recitarono prima di noi, ed
impetrarono così le grazie necessarie per ben corrispondere alla loro
magnifica vocazione di render testimonianza alla fede col proprio sangue.
La solenne preghiera litanica.
Oremus, dilectissimi nobis, pro Ecclesia
sancta Dei: ut eam Deus et Dominus noster pacificare, et adunare, et
custodire dignetur toto orbe terrarum: subiiciens ei principatus, et
potestates: detque nobis quietam et tranquillam vitam degentibus,
glorificare Deum Patrem omnipotentem.
Oremus
Omnipotens sempiterne Deus, qui gloriam
tuam omnibus in Christo gentibus revelasti: custodi opera misericordiae
tuae; ut Ecclesia tua, toto orbe diffusa, stabili fide in confessione tui
nominis perseveret. Per eumdem Dominum nostrum Iesum Christum....
R). Amen.
|
|
Preghiamo, dilettissimi fratelli, per la santa
Chiesa di Dio, affinché il Signore si degni di darle la pace e l'unione, e
di custodirla per tutta la terra, assoggettando a lei i principati e le
potestà; e che ci conceda una vita calma e tranquilla, affinché possiamo
glorificare Iddio Padre Onnipotente.
Preghiamo
Onnipotente ed eterno Iddio, che per mezzo del
Cristo hai rivelata a tutte le nazioni la tua gloria, conserva le opere
della tua misericordia, e fa' che la tua Chiesa, sparsa nel mondo intiero,
perseveri con ferma fede nella confessione del tuo nome. Per il medesimo
Gesù Cristo...
R). Così sia.
|
Oremus et pro beatissimo Papa nostro N., ut Deus et Dominus noster, qui elegit eum in
ordine episcopatus, salvum atque incolumem custodiat Ecclesiae suae
sanctae, ad regendum populum sanctum Dei.
Oremus
Omnipotens sempiterne Deus, cuius iudicio
universa fundantur: respice propitius ad preces nostras, et electum nobis
Antistitem tua pietate conserva; ut christiana plebs, quae te gubernatur
auctore, sub tanto Pontifice, credulitatis suae meritis augeatur. Per
Dominum nostrum Iesum Christum...
R). Amen.
|
|
Preghiamo per il nostro beatissimo Padre N.,
affinché il Signore Dio nostro, che l'ha prescelto nell'ordine
dell'Episcopato, lo conservi pel bene della sua santa Chiesa e per la
condotta del santo popolo di Dio.
Preghiamo
Onnipotente e sempiterno Iddio, che con la tua
sapienza fai sussistere tutte le cose, ricevi favorevolmente le nostre
preghiere, e, nella tua bontà, conserva il Pontefice che ci hai scelto;
affinché il popolo cristiano, che dalla tua autorità è governato, cresca
nel merito della fede, sotto la condotta di un sì grande Pontefice. Per
Gesù Cristo nostro Signore...
R). Così sia.
|
Oremus et pro omnibus Episcopis,
Presbyteris, Diaconibus, Subdiaconi-
220
bus, Acolythis, Exorcistis, Lectoribus,
Ostiariis, Confessoribus, Virginibus, Viduis: et pro omni populo sancto
Dei.
Oremus
Omnipotens sempiterne Deus, cuius Spiritu
totum corpus Ecclesiae sanctificatur et regitur: exaudi nos pro universis
ordinibus supplicantes; ut, gratiae tuae munere, ab omnibus tibi gradibus
fideliter serviatur. Per Dominum nostrum Iesum Christum...
R). Amen.
|
|
Preghiamo ancora per tutti i Vescovi, i Presbiteri, i Diaconi, i
Suddiaconi, gli
Accoliti, gli Esorcisti, i Lettori, gli Ostiarii, i Confessori, le
Vergini, le Vedove, e per tutto il santo popolo di Dio.
Preghiamo
Onnipotente e sempiterno Iddio, che, col tuo
Spirito, santifichi e governi tutto il corpo della Chiesa, esaudisci le
nostre suppliche per tutti gli ordini gerarchici che le appartengono;
affinché col dono della tua grazia, questi diversi ordini si mantengano
fedeli nel tuo servizio. Per Gesù Cristo nostro Signore...
