Messe latine antiche nelle Venezie
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Lettera del Vescovo di Pistoia
sulla messa antica

 

IL VESCOVO DI PISTOIA

Pistoia, 2 settembre 2003

Egregio Dottore,

rispondo brevemente alla Sua, che non è l'unica che mi è giunta a proposito della messa di san Pio V. Rispondo ancora a Lei e poi chiudo!

Vede, per me la Messa è un sacrificio unico e irripetibile, che mi impegna a unire la mia vita a Cristo, in un "si" (sic), senza limiti, anche nel dolore, nella fatica, nella stessa morte: farne un motivo di cultura o di compiacenze più o meno "letterarie", invece di andare all'essenza è veramente un assurdo.

Penso che sia sufficiente far capire il mio pensiero. Non è la Messa semplicemente un rito da trattare secondo i propri gusti: è una realtà troppo grande. La ricordo al Signore. Mi ricordi.

Benedico

+ Simone Scatizzi Vescovo

 

 

 

 

 

 

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LA RICHIESTA

La sopra riportata lettera di mons. Scatizzi è la risposta alla seguente inviatagli alla metà di agosto da Dante Pastorelli, presidente di Una Voce-Firenze:

 

Eccellenza,

sul mio bollettino "Una Voce dicentes" (a. II, n. 1, p.24), che doverosamente all'Eccellenza Vostra ho inviato, ho dato notizia - ricevuta da fonte attendibilissima - del rifiuto dall'Eccellenza Vostra opposto a coloro che richiedevano di poter celebrare la S. Messa secondo i libri liturgici del 1962, ai sensi dell'indulto che il Pontefice felicemente regnante si è degnato di concedere ai cattolici che amano il Rito Romano Antico e giusta la Sua volontà di Pastore Supremo, ripetutamente e inequivocabilmente espressa, a cui i Vescovi, salvi motivi di eccezionale gravità e non per mero arbitrio, dovrebbero filialmente ottemperare: filialmente, come noi fedeli filialmente ci rivolgiamo ai Vescovi per ottenere ciò che il Padre ci ha voluto benignamente concedere. Ma il nostro amore filiale spesso non scalfisce la durezza del cuore di molti Pastori locali, che generano, con la loro arrogante ostilità, fratture all'interno del Corpo Mistico.

Ed allora, non in spirito vuotamente polemico, ma fine di ristabilire la giustizia e richiamare gli Ordinari all'esercizio della Carità, siamo costretti a riprenderli pubblicamente, sulle orme di san Tommaso d'Aquino e di san Roberto Bellarmino, i quali ci insegnano che bisogna denunciare apertamente i "superiori" che compiano atti contrari alla fede e all'unità della Chiesa e contrastare persino i Papi che volessero aggredire le anime, come è lecito resistere ai Papi che volessero aggredire il corpo.

In purità di intenti, quindi, nella mia incrollabile fede nella Chiesa Cattolica Apostolica Romana, nella mia devozione al Santo Padre, che anziani sacerdoti di Pistoia, come mons. Leporatti, di cui fui collega presso l'Istituto "Pacini" di Pistoia in anni lontani e difficili, ma spesi costruttivamente insieme nella formazione dei giovani ed in difesa della retta dottrina cattolica, ben dovrebbero ricordare, scrivo a Vostra Eccellenza queste righe che vogliono esprimere un rammarico ampiamente diffuso nell'ambiente dei cattolici legati alla Messa di san Pio V di tutta la Toscana, ma anche rispettosamente chiedere le ragioni di un comportamento che ci ferisce nel profondo e scuote la fiducia in Chi un tempo, in altra a me vicina sede episcopale, era apparso dotato di buon senso, oltre che di cultura.

Mentre resto fiducioso che l'Eccellenza Vostra Reverendissima avrà la bontà di non cestinare questa lettera e di dare adeguata risposta, mi dichiaro umile e devoto figlio in cordibus Iesu et Mariae e prego la Vergine Assunta in cielo, che in questi giorni veneriamo, affinché stenda sull'Eccellenza Vostra la Sua mano pietosa, illuminante e fonte inesauribile di amore.

Firenze, 18.08.03

Dante Pastorelli

 

 

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Inserito il 29 settembre 2003

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