R). Così sia.
|
Oremus et pro Christianissimo Imperatore
nostro N., ut Deus et Dominus
noster subditas faciat omnes barbaras nationes ad nostram perpetuam pacem.
Oremus
Omnipotens sempiterne Deus, in cuius manu
sunt omnium iura regnorum: respice ad Romanum benignus Imperium; ut gentes,
quae in sua feritate confidunt, potentiae tuae dextera comprimantur. Per Dominum
Iesum Christum...
R). Amen.
|
|
Preghiamo parimenti per il religiosissimo nostro imperatore N. N.,
affinché il Signore Dio nostro gli assoggetti, per la pace nostra, tutte le
barbare nazioni.
Preghiamo
Dio onnipotente ed eterno, che stringi in mano la somma dei diritti di
tutti i regni; riguarda benigno all'Imperatore Romano, affinché le barbare
tribù che ripongono la loro fiducia nella loro ferocia, siano schiacciate
sotto la possanza della tua destra. Per Gesù
Cristo nostro Signore...
R). Così sia.
|
Oremus et pro catechumenis nostris: ut Deus
et Dominus noster adaperiat aures praecordiorum ipsorum, ianuamque
misericordiae; ut per lavacrum regenerationis accepta remissione omnium
peccatorum, et ipsi inveniantur in Christo Iesu Domino nostro.
Oremus
Omnipotens sempiterne Deus, qui Ecclesiam
tuam nova semper prole foecundas: auge fidem et intellectum catechumenis
nostris; ut, renati fonte baptismatis, adoptionis tuae filiis aggregentur.
Per Dominum nostrum Iesum Christum...
R). Amen.
|
|
Preghiamo anche per i nostri catecumeni, affinché il Signore Iddio apra
le orecchie le orecchie dei loro cuori e la porta della sua misericordia,
onde, dopo ricevuta la remissione di tutti i loro peccati nel bagno della
rigenerazione, siano incorporati insieme con noi a Gesù Cristo nostro
Signore.
Preghiamo
Onnipotente e sempiterno Iddio, che senza
interruzione dai nuovi figli alla tua Chiesa, accresci la fede e
l'intelligenza dei nostri catecumeni; affinché, conseguita la rigenerazione
nel fonte battesimale, siano uniti ai tuoi figli di adozione. Per Gesù
Cristo nostro Signore...
R). Così sia.
|
Oremus,
dilectissimi nobis, Deum Patrem omnipotentem, ut cunctis mundum purget
erroribus, morbos auferat,
221
famem depellat,
aperiat carceres, vincula dissolvat, peregrinantibus reditum, infirmantibus
sanitatem, navigantibus portum salutis indulgeat.
Oremus
Omnipotens sempiterne Deus, maestorum
consolatio, laborantium fortitudo, perveniant ad te preces de quacumque
tribulatione clamantium: ut omnes sibi in necessitatibus suis misericordiam
tuam gaudeant adfuisse. Per Dominum nostrum Iesum Christum...
R).
Amen.
|
|
Preghiamo, carissimi fratelli, Iddio Padre onnipotente, che si degni di
purgar il mondo da ogni errore, dissipare le ma-
lattie, tenr lontana la fame, aprir le carceri, spezzare le catene dei
prigionieri, accordare ai viaggiatori un felice ritorno, agli infermi la
sanità, ai naviganti un porto di salute.
Preghiamo
Onnipotente e sempiterno Iddio, che sei la
consolazione degli afflitti e la forza di quelli che penano, lascia salire
insino a te le grida e le preghiere di coloro che t'invocano dal profondo
della loro afflizione; affinché provino con gioia, nei loro bisogni, i
soccorsi della tua misericordia. Per Gesù Cristo nostro Signore...
R). Così sia.
|
Oremus
et pro haereticis, et schismaticis: ut Deus et Dominus noster eruat eos ab
erroribus universis; et ad sanctam matrem Ecclesiam Catholicam, atque
Apostolicam revocare dignetur.
Oremus
Omnipotens sempiterne Deus, qui salvas
omnes, et neminem vis perire: respice ad animas diabolica fraude deceptas;
ut, omni haeretica pravitate deposita, errantium corda resipiscant, et ad
veritatis tuae redeant unitatem. Per Dominum nostrum Iesum Christum...
R).
Amen.
|
|
Preghiamo ancora per gli eretici e gli scismatici, affinché il Signore
nostro Dio li liberi da tutti i loro errori, e si degni di ricondurli alla
nostra santa madre, la Chiesa cattolica ed apostolica.
Preghiamo
Dio onnipotente ed eterno, che salvi tutti gli
uomini e non vuoi che alcuno perisca, volgi i tuoi occhi sopra le anime che
furono sedotte dagli artifizi del diavolo; affinché, deponendo l'eretica
perversità, i loro traviati cuori vengano a ravvedimento, e ritornino
all'unità della tua verità. Per Gesù Cristo nostro Signore...
R). Così sia.
|
Oremus et pro perfidis Iudaeis: ut Deus et
Dominus noster auferat velamen de cordibus eorum; ut et ipsi agnoscant
Iesum Christum Dominum nostrum.
Omnipotens sempiterne Deus, qui etiam
iudaicam perfidiam a tua misericordia non repellis: exaudi preces nostras,
quas pro illius populi obcaecatione deferimus; ut, agnita veritatis tuae
luce, quae Christus est, a suis tenebris eruantur. Per eumdem
Dominum...
R).
Amen.
|
|
Preghiamo pure per gli infedeli Giudei, affinché il Signore nostro Dio
tolga il velo che copre i loro cuori, e riconoscano con noi Cristo nostro
Signore.
Dio onnipotente ed eterno, che nella tua
misericordia non discacci neppur gli stessi Giudei; esaudisci le preghiere
che noi ti rivolgiamo a riguardo della cecità di questo popolo, affinché
riconoscendo la luce della tua verità, che è il Cristo, essi siano liberati
dalle loro tenebre. Per lo stesso Gesù Cristo nostro Signore...
R). Così sia.
|
Oremus
et pro paganis: ut Deus omnipotens auferat iniquitatem a cordibus eorum; ut
relictis idolis suis,
222
convertantur
ad Deum vivum et verum, et unicum Filium eius Iesum Christum, Deum et
Dominum nostrum.
Oremus
Omnipotens
sempiterne Deus, qui non mortem peccatorum, sed vitam semper inquiris:
suscipe propitius orationem nostram, et libera eos ab idolorum cultura; et
aggrega Ecclesiae tuae sanctae, ad laudem et gloriam nominis tui. Per Dominum nostrum Iesum Christum...
R). Amen.
|
|
Preghiamo per i pagani, affinché Iddio onnipotente tolga l'iniquità dai
loro cuori; onde, lasciando i loro idoli, si con-
vertano al Dio vivo e vero, ed al suo unico Figlio, Gesù Cristo nostro
Signore...
Preghiamo
Dio onnipotente ed eterno, che non vuoi la
morte, ma la vita dei peccatori, degnati d'esaudire la nostra preghiera,
libera i pagani dal culto degli idoli, ed associali alla tua santa Chiesa,
ad onore e gloria del tuo nome. Per Gesù Cristo nostro Signore...
R). Così sia.
|
Come nelle messe ordinarie dopo la litania
veniva subito il
bacio di pace e la presentazione delle
oblate sull'altare, così analogamente anche nell'odierna cerimonia, dopo la
preghiera dovrebbe seguire la presentazione dei santi Doni (=Presantificati)
e la Comunione. Così infatti era in origine. Però l'ordine primitivo della
cerimonia venne, siccome dicemmo, alterato, quando verso il secolo IX s'incominciò a differire sino a questo
momento l'adorazione della santa Croce, che da principio, come abbiamo già veduto,
era un rito affatto estraneo all'azione eucaristica. Non si potrebbe tuttavia
negare che questa suprema glorificazione della santa Croce nel bel mezzo
dell'odierna funzione torni bene a proposito, giacché oggi appunto cominciò
il trionfo del Redentore, quando cioè la sua Croce venne sollevata da terra
ed eretta sulla sommità del Calvario. È da quel trono di dolore e d'amore che
Gesù a braccia aperte attira a sé tutta l'umanità.
L'adorazione della santa Croce cominciò a
Gerusalemme, e verso il 385 ce la descrive diffusamente Eteria nel suo
Diario. Di là passò probabilmente a Costantinopoli e nelle varie città
dell'impero bizantino, dovunque si conservavano dei frammenti più o meno
considerevoli del santo Legno. A Roma essa venne introdotta verso la fine del
VII secolo da un papa orientale, Sergio I, il quale perciò dové derivarne il rito dagli usi dei suoi connazionali.
Così infatti si spiega la circostanza che
in questo giorno il
Papa, nella processione dal Laterano
alla basilica Sessoriana, agitava il turibolo
innanzi al cofanetto della santa Croce recato da un diacono, uso che non ha
alcun riscontro nelle liturgie latine, mentre invece è comune in quelle
orientali, dove spesso il
vescovo agita il turibolo. Parimenti il trisagio
greco che oggi si canta durante l'adorazione del santo Legno, accusa
nettamente la sua derivazione dal rito bizantino.
223
In seguito, la cerimonia è stata sviluppata
di molto, togliendone gli elementi delle liturgie franche, per mezzo delle
quali alla loro volta sono penetrati nel rituale di Roma degli usi
originariamente propri delle Chiese Ispaniche.
Il rito che ora descriveremo, ha per
oggetto l'adorazione del legno trionfale della Croce, di cui sant'Elena aveva
fatto un generoso dono a Roma. Tuttavia, quando la liturgia romana uscita
dalle mura dell'Eterna Città, venne successivamente adottata dalla Chiesa
Latina, siccome non tutte le chiese o cappelle potevano vantare il possesso
d'una simile reliquia, alla vera Croce venne sostituita l'effigie del
Crocifisso, poco importando se questa fosse di legno, di ferro o d'altro
metallo. Il sacerdote scoprendolo seguitò sempre a dire, come il Papa a santa
Croce in Gerusalemme: Ecce lignum Crucis, adattamento che forse a
taluno sembrerà poco felice, quando invece trattasi d'un Crocifisso di
metallo o d'argento. Sta il fatto che da
principio a Roma la cerimonia era ordinata all'adorazione della reliquia
della vera Croce donata da sant'Elena, rito che ancora adesso è in vigore,
almeno nelle grandi basiliche patriarcali dell'Eterna Città.
Mentre il sacerdote
compie la triplice ostensione al popolo della santa Croce, si canta:
Sac. "Ecco il
legno della Croce, dal quale pendé la
salvezza del mondo".
Coro. "Venite, adoriamolo".
L'adorazione della santa Croce si compie
dal clero, senza scarpe, il che ci ricorda l'antico rito che prescriveva in
questo giorno al Papa e ai cardinali di prender parte a piedi scalzi alla
processione stazionale.
Durante l'adorazione segue il canto assai antico del trisagio che s'intercala ai
versetti degli Improperia. Si chiama cosi una serie di rimproveri che
Dio muove al popolo giudaico per l'ingratitudine dimostrata ai benefici del
Signore.
Il concetto è senza dubbio d'ispirazione
Scritturale, ma il
testo sembra derivato dall'apocrifo
d'Esdra (cap. I, 13-24).
V). "Mio popolo, mi rispondi; che cosa
ti ho fatto? In che ti ho contristato? V). Perché ti ho tratto fuori
dall'Egitto, tu hai preparato una croce al tuo liberatore".
I. Coro: "Dio santo".
II. Coro: "Dio potente".
Tutto il Coro: "Dio immortale, abbi pietà di noi".
224
Questo Trisagio durante l'adorazione della
Croce, ha un significato assai profondo, giacché la morte di Gesù è l'atto
perfetto d'adorazione dell'augusta Triade, compiuto dal Pontefice del Nuovo
Testamento. Infatti l'infinita santità di Dio, la sua onnipotenza, il suo
eterno essere ricevettero una suprema glorificazione nel carattere espiatorio
del sacrificio del Calvario, nella vittima divina fiaccata ed annientata per i peccati del mondo. Gli eretici monofisiti tentarono
già di fraintendere il significato trinitario di questo Trisagio,
aggiungendovi l'invocazione maligna: "Tu che sei stato crocifisso per
noi"; ma l'interpretazione venne condannata siccome eretica, perché non
sono state già crocifisse le tre divine Persone, ma solo la seconda, nella
sua natura umana.
V). "Perché io durante lo spazio di
quarant'anni ti trassi fuori dall'Egitto e ti nutrii di manna, introducendoti
in una regione molto ubertosa, tu preparasti una croce al tuo
Salvatore?"
Coro (alternando): "Dio santo, ecc.".
V). "Che altro avrei potuto fare per
te e non l'ho fatto? Io ti ho plasmato al pari d'una feracissima vigna, e tu
mi ti sei resa oltremodo amara; mentre soffrendo la sete mi desti a bere
aceto, e trapassasti con una lancia il costato al tuo Salvatore".
Coro (alternando): "Dio santo ecc.".
V). "Per cagion tua io flagellai
l'Egitto coi suoi primogeniti, e tu dopo avermi flagellato mi consegnasti (a
Pilato)".
R). "Popolo mio, che ti ho fatto?
ecc.".
V). "Io par trarti dall'Egitto,
sommersi il Faraone nel Mar Rosso, e tu invece mi consegnasti in braccio ai
principi dei sacerdoti"
R). "Popolo ecc.".
V). "Io innanzi a te divisi le acque
del mare, e tu con una lancia apristi il mio costato" .
R). "Popolo ecc.".
V). "Io per mezzo d'una colonna di nuvole
precedetti i tuoi passi, e tu mi trascinasti al pretorio di Pilato".
R). "Popolo ecc.".
V). "Io attraverso il deserto ti
nutrii di manna, e tu mi percuotesti cogli schiaffi e coi flagelli".
R). "Popolo ecc.".
V). "Io per dissetarti feci sgorgare
dalla rupe le acque salutari; e tu mi abbeverasti di fiele e d'aceto".
R). "Popolo ecc.".
225
V). "Io in grazia tua percuotei i re
dei Cananei, e tu mi percuotesti sul capo con una canna".
R). "Popolo ecc.".
V). "Io ti consegnai uno scettro
reale, e tu circondasti il mio capo d'un serto di spine".
R). "Popolo ecc.".
V). Io con la mia potenza ti esaltai, e tu
mi levasti alto sul patibolo della Croce".
R). "Popolo ecc.".
Innanzi alle contumelie della Croce, non
dobbiamo dimenticare la divinità della Vittima santissima. Attorno al
patibolo miriadi di Angeli stanno esclamando: Santo, Santo, Santo è il
Signore. Uniamoci alle loro adorazioni, ed intoniamo già l'inno del trionfo e
della beata resurrezione.
V). "Noi, o Signore, adoriamo la tua
Croce, e cantiamo lodi e gloria alla tua santa resurrezione; ecco infatti,
che un albero ha riempito di gioia tutto l'universo. Salm. 66. Dio
abbia compassione di noi e ci benedica; R). rischiari su di noi il suo volto
e abbia pietà di noi. V). Noi, o Signore, ecc.".
Segue l'inno magnifico composto da Venanzio
Fortunato in onore della santa Croce, quando la regina Radegonda ne ricevé in
dono da Costantinopoli una particella, che depose nel suo monastero di
Poitiers, dedicato perciò alla santa Croce:
"Croce fedele, sola degna di gloria
tra tutti gli altri alberi, nessuna selva è capace di produrne un altro a te
somigliante, fronzuto, col fiore e colle radici.
L'amato Legno sostiene i diletti chiodi e
il dolce carico (del corpo di Gesù).
Schiuditi, o labbro, a cantare le lodi del
glorioso combattimento, e innanzi al trofeo della Croce narra il nobile
trionfo, e ci dici come il Redentore del mondo, pur immolato abbia riportato
vittoria.
Il Creatore sentì compassione per l'inganno
di cui fu vittima la sua prima creatura, il progenitore, allorché il morso
del fatal pomo ebbe per conseguenza la morte; allora egli presignò un albero
perché annullasse i mali cagionati da un altro albero.
La nostra salvezza richiedeva che si
salvasse quest'ordine di convenienza, affinchè la prudenza eludesse l'astuzia
del multiforme ingannatore, e traesse il rimedio là appunto donde il nemico
ci aveva recato danno.
"Quando dunque giunse il sacro momento
del tempo prestabilito,
226
il Figlio, il Creatore del mondo, fu
inviato dalla magione paterna, e divenuto carne nel seno d'una Vergine, venne
alla luce.
Pargoletto giacque e vagì dentro un angusto
presepio; la sua vergine Madre gli avvolge e lega le membra con poveri
pannicelli, stringendo tra le fasce le mani, le gambe e i piedi.
Avendo finalmente compiuto in sei lustri la
sua mortal carriera, il Redentore spontaneamente, essendo nato appunto a tale
scopo, venne innalzato su d'una croce, a simiglianza d'un agnello che deve
immolarsi.
Quindi l'aceto, il fiele, la canna, gli
sputi, i chiodi, la lancia; il suo mite corpo venne ferito e ne sgorgò un
flutto di sangue, dal quale, a simiglianza d'un fiume, vennero purificati la
terra, il mare, gli astri e l'universo intero.
O albero alto, abbassa i tuoi rami,
ammorbidisci il tuo largo tronco e fa sì che diminuisca la tua natural
durezza, onde meno crudamente tu distenda le membra del celeste Re.
Tu solo fosti degno di portare il riscatto
del mondo; tu che a guisa di pilota indirizzi al porto il mondo naufrago; tu
cui cosparse il sacro sangue uscito dalle membra dell'Agnello.
In ogni luogo si canti gloria ed onore a
Dio altissimo, al Padre, al Figlio, all'inclito Paraclito, cui indivisa è la
lode e la potenza per tutti i secoli. Amen".
Terminata l'adorazione della santa Croce,
il diacono la ripone sull'altare i quindi insieme col suddiacono distende
sulla mensa le tovaglie per la santa Comunione. A questo momento, nell'antico
rito romano, i leviti recavano al Papa il cofanetto colla sacra Eucaristia
consacrata in Laterano nel giorno precedente; però, quando nel secolo XV le
funzioni pontificie, invece che a Roma o nelle basiliche stazionali,
cominciarono a svolgersi entro gli angusti limiti del palazzo papale
d'Avignone, i Pontefici di quel periodo preferirono di andare essi stessi e
di trasportare processionalmente la santa Eucaristia dall'altare ov'era
custodita.
Nel ritorno della processione si canta
quest'altro inno di Venanzio Fortunato, il quale però non ha nulla a vedere
colla processione eucaristica:
"Ecco, apparisce il vessillo del
monarca e s'irradia il mistero della Croce, pel quale il Creatore dell'uomo,
nell'umanità sua stessa venne sospeso alla Croce.
Ferito inoltre dalla punta tagliente d'una
lancia, ne sgorgò fuori acqua e sangue onde lavarci dai delitti.
Si è compiuto finalmente quanto con verace
vaticinio aveva pre-
227
detto David, allorché disse: Dio ha
inaugurato da un patibolo il suo dominio sulle nazioni.
Albero glorioso e splendente, adorno di
regal porpora, che per mezzo del tuo nobile tronco fosti reso degno e
prescelto a toccare membra sì sante;
Te beato, dalle cui braccia pendé sospeso
il riscatto del mondo; quando, al pari d'una statera, venne affisso a te (il
corpo di Gesù) e togliesti la sua preda al Tartaro.
Salve, o Croce, unica speranza nostra in
questo tempo consacrato alla memoria della passione (di Gesù); rafforza la
virtù nei buoni e dona il perdono ai rei.
Ogni creatura te lodi, o Dio, Trinità
sommai governa per tutti i secoli quanti conduci a salvezza mediante il
mistero della Croce. Amen.
Deposto sull'altare il divin Sacramento,
giusta gli Ordini Romani; seguiva il Pater colla santa Comunione i più
tardi, per maggior riverenza vi vennero aggiunte altre preghiere, che diedero
a questo rito dei Santificati una certa apparenza di messa.
Il sacerdote infatti, mesce nel calice il
vino coll'acqua e lo depone sul corporale, indi turificando le oblate, dice:
"Quest'incenso da te benedetto, si
elevi, o Signore, sino a te, e discenda su di noi la tua misericordia".
L'incenso simboleggia la preghiera e
l'adorazione che noi prestiamo a Dio. È per questo che Giovanni
nell'Apocalisse vide l'Angelo presso l'ara del tempio che elevava al cospetto
di Dio il turibolo fumigante. L'incenso, spiega egli stesso, sono le opere meritorie
dei Santi; gli Angeli in cielo esercitano l'ufficio di mediatori tra Dio e
noi. Essi rappresentano alla maestà divina i nostri bisogni e le nostre
preghiere, e ci riportano le misericordie del Signore.
Incensando l'altare, giusta il rito
consueto, il sacerdote dice:
"La mia prece salga a te, o Signore,
siccome incenso; il mio levare le braccia in alto tenga luogo di sacrificio
vespertino. Poni, o Iahvé, un sigillo alla mia bocca, custodisci l'apertura
dei miei labbri; non inclinarmi il cuore ad azioni malvage, a tramar fatti
con scelleratezza".
L'antico sacrificio vespertino d'incenso,
di cui parla qui il salmo 140, nel Testamento Nuovo è stato sostituito da
quello della Croce, sulla quale Gesù distese le braccia, offrendosi al Padre
per noi.
228
Restituendo il turibolo al diacono, il
sacerdote dice:
"Il Signore accenda in noi il fuoco
del suo amore e la fiamma d'una eterna carità. Amen".
"Accoglici, o Signore Dio, collo
spirito umiliato e coll'animo contrito, e così oggi si compia alla tua
presenza il nostro sacrificio, che riesca a te gradito".
Quest'oggi in segno di lutto si omette
propriamente l'offerta del sacrificio Eucaristico. In compenso, si presenta
al Signore il merito di quello cruento del Calvario, cui ci associamo
mediante l'umiliazione e la contrizione del cuore:
Verso il popolo: "Pregate, o fratelli, perché il mio e vostro
sacrificio riesca accetto a Dio Padre onnipotente".
Si omette l'intera anafora consacratoria e
si passa subito alla prece domenicale, che in antico era per eccellenza la
preghiera d'immediata preparazione alla santa Comunione.
Nella liturgia romana, tutte le anafore
consacratorie e l'Orazione domenicale, per maggior rispetto, vengono
precedute da una breve formola (= prefazio) di preparazione:
Preghiera. - "Memori dei salutari precetti, - di
partecipare cioè ai tuoi sacri Misteri - ed ammaestrati alla scuola del santo
Vangelo, noi finalmente osiamo dire: Padre nostro, che sei nei cieli
ecc.".
R). "Ma liberaci dal male".
Sac. "Amen".
"Liberaci, o Signore, te ne preghiamo
da ogni avversità passata, - condonandoci la pena dovuta alle trascorse colpe
- presente e futura; e per l'intercessione della beata e gloriosa sempre
Vergine Maria, Madre di Dio, dei beati Apostoli Pietro, Paolo, (Andrea) e di
tutti i Santi, propizio rendi ai giorni nostri la pace; onde soccorsi dalla
tua misericordia, sfuggiamo sempre il peccato e viviamo al sicuro da ogni
turbamento. Per il medesimo Signor nostro ecc." .
Il celebrante prima della fractio panis,
solleva in alto a vista del popolo il calice colla santa Ostia, affinché i
fedeli rimirino ed adorino il divin Sacramento. Indi frange la sante Specie e
ne ripone una particella nel calice a santificare così il vino e l'acqua, che
in questo giorno non si consacrano, giacché solo simboleggiano il sangue e
l'acqua sgorgati dal costato trafitto di Gesù.
Il sacerdote prima di comunicarsi recita la
seguente:
Preghiera. - "Il tuo corpo, o Gesù Cristo, mio Signore, al
quale io indegno presumo di partecipare, non mi si converta in motivo di
229
giudizio e di condanna, ma, nella tua
misericordia, valga siccome una medicina a custodirmi la mente e il cuore. Tu
che vivi e regni ecc.
Riceverò il pane del cielo e invocherò il
nome del Signore.
Signore, non sono già degno che tu ponga
piede sotto il mio tetto, ma di' solo una parola e sarà sanata l'anima mia. (Tre
volte).
Il Corpo del Signor nostro Gesù Cristo
custodisca l'anima mia per l'eterna vita. Così sia".
Giusta i più antichi Ordini Romani, anche
oggi il popolo si accostava alla santa Comunione. Questa partecipazione ai
divini Misteri oggi assumeva un significato affatto speciale, quale ci è
indicato da san Paolo. Il partecipare alla carne della vittima, è un
esprimere la propria solidarietà al sacrificio, onde comunicandoci, noi
entriamo a parte dei meriti della morte del Signore.
Dopo la Comunione. "Quello che abbiamo ricevuto visibilmente, fa,
o Signore, che lo possediamo colla purità dell'animo, onde il dono conseguito
durante la vita presente, si trasformi in farmaco per l'eternità".
Terminata la messa dei presantificati, si
tolgono dall'altare le tovaglie e i candelabri, siccome facevasi in antico
ogni volta che terminava il divin Sacrificio.
In questo giorno nel medio evo il Papa,
oltre il solito cursus dell'Ufficio, - il quale ancora adesso nei tre
ultimi giorni della settimana santa mantiene intatto il primitivo tipo
dell'Ufficio Romano, senza Deus in adiutorium, senza inni,
senza dossologie responsoriali - recitava in privato l'intero Salterio.
Quest'uso era imitato anche da molti laici e perdura tuttavia presso alcune
famiglie religiose.
Gli Ordini Romani prescrivono che nel
palazzo Pontificio oggi non si somministri ad alcuno vivande cotte, ma solo
pane, acqua ed erbe.
Gesù è morto per me. Egli mi ha tanto
amato, che ha sacrificato la sua vita per me. Anzi, perché io non perdessi la
memoria del suo amore, ha voluto istituire il sacrificio Eucaristico, il
quale commemorando quello del Calvario, me ne applica tutti i meriti. Per
questa ragione la Chiesa ogni giorno celebra i funerali di Gesù, perché Ella,
al pari d'Eva che balzò fuori dal fianco di Adamo addormentato, oggi sgorgò
dal Cuore adorabile di Gesù in croce. Che mistero profondo cela l'odierna
liturgia! Muore Gesù e nasce la Chiesa. Egli spira denudato e dissanguato,
per rivestire la Chiesa della stola dell'immortalità e per infonderle la
gioia d'una imperitura giovinezza. Per corrispondere all'eccesso dell'amore
di Gesù, - è la parola che adopera il santo Vangelo - dobbiamo professare -
230
un tenero culto pel sacrificio Eucaristico
e per l'immagine del divin Crocifisso, cui non dovremmo mai riguardare senza
intenerirci e scioglierci tutti in lagrime di riconoscenza per tanto
beneficio. Così appunto fa l'Eterno Padre: ogni volta che noi gli presentiamo
l'effigie della Croce, Egli s'intenerisce, come venne già rivelato a santa
Gertrude, e si muove a grande pietà per noi peccatori.
Togliamo dalla liturgia bizantina
l'antifona seguente:
Vitale
Cor tuum, tamquam fons ex Eden scaturiens, Ecclesiam tuam, Christe, tamquam
rationalem ortum adaquat: inde, tamquam ex praecipuo fonte se dividens in
quatuor Evangelia: mundum irrigans, creaturam laetificans, gentesque
fideliter docens venerari regnum tuum.
|
nnnnnn
|
|
Il
tuo Cuore vitale, quale altra sorgente che scaturisce dall'Eden, irriga, o
Cristo, al pari d'un giardino spirituale, la tua Chiesa. Da questa prima
scaturigine la fiumana si divide in quattro Vangeli, affine d'irrigare
l'orbe, di riempire di letizia gli uomini, e d'ammaestrare le genti ad
adorare la tua possanza.
|
__________________________
[1] "Non è permesso che un Profeta
venga messo a morte fuori di Gerusalemme", Luc., XIII, 33.
[2] "Ecco il legno della Croce".
da A. I. SCHUSTER, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul
Messale Romano - III. Il Testamento Nuovo nel Sangue del Redentore (La
Sacra Liturgia dalla Settuagesima a Pasqua), Torino-Roma, Marietti, 1933,
pp. 212-230.